Articolo 3

29/07/2021 Zenia Simonella

Un luogo di lavoro senza molestie

Come già avvenuto a livello sociale sulla scia del #MeToo e del #WeTogether, anche nelle imprese l’azione per il contrasto a qualsiasi forma di violenza o molestia deve spostarsi dal livello individuale a quello collettivo, adottando politiche in grado di coinvolgere i diversi livelli organizzativi. Come dimostrato da diversi studi, negli ambienti di lavoro aggressivi si registra un incremento dell’assenteismo, un calo della motivazione, una riduzione della produttività, il deterioramento dei rapporti tra i lavoratori, un incremento del turn-over, livelli più bassi di empowering leadership e di equità percepiti.

Quest’anno l'Italia ha ratificato la Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro (legge 4 del 15 gennaio 2021). La convenzione era stata adottata a Ginevra il 21 giugno 2019[1].

Secondo l’articolo 1 della Convenzione, «l’espressione “violenza e molestie” nel mondo del lavoro indica un insieme di pratiche e di comportamenti inaccettabili, o la minaccia di porli in essere, sia in un’unica occasione, sia ripetutamente, che si prefiggano, causino o possano comportare un danno fisico, psicologico, sessuale o economico, e include la violenza e le molestie di genere».

La Convenzione protegge tutti i lavoratori e le lavoratrici che svolgono il proprio lavoro sia in presenza, sia collegati attraverso le tecnologie informatiche (articolo 2). Gli altri articoli della Convenzione mettono in evidenza il fatto che ciascuno Stato s’impegna ad adottare una strategia globale di contrasto (articolo 4) e un insieme di politiche di prevenzione e di sensibilizzazione, includendo la violenza e le molestie (compresi i rischi psicosociali correlati) nella gestione della salute e della sicurezza sul lavoro (articolo 9).

La ratifica della Convenzione può essere in parte letta come l’esito delle mobilitazioni delle donne contro la violenza: non solo del movimento #MeToo[2], che in Italia non sembra avere attecchito molto, ma anche della/e mobilitazione/i di altri gruppi, tra i quali il più importante è Non Una Di Meno. Nel 2016 questo movimento affiancò a #MeToo la campagna #QuellaVoltaChe e aggiunse l’hashtag #WeTogether in una lettera aperta ad Asia Argento, in cui si legge: «Il #MeToo, il racconto delle molestie che ho subito; il #WeTogether, il racconto della solidarietà e della resistenza collettiva che si è mossa intorno a me»[3].

Il messaggio mette in luce un cambio di prospettiva importante che sposta l’azione dal livello individuale a quello collettivo, ossia leggendo il problema come l’esito di una disuguaglianza strutturale e cercando la soluzione attraverso un’azione politica più ampia.

Questo approccio è centrale anche per le imprese che devono lavorare per combattere la discriminazione e costruire un ambiente di lavoro inclusivo. Per far ciò è necessario abbandonare un approccio sporadico e basato sull’azione dei singoli, e adottarne uno che coinvolga i diversi livelli organizzativi e che abbini l’adozione di politiche e pratiche di «diversità e inclusione» ad azioni più ampie di promozione di un clima che disincentivi qualsiasi forma di violenza o molestia.

L’INAIL ha pubblicato recentemente un opuscolo dal titolo «Ri-conoscere per prevenire i fenomeni di molestia e violenza sul luogo di lavoro»[4], un vademecum che può aiutare le imprese e i dipendenti a riconoscere e a contrastare fenomeni di violenza/molestia. Peraltro, nel documento si sottolinea che le potenziali conseguenze di un ambiente aggressivo sono l’incremento dell’assenteismo, il calo della motivazione, la riduzione della produttività, il deterioramento dei rapporti tra i lavoratori, l’incremento del turn-over[5]. Non solo: in uno studio condotto nel 2016[6] era emerso che le aziende il cui ambiente di lavoro era percepito «ad alto rischio» in termini di aggressività avevano livelli più bassi di empowering leadership e di equità procedurale percepita rispetto alle aziende classificate come «a medio» e «a basso rischio». I fenomeni di violenza e molestia non solo ledono la dignità della persona, ma sono tossici anche per le organizzazioni.



[2] Metoo è un movimento spontaneo nato nel 2017 per combattere le molestie e la violenza contro le donne soprattutto nei luoghi lavoro. In particolare, ha avuto inizio a seguito delle accuse di violenza sessuale mosse da alcune attrici contro il produttore cinematografico Harvey Weinstein. L’hashtag #MeToo, twittato dall’attrice Alyssa Milano, è stato diffuso sui social media in maniera repentina e pervasiva.

[3] C. Peroni, «Il #Metoo di Hollywood e il #Wetoogether di non una di meno. Dalla denuncia alla pratica collettiva contro le molestie sessuali nel/del lavoro», M. Bettaglio, N. Mandolini, S. Ross (a cura di), Rappresentare la violenza di genere: Sguardi femministi sulla letteratura, il cinema, il teatro e il discorso mediatico contemporaneo, Milano, Mimesis, 2018.

[5] Ivi, p. 26.

[6] M. Magni, M. Picozzi, Aggressività in azienda. Come prevenirla e gestirla, Milano, Egea, 2016.

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