Interventi & Interviste

26/05/2020 Paolo Pasini

Dalle tecnologie digitali sostenibili alla CDR

L’obiettivo di fondo della Corporate Digital Responsibility è, all’interno della Corporate Social Responsibility, di sensibilizzare il top management sugli impatti e sulle opportunità dell’ICT e del digitale rispetto ai temi della sostenibilità, delineando anche un possibile percorso di maturità che oggi è solo iniziato

La rilevanza della sostenibilità ha avuto una crescente attenzione negli ultimi anni. Il dibattito internazionale su questo tema (ambiente, trasporti, alimentazione, benessere degli esseri umani e animali, consumi energetici, sprechi alimentari e di risorse in generale ecc.) ha inevitabilmente riguardato anche il settore ICT/digitale.

Tempo fa si parlava di «ICT eco-compatibili» con particolare riferimento al consumo di energia e alla produzione di CO2 da parte dei sistemi ICT, soprattutto dei grandi centri di calcolo delle società pubbliche e private e delle grandi multinazionali: solo per fare alcuni esempi, vari analisti hanno calcolato che, a oggi, l’ICT mondiale consuma dal 2 al 4 per cento dell’energia globale, che in Italia l’ICT contribuisce dall’8 al 10 per cento alle emissioni di CO2 del nostro Paese, che il network mondiale di bitcoin consuma ogni anno quanto l’Austria (64TWh).

Nel tempo queste «ICT sostenibili» si sono affermate come un modo moderno per costruire server farm e infrastrutture ICT a basso impatto ambientale. Qualche esempio: il «consolidamento dei server fisici» e la «virtualizzazione di più server logici» in una singola unità hardware fisica riduce l’emissione di carbonio perché riduce significativamente i requisiti di alimentazione e condizionamento dell’aria. Il cloud computing genera vantaggi ambientali con la centralizzazione delle risorse ICT di elaborazione e di storage che vengono condivise da diverse organizzazioni via internet, con rilevanti benefici in termini di efficienza energetica. Il thin client computing è costituito da pc prevalentemente di input/output, spesso senza capacità di storage locale e con ridotta dimensione della memoria centrale, che tendono a consumare meno energia rispetto ai desktop tradizionali, ma devono naturalmente essere sempre connessi con un server centrale, fino ai più moderni notebook sempre connessi in cloud (per esempio i chromebook). I monitor eco-friendly, come quelli LCD, consumano fino all’80 per cento di energia in meno rispetto ai monitor a tubo catodico (CRT), oramai dismesso; oggi ci sono inoltre monitor a LED che hanno una durata più lunga, offrono una migliore qualità del colore e delle immagini e consumano meno energia rispetto ai monitor LCD e senza usare mercurio, una sostanza chimica tossica utilizzata nei monitor LCD e CRT.

Il livello successivo di sensibilizzazione alla sostenibilità in campo ICT è quella dell’”ICT management sostenibile”, cioè delle policy e dei processi ICT definiti prevalentemente dalla funzione IT/sistemi informativi delle aziende. L’obiettivo in questo caso è di trovare una coerenza con la strategia di sostenibilità dell’azienda, di garantire la compliance con leggi, norme, standard ISO, certificazioni nel campo della sostenibilità, di progettare un processo di IT financial management che dimostri la riduzione dei costi ICT ottenuta grazie alle ICT sostenibili prima descritte o che allochi i costi ICT ai centri di imputazione di sostenibilità dell’azienda (riduzione costi di energia o di trasporto), di calcolare nuovi IT KPI sostenibili (risparmi energetici dell’IT, customer&social value of IT), di definire policy di comportamento nell’utilizzo dell’ICT aziendale collegate a valori di sostenibilità, come per esempio il turn it off dei pc e di power management dei device mobili.

