Articolo 3
Lo stigma del ciclo mestruale tra cultura e lavoro/1
La costruzione sociale degli stereotipi di genere è forse il principale strumento di «naturalizzazione» di molte delle pratiche discriminatorie che hanno colpito e ancora colpiscono sistematicamente le donne nella società civile e nel mondo del lavoro, contribuendo a costruire e perpetuare un ordine sociale caratterizzato da profonde asimmetrie di potere. Uno degli stereotipi e dei tabù più storicizzato e ancora operante riguarda il ciclo mestruale delle donne. Per secoli superstizioni e leggende ma anche studi scientifici hanno descritto le mestruazioni come un fenomeno invalidante per la vita delle donne in quanto impure e deboli, giustificando così l’esclusione delle stesse dall’istruzione, dalla vita lavorativa o pubblica e dal voto.
Questo blog verrà suddiviso in due puntate. Nella prima parte si dipingerà un breve excursus storico sulla costruzione dello stereotipo relativo al potere invalidante delle mestruazioni. Nella seconda si contestualizzerà il discorso storico verso i fatti recentemente accaduti in Italia e in Spagna. Questa articolazione permette di riflettere sui fatti attuali con maggiore profondità, non solo festeggiando il progresso sociale ma anche comprendendo i rischi che questo comporta.
Semplificando molto, si può dire che a partire dall’antichità greca fino all’Illuminismo la convinzione prevalente era che il sangue mestruale fosse sangue impuro, dotato di poteri negativi per le abilità fisiche e cognitive delle donne e per l’ambiente fisico e sociale con cui venivano in contatto. Le religioni, per esempio, hanno stabilito una serie di comportamenti da seguire per non compromettere l’integrità di ciò con cui la donna entrava in contatto durante il ciclo mestruale: non toccare le piante, non pregare[1] ecc.
Nella ginecologia antica le mestruazioni erano viste come un indizio della «malattia femminile» e negli scritti ippocratici erano il sintomo dell’instabile equilibrio delle donne. Per Plinio il Vecchio[2], per esempio, il sangue aveva la facoltà di far inacidire il mosto, di uccidere gli alveari, di seccare il grano, di far appannare gli specchi. Gli studi medici a cavallo tra Otto e Novecento hanno tentato di giustificare scientificamente l’inferiorità delle donne, dal punto di vista fisico e cognitivo, appellandosi proprio al loro funzionamento fisiologico[3]: soprattutto in concomitanza del ciclo mestruale le donne venivano giudicate emotive e isteriche.
Tutte queste credenze sono rimaste radicate in alcune superstizioni popolari: si dice per esempio che le donne con le mestruazioni non facciano lievitare il pane, facciano impazzire la maionese o marcire qualsiasi cosa. Le credenze sulle mestruazioni[4] hanno avuto nel tempo una funzione sociale ben precisa: quella di escludere le donne dalla scuola, dal lavoro e dalla vita pubblica in generale, stigmatizzandone le capacità fisiche e intellettuali. Uno degli stigmi più insidiosi ha riguardato la presunta necessità di assoluto riposo. Uno dei sostenitori più influenti di questa teoria fu Henry Maudsley, fondatore di un noto ospedale psichiatrico nel sud di Londra. In un suo articolo intitolato Sex in Mind and in Education pubblicato nel 1874[5], l’autore scrisse che uomini e donne avevano corpi e menti diverse: da una parte ci sono «un corpo e una mente capaci di un duro lavoro sostenuto e regolare», dall’altra «un corpo e una mente che per un quarto di ogni mese durante i migliori anni della vita sono più o meno malati e inadatti al duro lavoro».
Solo a partire dal 1870, quando le donne cominciarono a essere ammesse in alcune università, si svilupparono studi, firmati da donne, per confutare quanto sostenuto nel corso dei secoli precedenti. Si iniziò per esempio a osservare[6] che tutte le donne che lavoravano nelle fabbriche e nelle case come domestiche non potevano permettersi il lusso di riposare durante le mestruazioni. Furono prodotti studi sulla forza muscolare delle donne prima e dopo il ciclo mestruale per evidenziare come non fosse necessario il riposo[7]; studi sull’evoluzione delle capacità mentali e fisiche durante il ciclo mestruale, registrando le prestazioni cognitive, percettive e motorie quotidiane di uomini e donne, senza osservare alcuna perdita di prestazione dovuta alle mestruazioni[8]; studi sull’esasperata enfatizzazione dei sintomi debilitanti del ciclo[9], più attribuibili a un cattivo stato di salute e all’uso dei corsetti che a una mancanza di riposo.
Nel 1930, la British Women’s Medical Federation pubblicò[10] i risultati di uno studio su 6 mila ragazze che ribadiva come le mestruazioni non fossero un limite alla partecipazione delle donne alla vita pubblica e al lavoro. Alla luce di queste conclusioni l’argomento è stato successivamente archiviato; ma di mestruazioni si è cominciato a parlare apertamente solo da pochi anni. E ciò nonostante, ancora oggi continuiamo a riferirci al ciclo mestruale impiegando espressioni ed eufemismi come «le regole», «il marchese» o il più comune «le mie cose», contribuendo nella sostanza a mantenere nel silenzio e nella stereotipia un fenomeno fisiologico. Si tratta perciò di un argomento formalmente archiviato ma culturalmente ancora operante come possibile stigma verso le donne.
[1] Se ne trovano esempi nell’Antico Testamento («Quando una donna abbia flusso di sangue, cioè il flusso nel suo corpo, la sua immondezza durerà sette giorni; chiunque la toccherà sarà immondo fino alla sera», Levitico 15:19) ma anche nel Corano.
[2] Plinio il Vecchio, Naturalis historia, VII, 63-67.
[3] J. McGrigor Allan, «On the Real Differences in the Minds of Men and Women», Journal of the Anthropological Society of London, 7, 1869, pp. cxcv-ccxix.
[4] J. McChrystal, «No Girl Left Behind», History Today, 72(10), 2021, https://www.historytoday.com/archive/history-matters/no-girl-left-behind.
[5] H. Maudsley, «Sex in Mind and in Education», The Fortnightly Review, XV, 1874, pp. 466-483.
[6] Elizabeth Garrett Anderson, suffragetta e prima medica inglese, fu la confutazione vivente delle argomentazioni di Maudsley; cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Elizabeth_Garrett_Anderson.
[7] M.C. Putnam Jacobi, The Question of Rest for Women During Menstruation, London, Nabu Press, 1876.
[8] L.S. Hollingworth, Functional Periodicity: An Experimental Study of the Mental and Motor Abilities of Women During Menstruation, New York, Teachers College, Columbia University, 1914, p. 94.
[9] C.D. Mosher, Woman’s Physical Freedom, New York, The Women’s Press, 1923.