China Watching

26/04/2022 Cecilia Attanasio Ghezzi

I difficili equilibrismi della Cina di fronte alla guerra in Ucraina

Nel voto di astensione alle Nazioni Unite come nell’assenza di smentite alle affermazioni di Mosca che la dichiarano al suo fianco, Pechino cerca di tutelare il rapporto esclusivo con lo storico alleato senza incorrere nelle sanzioni economiche occidentali. Di fatto si riconosce il diritto dell’Ucraina di difendere la propria sovranità territoriale, ma allo stesso tempo ammette come legittime le preoccupazioni di Mosca davanti all’avanzata della Nato verso Est. Pechino è inoltre consapevole di come eventuali sanzioni a suo carico avrebbero ricadute sulla finanza globale, l’energia, i trasporti e le supply chain indebolendo un’economia già messa a dura prova dalla pandemia.

«Wuwei wubuwei», recita la massima che più sintetizza la filosofia taoista: «Non fare nulla e non ci sarà nulla che non sia stato fatto». Pechino mantiene così un difficilissimo equilibrio tra le posizioni di Mosca e quelle di Washington e Bruxelles. Anche all’indomani dell’atteso incontro (virtuale, s’intende) tra il presidente cinese e le massime autorità dell’Unione europea, anche nell’approccio con cui i media di Stato riportano (e poi non riportano) le prime terribili immagini da Bucha.

Nel voto di astensione alle Nazioni Unite come nell’assenza di smentite alle affermazioni di Mosca che la dichiarano al suo fianco, Pechino cerca di tutelare il rapporto esclusivo con lo storico alleato senza incorrere nelle sanzioni economiche o avallare lo strumento della guerra. Di fatto si riconosce il diritto dell’Ucraina di difendere la propria sovranità territoriale, ma allo stesso tempo ammette come legittime le preoccupazioni di Mosca davanti all’avanzata della Nato verso Est. In pratica si vuole contrastare l’egemonia statunitense senza incrinare le relazioni economiche con l’UE, perché si è consapevoli che anche se un Cremlino debole dipenderebbe sempre più dalle decisioni di Zhongnanhai (sede del Partito Comunista Cinese e del Governo della Repubblica popolare), se si arrivasse alla destituzione del suo presidente Vladimir Putin sarebbero guai: il caos economico e politico che ne deriverebbe potrebbe toccare persino Xi Jinping proprio nell’anno che lo vede proporsi per un irrituale terzo mandato. Il presidente cinese, ha infatti scommesso personalmente su quello russo. Quando i due si sono incontrati a inizio febbraio a margine della cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali per firmare una dichiarazione congiunta sull’amicizia «senza frontiere» tra i due Paesi, di certo avranno trattato anche delle intenzioni del presidente russo sull’Ucraina ma pare altresì evidente che quello cinese abbia sottovalutato – in buona o cattiva fede, non è dato sapere – l’operazione militare che ne sarebbe conseguita. Prova ne sarebbe il tardivo rimpatrio dei cittadini cinesi dal Paese invaso. Di fatto l’Ucraina è un importante tassello della Belt and Road Initiative[1], mentre la Russia, è uno dei suoi principali fornitori di gas, petrolio e prodotti agricoli. Ma c’è di più.

La Repubblica popolare è uno dei più grandi importatori di cibo e petrolio del mondo. E non scordiamoci che si tratta della seconda economia mondiale e del Paese più popoloso di questo globo. Ne consegue che, a livello economico, è tra i Paesi più esposti alle incertezze di mercato e al rialzo dei prezzi delle materie prime. Tanto che il presidente Xi Jinping ha usato proprio questi argomenti per opporsi alle sanzioni alla Russia nei colloqui con Emmanuel Macron e Olaf Scholz, rispettivamente la sua controparte francese e tedesca. «Le sanzioni avranno ricadute sulla finanza globale, l’energia, i trasporti e le supply chain indebolendo un’economia globale già messa a dura prova dalla pandemia. E questo – ha aggiunto – non è nell’interesse di nessuno». Purtroppo però queste considerazioni non sono sufficienti a farle prendere le distanze con la Russia che si riconferma, secondo quanto confermano apertamente la maggior parte dei funzionari cinesi e lo stesso ministro degli affari esteri Wang Yi, «il suo più importante partner strategico». Ma è bene notare che questo parterniarato ha acquisito spessore soprattutto negli ultimi anni, quando le amministrazioni statunitensi di Trump e Biden hanno cercato di arginare in maniera sempre più esplicita l’ascesa e le sfere di influenza dei due Paesi tanto da mettere apertamente in discussione la posizione cinese su Taiwan. Come ben sintetizza l’influente opinionista Sima Nan, nazionalista che ben esprime le posizioni ideologiche della Cina di Xi Jinping: «Non possiamo dire che tifiamo Russia, ma certo è nelle nostre simpatie perché è chiaro che se l’Occidente riesce a paralizzarla, la Cina potrebbe fare la stessa fine». Come Putin, Xi Jinping si racconta come il moderno imperatore che restituirà al suo Paese il ruolo di potenza egemone che ha più volte ricoperto nel corso della Storia umana. Come Putin, Xi Jinping non è tollera che la sua figura venga messa in discussione. Come Putin, Xi Jinping è un autocrate. Ed è disposto a tutto per mantenere il potere.

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