Articolo 3

22/11/2021 Zenia Simonella

La violenza sulle donne non รจ solo fisica

La violenza economica sulle donne si sviluppa attraverso una serie di comportamenti che privano la vittima della propria indipendenza: isolamento finanziario, controllo e assenza di condivisione del reddito, perdita di autonomia e di accesso alle risorse familiari, spossessamento e abuso economico. Essa viene esercitata con più forza quando le donne non lavorano o hanno una posizione di estrema fragilità nel mercato del lavoro.  

 

Con la circolare dell’8 novembre 2021, l’INPS ha illustrato la disciplina del «Reddito di Libertà» aprendo la possibilità alle donne residenti nel nostro territorio di farne subito richiesta[1].

Che cos’è il Reddito di Libertà? È un contributo che viene riconosciuto alle donne vittime di violenza per aiutarle a essere indipendenti economicamente. Si tratta di un segnale importante, arrivato proprio a ridosso del 25 novembre – la Giornata internazionale contro la violenza alle donne – malgrado tale misura sia considerata una tantum con un raggio di azione limitato rispetto alla platea delle potenziali beneficiarie[2].

Il Reddito di libertà è stato quindi istituito per combattere la violenza economica. Sappiamo che, insieme alla violenza fisica, sessuale e psicologica (articolo 3 della Convezione di Istanbul) esiste questa forma di violenza più subdola, che viene esercitata come forma di ricatto: si tratta della volontà di privare la vittima della propria indipendenza – per esempio impedendole di gestire il proprio denaro o quello della sua famiglia – di controllare le spese e gli strumenti di pagamento, ma anche di svolgere un’attività professionale[3].

La violenza economica si sviluppa attraverso un’escalation di comportamenti: l’isolamento economico, il controllo e l’assenza di condivisione, la perdita di autonomia e di accesso alle risorse familiari, lo spossessamento e l’abuso economico[4], e viene esercitata dall’individuo per mantenere un legame duraturo con la vittima.

Per far fronte a questo genere di violenza sono nati nel tempo diversi progetti di educazione finanziaria (fra i quali uno promosso dalla Banca d’Italia[5]) al fine di accrescere le conoscenze e favorire una maggiore consapevolezza dell’uso degli strumenti finanziari. Ovviamente questa violenza viene esercitata con più forza quando le donne non lavorano o hanno una posizione di estrema fragilità nel mercato, soprattutto nei momenti di crisi[6]. Essa, insieme alle altre forme di violenza, è acuita in un contesto dove stereotipi, pregiudizi e discriminazione le penalizzano o le escludono, ponendole in una condizione di subordinazione o di inferiorità (ricordiamo peraltro che quest’anno si festeggiano i 40 anni dall’abolizione del delitto d’onore).

Le imprese non sono immuni da forme di violenza o aggressività[7], come mostrano alcune rilevazioni dell’Istat[8]. Per questa ragione, oltre alla promozione di progetti di educazione finanziaria, dovrebbero lavorare quotidianamente per costruire degli ambienti di lavoro aperti, e una cultura della leadership inclusiva, dove qualunque forma di violenza (e di complicità tacita che la sostiene e la perpetua) non sia in alcun modo tollerata.



[2] «Reddito di libertà, per DiRe non basta», ingenere.it, 19 novembre 2021.

[3] «Manuale di prevenzione della violenza economica», Global Thinking Foundation, 2020 p. 64.

[4] Ivi, p. 15.

[5] «Le donne contano. Un progetto di educazione finanziaria pensato per le donne», L’economia per tutti. Banca d’Italia per la cultura finanziaria. 

[7] Ne abbiamo più volte parlato su questo blog: «Un luogo di lavoro senza molestie», E&MPlus, 29 luglio 2021; «La violenza contro le donne: quanto contano il ricatto e la violenza verbale», E&MPlus, 20 dicembre 2018.

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