Articolo 3

23/02/2023 Simona Cuomo

Lo stigma del ciclo mestruale tra cultura e lavoro/2

La costruzione sociale degli stereotipi di genere è forse il principale strumento di «naturalizzazione» di molte delle pratiche discriminatorie che hanno colpito e ancora colpiscono sistematicamente le donne nella società civile e nel mondo del lavoro, contribuendo a costruire e perpetuare un ordine sociale caratterizzato da profonde asimmetrie di potere. Uno degli stereotipi e dei tabù più storicizzato e ancora operante riguarda il ciclo mestruale delle donne. Per secoli superstizioni e leggende ma anche studi scientifici hanno descritto le mestruazioni come un fenomeno invalidante per la vita delle donne in quanto impure e deboli, giustificando così l’esclusione delle stesse dall’istruzione, dalla vita lavorativa o pubblica e dal voto.


Questo blog segue la precedente puntata del 18 gennaio. Nella prima parte si dipingeva un breve excursus storico sulla costruzione dello stereotipo relativo al potere invalidante delle mestruazioni. In questa seconda si contestualizza il discorso storico verso i fatti recentemente accaduti in Italia e in Spagna. Questa articolazione permette di riflettere sui fatti attuali con maggiore profondità, non solo festeggiando il progresso sociale ma anche comprendendo i rischi che questo comporta.


Per la prima volta in Italia, il Liceo artistico «Nervi-Severini» di Ravenna ha istituito, a partire da gennaio 2023, il congedo mestruale per le studentesse che lo richiedano. In particolare, riconosce alle studentesse che soffrano di dismenorrea[1], la possibilità di assentarsi per un massimo di due giorni al mese senza che tale assenza sia calcolata tra quelle che devono essere considerate per la validità dell'anno scolastico. La delibera[2] con la quale il consiglio di istituto del Liceo ha dato avvio all'iniziativa è stata pubblicata a dicembre 2022, in seguito ad azioni fatte dalle rappresentanti della componente studentesca che, dopo aver raccolto sedici testimonianze, hanno sostenuto come molte ragazze soffrano di crampi mestruali tanto forti da interferire con lo svolgimento delle normali attività scolastiche. Il preside della scuola ha sottolineato che «La promozione delle competenze di cittadinanza, che costituisce uno degli obiettivi formativi delle scuole, passa anche attraverso il recepimento delle legittime istanze degli studenti messi nelle condizioni di appurare come i problemi possano essere gestiti attraverso un processo democratico che si realizza all'interno degli organi collegiali»[3]. Si tratta di un liceo particolarmente progressista e in ascolto degli studenti sui temi delle pari opportunità[4].

Prendendo spunto da quanto accaduto a Ravenna, gli studenti del Lazio hanno manifestato per ottenere gli stessi diritti[5]. Le proteste dei liceali hanno preso come riferimento la legge sul congedo mestruale approvata in Spagna[6] nel dicembre 2022. Tale legge prevede un congedo di lavoro di tre giorni al mese, su presentazione di un certificato medico che attesti la presenza di mestruazioni dolorose e invalidanti. La misura fa parte della più complessa riforma sulla salute sessuale e riproduttiva e sull’interruzione volontaria della gravidanza. La Spagna diventa così capofila in Europa nell’introduzione del congedo mestruale, che al momento è previsto anche in Giappone, Indonesia, Zambia, Cina, Corea del Sud, Vietnam e Taiwan[7]. In Italia è stata presentata un’analoga proposta di legge[8] nel 2016, ad oggi ancora in discussione.

A prescindere dalle leggi dei diversi Stati, ci sono imprese che concedono comunque alle loro dipendenti il congedo mestruale: Nike negli Stati Uniti lo ha introdotto nel 2007; l’inglese Coexist nel 2016; la multinazionale indiana di food delivery Zomato nel 2020[9]. Tutto ciò ci ricorda come le imprese possano farsi parte attiva del progresso sociale anche in contesti legislativi ostili.

Rileggere la cronaca alla luce dell’excursus storico e del suo impatto sull’attuale cultura sociale dominante, nonché osservare i contesti specifici in cui sono accaduti i fatti più recenti, può aiutare a osservarli con maggiore spirito critico. Da un lato, le evidenze del passato ricordano che ci sono voluti secoli per scardinare lo stigma della «vulnerabilità» fisica ed emotiva delle donne che a lungo ha giustificato l’esclusione e la subordinazione delle donne nella società civile e nel mondo del lavoro. Dall’altro, i contesti in cui sono avvenuti i recenti fatti di cronaca hanno degli ingredienti non ancora generalizzabili: il clima del Liceo di Ravenna appare sensibile e in dialogo con gli studenti, nonché attento al tema dei diritti e delle pari opportunità; la legge spagnola sul congedo mestruale rappresenta solo una parte di una legge più ampia sui temi della salute riproduttiva e sessuale.

In assenza di queste condizioni specifiche, il congedo mestruale potrebbe al contrario aprire una ferita non ancora del tutto superata dal punto di vista culturale, e aumentare la diffidenza dei datori di lavoro verso le donne. Il meta-testo di questo congedo, se non inserito in un ambiente culturale aperto e inclusivo, lascia passare implicitamente il concetto che le donne sono portatrici di una temporanea ma costante disabilità che impedisce loro di studiare o lavorare. È questo quello che veramente serve per progredire verso le pari opportunità e l’inclusione delle differenze? Pensando al contesto culturale italiano in cui le donne fanno ancora fatica, per esempio, a trovare lavoro per lo stigma della maternità, siamo proprio sicuri che una norma che sottolinea una condizione di difficoltà permanente e ciclica per alcune donne non possa avere un effetto boomerang per le donne stesse? Le aziende, così come è avvenuto e ancora avviene per la maternità, non potrebbero incrementare la loro reticenza verso l’assunzione e lo sviluppo di carriera delle donne?

