Articolo 3
L’equilibrio di genere ai tempi della pandemia
Il dibattito sugli effetti asimmetrici della pandemia da Covid-19 sta diventando sempre più fervido e concreto. Il dato statistico secondo cui le vittime del virus siano principalmente uomini anziani con patologie pregresse ha alimentato la convinzione, non del tutto corretta, che le donne siano meno colpite. In realtà i dati devono sempre essere letti alla luce di un determinato contesto, altrimenti la loro interpretazione può risultare fuorviante. Nei fatti, non solo il Covid-19 ha colpito duramente le donne, influenzando in modo diretto la loro salute, ma ha avuto anche molte conseguenze indirette.
Secondo l’ultimo report di UN Women[1], le misure di lockdown e di distanziamento sociale hanno fatto crescere gli episodi di violenza domestica: le richieste di aiuto sono aumentate esponenzialmente in tutti i Paesi del mondo e i rifugi per le vittime rimasti aperti nonostante la quarantena hanno raggiunto la capienza massima. Questi episodi di violenza hanno purtroppo interessato anche le donne coinvolte in prima linea durante l’emergenza, come il personale medico e infermieristico.
Un secondo, non meno importante fattore di ripercussione, riguarda le differenze di genere sul mercato del lavoro e negli equilibri familiari. A differenza della crisi del 2008, che aveva maggiormente colpito l’industria manifatturiera e quindi l’occupazione maschile, l’attuale pandemia ha prodotto conseguenze simili tra uomini e donne[2], mettendo però nel medio periodo più a rischio le seconde. Innanzitutto, a causa della chiusura degli asili e delle scuole le donne sono state più impegnate nella cura dei bambini e nella gestione della casa. Le misure utili al contenimento della pandemia hanno difatti notevolmente aumentato il lavoro domestico, il lavoro di accudimento dei figli piccoli, nonché il supporto a quelli più grandi impegnati nell’apprendimento a distanza. Questa situazione, che avrebbe potuto creare nuovi equilibri all’interno della famiglia, nei fatti è pesata maggiormente sulle spalle delle donne[3]. A questa condizione di affaticamento si è aggiunta anche l’indisponibilità dei nonni nel prendersi cura dei nipoti in quanto categoria ad alto rischio di contagio e quindi bisognosi essi stessi di aiuto. Alcune statistiche mostrano infine come, rispetto agli uomini, le donne siano potenzialmente più vulnerabili nel mercato del lavoro, con una perdita complessiva di posti di lavoro che può arrivare al 54 per cento del totale[4]. Il virus sta infatti aumentando in modo significativo il peso dell’assistenza non retribuita, gestita quasi interamente dalle donne.
Un ulteriore segnale di vulnerabilità – un dato molto evidente guardando a quanto è accaduto nel nostro Paese – è stato il bassissimo grado di coinvolgimento delle donne nelle discussioni e nelle decisioni per la gestione della crisi e la ripresa. La prima formazione della task force che ha affiancato il Governo vedeva la presenza di sole 4 donne su 17 membri, così come il Comitato tecnico scientifico della Protezione Civile composto inizialmente da soli uomini. Solo grazie ai molteplici movimenti di opinione (tra cui gli appelli lanciati da 16 senatrici dalle colonne del Corriere della Sera e «Dateci Voce», una campagna sottoscritta da varie esponenti del mondo della politica e della società civile per chiedere al premier di non dimenticare la voce delle donne) si è, ancora una volta, ricordata l’importanza di avere una rappresentanza di genere in tutti i luoghi decisionali e istituzionali. L’equa presenza di uomini e donne non può più essere vista come un’opzione di secondo livello, ma è diventata una condizione di democrazia e di premessa allo sviluppo economico.
L’attenzione sollevata a livello internazionale sulle asimmetrie di genere ha avuto il grande merito di ricordare il ruolo chiave che le politiche devono assumere nella fase di gestione della crisi e di ripartenza. Come sottolineato dal rapporto «Strategia per la parità di genere: verso un’Unione dell’uguaglianza» del Joint Research Center[5] presso la Commissione Europea, questa crisi dovrebbe rappresentare l’occasione per assicurare una concreta complementarietà di ruolo tra donne e uomini attraverso l’adozione di politiche di riequilibrio volte a garantire la coesione della società nella sua complessità. Questo richiede una rilettura e una nuova interpretazione dei ruoli tradizionali legati al tema della cura dell’altro. Per esempio, oltre a potenziare l’accesso agli asili nido, sarebbe opportuno ridistribuire equamente gli impegni lavorativi e quelli di assistenza, aumentando la dimensione gender-neutral attraverso le politiche di smart working che durante la pandemia hanno coinvolto sia uomini sia donne.
[1] «COVID-19 and ending violence against women and girls», UN Woman, 2020.
[2] «Nella “fase 2” a casa giovani e donne», lavoce.info, 28 aprile 2020; «Covid-19 e il mondo del lavoro: impatto e risposte», Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), 18 marzo 2020.
[3] «Il tempo di bambini e genitori nel lockdown», lavoce.info, 10 luglio 2020; «Smart working al femminile al tempo del coronavirus: il carico famigliare continua a gravare sulle donne», Valore D, 20 marzo 2020.
[5] «Strategia per la parità di genere: verso un’Unione dell’uguaglianza», Commissione Europea, 5 marzo 2020.