Interventi & Interviste

Giovanni Fattore

Prosperità e capitale sociale: il caso Melinda

Il successo del Consorzio DOP delle mele delle valli del Noce è il frutto di tre ingredienti: la coerenza con le caratteristiche del territorio e delle scelte nel corso del tempo; la formula imprenditoriale di equilibrio tra micro-imprese familiari, cooperative e il Consorzio stesso; il peculiare sistema di condizioni sociali che hanno reso possibile l’unità dei produttori nell’interesse generale

Sembra inverosimile, ma uno dei casi di maggiore successo del settore agroalimentare italiano è la mela, un prodotto apparentemente semplice e difficile da differenziare agli occhi del consumatore. Eppure Melinda, il Consorzio DOP delle mele delle valli del Noce (Val di Non e Val di Sole), è un caso di successo su cui riflettere e imparare. Il Consorzio Melinda è composto da 16 cooperative che raccolgono 4000 famiglie di frutticultori che operano nelle due valli. Nel 2016 il Consorzio gestiva 237.000 tonnellate di mele per un valore complessivo di 111 milioni di euro su una superficie coltivata di 5900 ettari. Il valore della produzione per ettaro coltivato è pari a 19.000 euro. In media ogni famiglia produce per un valore di 28.000 euro all’anno. Visitare le due valli è impressionante: non c’è appezzamento coltivabile, anche minuscolo, in cui non ci siano meli.

Le mele non sono come il vino, i salumi o il formaggio in cui la fase di trasformazione è importante per dare qualità al prodotto. Per le mele non c’è una lavorazione successiva che può contribuire a migliorarne le caratteristiche estetiche e organolettiche. Per questo motivo il processo strettamente agricolo è fondamentale e il Consorzio opera con una netta divisione del lavoro: da un lato la produzione agricola delle aziende in mano ai contadini, a sua volta aggregata nelle 16 cooperative; dall’altra l’organizzazione e gestione di tutte le attività successive alla raccolta, in capo al Consorzio. Questa organizzazione del lavoro permette di valorizzare una rete capillare di imprese agricole familiari a cui è affidata la gestione dei terreni, degli alberi e tutta la filiera strettamente produttiva, dove conoscenze, tradizione e passione si intrecciano. Sebbene secondo disciplinari precisi, le Melinda sono il frutto di un lavoro di micro-imprese a conduzione familiare in cui sono presenti logiche semi-artigianali.

D’altro canto, un prodotto di successo ha bisogno di una serie di attività a valle della produzione che difficilmente possono essere gestite da imprese familiari o anche da cooperative di piccole dimensioni. Per questo motivo al Consorzio è attribuita l’organizzazione e la gestione di tutte le fasi successive alla raccolta: lo stoccaggio, la conservazione a temperature e umidità adeguate, la selezione, il confezionamento, la spedizione e, soprattutto, le attività di commercializzazione e marketing. La concentrazione di queste attività per tutte le cooperative permette a Melinda di essere efficiente (per esempio, nello stoccaggio o nella distribuzione) e allo stesso tempo di gestire in modo univoco le relazioni con il mercato e le politiche commerciali e di marketing. Di fronte al consumatore e ai canali distributivi le 4000 famiglie di produttori diventano un soggetto unico in grado di mettere in campo competenze altamente specialistiche.

A cosa si deve il successo di Melinda? In sintesi, possono essere individuati tre ingredienti nella ricetta vincente di questo territorio alpino che, proprio per le sue mele, ha saputo differenziarsi da molte altre realtà montane le quali in questi decenni hanno vissuto un graduale impoverimento e spopolamento.

Il primo ingrediente è la coerenza con le caratteristiche del territorio e delle scelte nel corso del tempo. I prodotti agricoli di eccellenza, come quelli enogastronomici, non sono quasi mai il frutto di iniziative estemporanee; derivano dalla lenta costruzione di competenze e più in generale di vantaggi competitivi. La tradizione frutticola del Trentino-Alto Adige è molto antica, come dimostrano diverse autorevoli fonti storiche e la toponomastica (per esempio i nomi delle città Malè e Malosco derivano dal latino maletum, cioè posto delle mele). Venendo a tempi più recenti, è sin dalla prima parte del XIX secolo che le due valli hanno investito sulle mele, ottenendo una serie di riconoscimenti e premi per la loro qualità in esposizioni e fiere dell’epoca. Sono la tradizione e la perseveranza nel tempo che hanno permesso di costituire il Consorzio nel 1989, ottenendo a oggi l’unica certificazione DOP per le mele. Ma la specializzazione agricola del territorio non avrebbe avuto successo se non si fosse innestata su un prodotto coerente con le condizioni climatiche e le qualità del terreno e dell’acqua.

Il secondo ingrediente del successo di Melinda è la formula imprenditoriale di equilibrio tra micro-imprese familiari, cooperative e Consorzio. I tre livelli di organizzazione delle attività hanno permesso di sfruttare al massimo la partecipazione diffusa alla proprietà dei terreni e alla coltivazione (il livello delle famiglie), la collaborazione nella produzione agricola per processi quali l’irrigazione, la gestione dei lavoratori stagionali e dei mezzi agricoli (il livello delle cooperative) e la centralizzazione delle fasi a valle della raccolta, in cui solo dimensioni adeguate possono giustificare investimenti rilevanti in tecnologie e professionalità specializzate. Nel ristretto territorio del Consorzio Melinda possiamo trovare un complesso intreccio tra imprese familiari, cooperative e il Consorzio stesso; il micro-imprenditore coesiste con la media impresa. Si tratta di un modello interessante anche al di fuori del contesto della produzione di frutta perché propone una soluzione al tema dell’adeguatezza delle dimensioni delle aziende italiane.

Il terzo ingrediente riguarda il sistema delle condizioni sociali che hanno permesso questa esperienza così unica. Mettere assieme tutte le famiglie di un territorio, evitando dissociazioni dal Consorzio che rischierebbero di indebolirlo sul piano dei prezzi o della qualità, è difficile. Richiede sensibilità politica e amministrativa. Spesso i territori isolati, come quelli montani, perpetuano situazioni di conflitti e rivalità. Tuttavia, in queste due valli è prevalsa la capacità di costruire capitale sociale, di trovare nell’omogeneità delle tradizioni e degli stili di vita l’elemento comune su cui costruire le mediazioni necessarie per mantenere l’unità indispensabile alla prosperità del Consorzio. Le istituzioni formali (principalmente i comuni) e informali, quali le relazioni tra famiglie e micro-comunità, sono state in grado di perseguire l’interesse pubblico generando e distribuendo benessere e ricchezza tramite la semplice coltivazione di mele.  

(Giovanni Fattore è professore presso il dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università Bocconi e docente in Government, Health and not for Profit presso SDA Bocconi School of Management)

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