Articolo 3

23/12/2019 Stefano Basaglia

Prima le idee indipendentemente dal genere

Lo scorso 11 dicembre Marta Cartabia è stata eletta presidente della Corte Costituzionale italiana. Durante la conferenza stampa che si è svolta a valle della sua elezione ha affermato esplicitamente che il suo essere donna «non è stato un elemento secondario», che la sua elezione rappresenta un «passaggio storico», che ha «rotto il vetro di cristallo» e che le sue colleghe le hanno detto «la tua elezione è la nostra elezione»[1].

I media e gli esponenti politici, di destra e di sinistra, conservatori e progressisti, hanno festeggiato, all’unisono, l’elezione della prima presidente donna della Corte Costituzionale mettendo in evidenza come questo evento rappresenti un segnale di progresso per l’Italia. Alcuni, poi, hanno indirizzato l’attenzione verso la sua «competenza tecnica» e il suo «percorso professionale» (Marta Cartabia è professoressa ordinaria di diritto costituzionale all’Università Bicocca di Milano)[2]. Altri, hanno citato il suo «stato familiare» (è sposata e ha tre figli) e le sue passioni: ci è stato raccontato che fa jogging, trekking, ama la montagna e la musica classica e rock (i Beatles e il metal)[3]. Infine, alcuni hanno approfondito la sua «formazione cattolica» e le hanno chiesto se e come questa formazione potesse essere un vincolo o un’opportunità. Lei ha risposto che «i giudici quando entrano in camera di consiglio entrano con tutta la loro persona, con tutto il loro vissuto, i pensieri, i desideri e la serietà professionale» e che la Costituzione non è «indifferente» rispetto alle religioni, ma è «equidistante». Ha anche detto che la ricchezza nella composizione della Corte – noi diremmo la «diversità» – e la molteplicità dei punti di vista rappresenta un aspetto che garantisce la neutralità dell’organo.

Il riferimento alla sua formazione e ai punti di vista ci portano a osservare che un aspetto è stato lasciato sotto traccia, ossia quali siano i punti di vista e le idee della neo-presidente. Le sue idee sono progressiste o conservatrici? È favorevole all’estensione dei diritti civili? Qual è il suo punto di vista su aborto, fine vita e diritti dei cittadini e delle famiglie LGBT? Gli unici che hanno indagato su questi aspetti sono stati alcuni esponenti della comunità LGBT italiana[4]. In particolare, è stato portato all’attenzione un articolo[5] che la neo-presidente scrisse nel 2011 a commento della decisione dello Stato di New York di introdurre il matrimonio egalitario tra persone dello stesso sesso. Il titolo dell’articolo era «Matrimonio a ogni costo, la pretesa dei falsi diritti» e nell’articolo si legge: «Chi scrive non esulta di fronte a questa decisione. […] Gli argomenti che ricorrono nel dibattito sul matrimonio omosessuale sono essenzialmente due. Il primo: se sposarsi è un diritto, occorre che ciascuno sia libero di sposarsi con chi preferisce, senza condizioni. Il secondo: impedire il matrimonio agli omosessuali è una discriminazione. […] Il secondo è frutto di una difficoltà tipica della nostra epoca che tende a confondere differenziazione e discriminazione. È vero che nel passato ci sono state molte legislazioni e costumi sociali aspri e inospitali verso gli omosessuali, se non addirittura impietosamente discriminatori. […] Tuttavia, altro è discriminare altro è mantenere delle distinzioni: non ogni differenziazione è discriminazione. Mantenere su un piano distinto il matrimonio e la famiglia rispetto ad altre forme di convivenza è discriminare o operare distinzioni?»

La neo-presidente, quindi, non ha idee progressiste relativamente ai diritti dei cittadini LGBT ed è contraria al matrimonio egualitario che considera contrario alla Costituzione della Repubblica Italiana. Il progressismo della sua elezione, pertanto, si basa solo sulla sua identità di donna e non sulle sue idee ferma restando la sua ottima competenza tecnica. Ragionare in questo modo, però, può essere pericoloso e il caso di questa elezione ci porta a ragionare sul rapporto tra competenze, identità e idee. Chi si occupa di gestione della diversità dovrebbe essere favorevole a un allargamento dei diritti civili e il progresso dovrebbe vederlo nelle idee e negli atti non nelle identità in sé e per sé, in una triangolazione tra competenza, identità e idee. Il rischio di una situazione di questo tipo, ossia di un contesto che vede solo l’identità (essere la prima donna a diventare presidente) è quello di preferire il significato simbolico a quello reale e di rendere l’identità un feticcio che alimenta strategie di pink washing. Molti uomini e donne eterosessuali saranno contenti di questa elezione. Molti uomini e donne omosessuali potrebbero essere preoccupati, in particolare in un Paese come l’Italia in cui il matrimonio egualitario non c’è ancora, ma ci si è dovuti accontentare delle unioni civili.

Concludendo, con l’elezione di Marta Cartabbia abbiamo fatto un passo avanti sul fronte della rappresentanza delle donne nella cosiddetta stanza dei bottoni. Chi crede, però, nel progresso può anche vedervi un passo indietro. Sarebbe stato bello, invece, fare un balzo in avanti: coniugare la rappresentanza femminile con il progressismo sul piano dei diritti civili: più donne e più diritti, per la maggioranza e per le minoranze. Marta Cartabia ha citato come fatto positivo la nomina a primo ministro della Finlandia di Sanna Marin, 34 anni e figlia di due mamme e, quindi, figlia di una famiglia arcobaleno, uno dei tanti modi di essere famiglia.  La neo-premier finlandese ha detto: «Non ho mai pensato alla mia età o al mio sesso, penso alle ragioni per cui sono entrata in politica e alle cose per le quali abbiamo conquistato la fiducia dell’elettorato»[6]. Ecco, le persone dovrebbe essere valutate per le loro idee e non in base al genere. Il progresso cammina grazie a idee progressiste indipendentemente dal genere che le rappresenta.



[1] Per il video del discorso si rimanda a questo link https://www.cortecostituzionale.it/default.do.

[5] «Matrimonio a ogni costo, la pretesa dei falsi diritti», isussidiario.net, 28 giugno 2011.

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