Interventi & Interviste

23/08/2021 Roberto Ruozi

Il mercato delle Spac: i casi di Stati Uniti e Italia

Nonostante negli ultimi due anni vi sia stato un andamento altalenante sia sul mercato americano sia su quello italiano, l’importanza degli obiettivi delle Spac – veicoli di investimento che si fanno quotare in un mercato regolamentato o no per raccogliere fondi – rimane immutata ed esse possono affermarsi solo aggiornando la loro struttura, disponendo di promotori e manager seri e preparati e tutelando i propri investitori meglio di quanto abbiano fatto finora.

Le Spac (Special Purpose Acquisition Companies) sono strumenti finanziari nati quasi vent’anni fa negli Stati Uniti. Di tali società si occupò Economia&Management già nel 2017 e nel 2018[1], facendo il punto della situazione negli USA e in Italia, dove nel 2011 nacquero strutturate non già in base a specifiche norme regolamentari o di legge, bensì mediante la combinazione di possibilità giuridiche previste per altri tipi di società finanziarie.

Quando si parla di Spac bisogna quindi sempre fare riferimento alla regolamentazione in base alla quale ognuna di esse è stata costruita. Pur mirando ai medesimi obiettivi, differenti giurisdizioni possono infatti prevedere diversi passi tecnici e diverse tipologie di protagonisti. In generale, le Spac sono veicoli di investimento che si fanno quotare in un mercato regolamentato o no per raccogliere fondi al fine di acquisire, ed eventualmente incorporare o fondersi con, una o più società operative denominate «target», dando poi vita a quella che è chiamata «business combination». I protagonisti delle Spac sono tre: i promotori, i finanziatori e le società target. La qualità di tali soggetti è determinante per il successo delle Spac. I promotori di queste ultime e il management delle società risultanti dalle business combination condizionano il successo dell’iniziativa e quindi la soddisfazione dei finanziatori/investitori.

Fare un discorso generale sulle Spac e sul loro andamento nei singoli Paesi nel corso del tempo non è quindi facile. In questa sede comparerò comunque il loro sviluppo negli Stati Uniti e in Italia negli ultimi anni.

Negli USA le Spac hanno avuto recentemente uno straordinario successo. Nel 2020, per esempio, sui listini statunitensi sono state quotate 250 Spac che hanno raccolto fondi per 83,4 miliardi di dollari. Nello stesso anno, le IPO organizzate dalle stesse Spac hanno raccolto più di 90 miliardi di dollari. Gli osservatori più attenti segnalarono tuttavia già alla fine del primo trimestre di quell’anno alcuni sintomi di rallentamento di un tale sviluppo, ipotizzando che su di esso avrebbero potuto influire negativamente l’atteggiamento ostile e restrittivo della Securities and Exchange Commission (SEC), l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori. Tali previsioni si sono tradotte in realtà molto velocemente. Nel mese di aprile 2021, infatti, le nuove Spac sono state solo 10, mentre erano state ben 109 nel marzo precedente e 97 in febbraio. Ci si sta chiedendo se l’aprile 2021 sia stato un’eccezione in un trend che riprenderà presto a salire o se rappresenti l’inizio di un calo durevole dello sviluppo delle Spac negli USA. La maggior parte degli analisti sostiene questa seconda ipotesi, anche per via delle conseguenze del già ricordato diverso atteggiamento della SEC, volto a perseguire la tutela dei risparmiatori. Si ritiene infatti che questi ultimi siano poco e male informati circa i loro investimenti e possano essere manipolati con facilità.

Ci sono poi altri motivi che convalidano l’ipotesi del rallentamento dello sviluppo delle Spac statunitensi. I promotori delle Spac e i manager delle società risultanti dalle business combination si sono infatti rivelati mediamente poco professionali, incapaci di selezionare o di gestire adeguatamente le operazioni di acquisizione e caratterizzati da un comportamento troppo speculativo. Questi fatti sembrano essere stati comuni a una molteplicità di Spac negli USA, al punto che si parla addirittura di una loro «mafia». L’esosità dei promotori sembra peraltro aver causato diffusamente il crollo del valore di borsa delle società risultanti dalle business combination, che in molti casi è in effetti sceso – anche in misura consistente – addirittura nei giorni immediatamente successivi alla quotazione. Tale fenomeno è stato più evidente laddove le società target necessitavano di importanti ristrutturazioni, per la realizzazione delle quali i promotori e il management si sono dimostrati non adeguati.

Quanto descritto ha reso sempre più volatili i corsi delle azioni delle Spac negli USA, tanto che si teme una vera e propria bolla, sul tipo di quelle che hanno spesso caratterizzato altri comparti del mercato finanziario. Inoltre, molti credono che la «mania» delle Spac sia finita soprattutto per via della più o meno selvaggia inondazione del mercato di questo tipo di strumenti che avrebbe determinato una febbre ingestibile. Le preoccupazioni e le decisioni della SEC sono giustificate e l’avvertimento dato soprattutto agli investitori retail di valutare bene i loro investimenti prima di tradurli in realtà è del tutto ragionevole.