Siamo inoltre sicuri che il contesto culturale e il clima di lavoro sia così aperto da permettere alle donne di dichiarare la propria dismenorrea al datore di lavoro senza paura di essere discriminate? Perché introdurre una nuova misura quando sappiamo che quelle esistenti – congedo di paternità, smart working, parità salariale – fanno fatica a essere applicate?

Gli studi compiuti in questi anni dall’Osservatorio Diversity, Inclusion & Smart working di SDA Bocconi danno una possibile risposta a queste domande e ci portano a concludere che il congedo mestruale, nell’attuale contesto culturale in Italia, rischia purtroppo di diventare una misura demagogica e per lo più controproducente. L’interpretazione prevalente di una misura che vuole lavorare sul piano della parità dei diritti e dell’inclusione finirebbe per sottolineare una differenza che in sede di valutazione da parte del datore di lavoro alimenterebbe la preferenza, a parità di competenze, di un uomo (ipoteticamente sempre presente) a una donna.

In un mondo ideale, questo congedo sarebbe utile, ma bisogna sempre stare attenti al contesto: nella nostra società creerebbe un ulteriore alibi per lasciare a casa le donne. Esiste già la malattia, perché non usare lo stesso strumento quando stiamo male durante il periodo mestruale?



[1] «Dismenorrea» è il termine medico con cui vengono indicati i dolori associati al ciclo mestruale. In alcuni casi, la sintomatologia è facilmente controllabile mediante l'assunzione di antidolorifici; per alcune donne, invece, si tratta di un problema estremamente debilitante che può interferire con le normali attività quotidiane; cfr. https://www.humanitas.it/malattie/dismenorrea/.

[2] La legge italiana prevede che gli studenti debbano frequentare almeno i tre quarti dell’orario annuale per poter essere ammessi agli scrutini; alla scuola è attribuito il potere di individuare delle deroghe, per assenze motivate e documentate come quelle per malattie certificate. 

[4] In cui è presente il regolamento per il registro «Gender free» che introduce le «carriere alias», un modo per permettere agli studenti che hanno intrapreso un percorso di transizione di genere di sostituire nei documenti non ufficiali il nome anagrafico, attribuito alla nascita in base al sesso biologico, con quello di elezione.

[6] La legge, promossa dalla ministra dell’Uguaglianza Irene Montero, prevede anche iniziative in tema di salute riproduttiva, diritto all’aborto e salute sessuale. Nell’ambito dello stesso provvedimento è stata stabilita per esempio la distribuzione gratuita di prodotti per l’igiene mestruale in scuole, carceri, centri femminili, centri civici, centri sociali ed enti pubblici. Cfr. https://www.lastampa.it/cronaca/2022/12/17/news/congedo_mestruale_la_spagna_fa_da_apripista_in_italia_come_siamo_messi_la_tutela_delle_donne_e_in_stallo_dal_2016-12418242/; https://europa.today.it/attualita/paese-ue-approva-congedo-mestruale-spagna.html.

[7] Il primo paese a introdurre il congedo mestruale è stato il Giappone nel 1947, seguito nel 1953 dalla Corea del Sud. Più recentemente, il congedo è stato adottato nel 1992 nella regione indiana di Bihar, con una legge che dà diritto alle donne di assentarsi dal lavoro due giorni al mese per «ragioni biologiche». Leggi simili sono poi state emanate anche in Indonesia (2003) e a Taiwan (2014). Nel 2016 si è diffuso anche in alcune regioni della Cina: in Oriente si pensa infatti che se le donne non si riposano nei giorni del ciclo avranno poi numerose difficoltà durante il parto. Nel 2017 nello Zambia. Cfr. https://www.repubblica.it/esteri/2022/05/13/news/dolori_mestruali_la_spagna_potrebbe_essere_il_primo_paese_occidentale_a_dare_il_congedo_alle_donne-349362771/.

[8] Nel 2016 quattro parlamentari del Partito democratico (Romina Mura, Daniela Sbrollini, Maria Iacono e Simonetta Rubinato) hanno presentato alla Camera dei Deputati la proposta di legge n. 3781, per istituire il congedo mestruale. La norma permetterebbe alle donne di assentarsi per un massimo di tre giorni al mese durante il ciclo – senza la necessità di mettersi in malattia o di chiedere ferie e continuando a percepire uno stipendio pari al 100 per cento della retribuzione giornaliera – presentando un certificato medico per dismenorrea. Nell’incipit della proposta di legge si afferma che in Italia dal 60 al 90 per cento delle donne soffrono durante il ciclo mestruale e questo causa tassi di assenteismo dal 13 al 51 per cento a scuola e dal 5 al 15 per cento sul luogo di lavoro; https://documenti.camera.it/_dati/leg17/lavori/schedela/apriTelecomando_wai.asp?codice=17PDL0044140#:~:text=3-,PROPOSTA%20DI%20LEGGE,di%20tre%20giorni%20al%20mese.

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