Anche in Italia si riscontrano problemi analoghi a quelli appena descritti – seppure con dimensione e importanza minori. Fra il 2011 e il 2018 invero vi è stato uno sviluppo costante e consistente delle Spac, almeno in termini relativi. Nel periodo considerato sono infatti sorte ben 31 Spac, le quali hanno raccolto circa 4 miliardi di euro di cui poco meno di 3 sono stati investiti nelle società target. I motivi di questo buon successo sono diversi. Innanzitutto lo strumento ha incontrato l’interesse di un mercato in cui la sete di innovazione è molto forte sia negli offerenti sia nei raccoglitori di capitali. La novità è stata inoltre sostenuta dai media e il marketing delle Spac ha reclamizzato maggiore semplicità, migliori tempi e minori costi di accesso in borsa rispetto a quelli di una normale quotazione. Inoltre, tra gli investitori è stata ritenuta interessante la disponibilità ex ante di dati prospettici sulle business combination, teoricamente utili a rendere più facilmente valutabili i potenziali investimenti, il cui rischio, fino a quando non viene effettuata l’acquisizione della società target, rimane molto basso. A tal proposito giova infatti ricordare che se la business combination non è realizzata, gli investitori hanno la possibilità di uscire dall’investimento senza perdite. Si è perfino osservato che, anche per i rilevanti costi amministrativi iniziali, i prezzi del mercato delle azioni di alcune Spac sono scesi al di sotto del nominale prima che fosse realizzata la business combination. Diversi investitori con obiettivi preminentemente speculativi le hanno così comprate a quei prezzi e, quando fu deciso di non effettuare la business combination o hanno votato contro la sua realizzazione, hanno chiesto e ottenuto il rimborso delle loro azioni al nominale, realizzando quindi plusvalenze più o meno cospicue. Fattore molto importante nel successo delle Spac in Italia è stata infine l’introduzione dei piani individuali di risparmio (PIR) avvenuta con la legge finanziaria del 2016. Tali PIR hanno infatti previsto benefici fiscali per i risparmiatori che investano almeno in parte in PMI, come sono le target delle Spac.

Da qualche anno, tuttavia, la situazione è cambiata e di punto in bianco in Italia le nuove Spac sono quasi scomparse dalla scena. Nel 2019 ve ne è stata infatti solo una che ha raccolto 30 milioni di euro, nel 2020 non ve ne è stata nessuna e nei primi sette mesi del 2021 alla borsa italiana sono state quotate solo due Spac che hanno raccolto complessivamente 358 milioni.

Nello stesso periodo alcuni promotori hanno dato vita a diverse Spac indicando fin dall’inizio la società target e raccogliendo centinaia di milioni di euro, ma anziché farle quotare a Milano le hanno quotate a New York e ad Amsterdam, piazze che si stanno affermando come particolarmente interessanti.

È evidente che il modello italiano di Spac non è riuscito ad affermarsi definitivamente specie perché i suoi protagonisti non hanno svolto al meglio le funzioni e gli obiettivi che si erano posti al momento delle quotazioni. Le caratteristiche di queste ultime si sono rivelate meno interessanti del previsto, il ruolo dei principali attori non è sempre stato felice e la capacità di scelta delle società target non è stata conforme alle attese. I prezzi di acquisizione sono stati mediamente troppo elevati e in numerosi casi i corsi delle azioni delle Spac risultanti dalle business combination sono stati molto penalizzati, senza contare che l’informativa preliminare sugli investimenti proposta ai potenziali sottoscrittori si è spesso basata su dati inaccurati. In più, gli ultimi tre anni sono stati molto negativi per l’economia del nostro Paese non favorendo l’aumento del valore delle nostre imprese che, anzi, è spesso sceso frustrando gli investitori.

In sostanza quindi, elementi negativi strutturali e congiunturali hanno gettato un’ombra pesante sul modello italiano di Spac. Ciò è avvenuto mentre New York e Amsterdam hanno lanciato modelli più semplici, trasparenti ed efficienti di Spac considerati più attraenti di quelli italiani. Anche la dimensione e le caratteristiche dei mercati finanziari di quelle due piazze hanno offerto ai promotori possibilità più ampie di quelle della borsa italiana, nei confronti della quale l’atteggiamento delle società è peraltro cambiato negativamente negli ultimi tempi.

Da queste constatazioni si trae la conclusione che l’organismo Spac in Italia non sia obsoleto bensì vada ottimizzato e adeguato ai tempi, in considerazione del fatto che la concorrenza nel mercato finanziario è aumentata e che la gamma delle scelte operabili nel settore si è ampliata. La concorrenza alle Spac italiane classiche non viene così fatta solo da altre società del medesimo tipo che adotta nuovi modelli, ma anche da altri tipi di intermediari che, pur perseguendo obiettivi simili, hanno caratteristiche strutturali e funzionali diverse, più nuove e più efficienti. In un simile contesto l’importanza degli obiettivi delle Spac rimane immutata ed esse possono vincere la battaglia nel mercato solo aggiornando la loro struttura, disponendo di promotori e manager seri e preparati e tutelando i propri investitori meglio di quanto abbiano fatto finora.



[1] Valter Conca, «Mercato delle SPAC. Eppur si muove», Economia&Management, 2017/5; Valter Conca, Linda Longhi, «C’è SPAC e SPAC. I casi di Italia e USA», Economia&Management, 2018/1.

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