Il passaggio al terzo livello di sostenibilità in campo ICT/digitale introduce una forte attenzione alla componente applicativa, oltre che infrastrutturale, e quindi ai processi aziendali, spostandosi verso un concetto più ampio di «sistemi informativi sostenibili». Si tratta di applicativi che possono sostituire i viaggi e il trasferimento fisico del personale aziendale o ridurre la necessità di incontri di persona, diminuendo così i costi di viaggio e le emissioni di carbonio associate: video-audio-teleconferenze, sistemi di collaboration, virtual presence, virtual e augmented reality, computer vision & intelligent video recognition, sono esempi di applicazioni e strumenti ICT utili per questi scopi. Un’altra categoria di soluzioni e piattaforme software sono i sistemi ERP, SCM, CRM multicanale, on-premise o in cloud, o package verticali, configurati in modo tale da supportare processi aziendali gestionali sostenibili (per esempio il tracciamento e controllo della scadenza dei prodotti deperibili o per l’ottimizzazione dei percorsi di movimentazione delle merci o per l’eCommerce multicanale); ma anche i sistemi di data analytics a supporto delle decisioni di sostenibilità dell’azienda (ad es. le decisioni di manutenzione predittiva su impianti di produzione per ridurre sprechi e consumi energetici). Un’ultima categoria di sistemi applicativi fa riferimento al supporto e allo sviluppo di ecosistemi sostenibili, spesso basati su mobile app e API (interfacce di scambio dati), e finalizzate alla gestione di processi di filiera o all’integrazione con ecosistemi esterni per la riduzione degli sprechi alimentari, per la interconnessione a ONP, a sistemi sanitari di ehealth, a sistemi energetici e di trasporto/logistica.

L’ultimo livello di sostenibilità in campo ICT/digitale abbraccia l’intera azienda sostenibile da un punto di vista delle sue strategie, policy, infrastrutture/facilities, comportamenti e prassi digitali sostenibili e quindi responsabili.

Il percorso verso la Corporate Digital Responsibility

Pasini

Da oramai una decina d’anni si parla di Corporate Social Responsibility (CSR), ma in tempi più recenti (e oggi ancor di più con l’emergenza sanitaria in corso), il contesto del dibattito internazionale istituzionale, politico, sociale, economico, ambientale, medico-sanitario, sta facendo emergere una componente rilevante all’interno della CSR che possiamo definire Corporate Digital Responsibility (CDR). Un contributo emblematico molto recente[1], ha proposto una prima sistematizzazione dei concetti e degli aspetti sociali, ambientali, economici e tecnologici sottostanti. Una breve esemplificazione delle 4 categorie di aspetti può aiutare a comprendere la necessità di una consapevolezza e di una accountability della CDR a livello di vertici aziendali.

1. Gli aspetti sociali possono riguardare il garantire la protezione dei dati privati del personale, dei clienti, di tutti gli stakeholder aziendali (in compliance col GDPR), il promuovere la digital inclusion e ridurre il digital divide tra categorie diverse di personale aziendale, il promuovere practice socialmente etiche con la tecnologia, ad es. nei comportamenti sui social network o nel riutilizzo di PC e device mobili presso scuole o ONP o nell’impiegare le ICT per creare ambienti aziendali sicuri,  a norma contro le emergenze sanitarie e rispettosi della persona.

2. Gli aspetti ambientali riguardano (come visto prima) lo svolgimento di pratiche di riciclo responsabile delle tecnologie, di ammortamento e utilizzo razionale delle risorse tecnologiche (saturazione, virtualizzazione, clouding, materiali di consumo sostenibili), di adozione di policy di consumo energetico responsabile.

3. Gli aspetti economici fanno riferimento alla diffusione di applicazioni digitali che razionalizzino lo spostamento di cose e  persone (tramite processi interni ed ecosistemi intelligenti, come visto prima) o che promuovano un’automazione responsabile, soprattutto nella sostituzione o nell’augmentation del lavoro umano, oppure che fanno riferimento a pratiche di utilizzo responsabile delle forme digital-based di esternalizzazione delle attività aziendali, come quelle della GIG economy, o di rispetto dei diritti di proprietà degli asset digitali o di equa e corretta condivisione dei benefici del business digitale con la società, per esempio con una giusta tassazione internazionale.

4. Gli aspetti tecnologici, infine, si riferiscono ad assicurare la produzione e l’utilizzo di algoritmi di IA etici, il non impiego di tecnologie (sensori) e soluzioni (mobile app) in una modalità che possano nuocere a individui o imprese, l’implementazione di pratiche di cybersecurity responsabili, la progettazione di processi di data collection, data validation, data storage e data  distribution corretti e responsabili, in particolar modo dei clienti e del personale aziendale.

L’obiettivo di fondo della CDR è, all’interno della CSR, di sensibilizzare il top management sugli impatti e sulle opportunità dell’ICT e del digitale in una visione più ampia e sistemica della responsabilità e della sostenibilità, delineando anche un possibile percorso di maturità che oggi è solo iniziato.

Paolo Pasini è Associate Professor of Practice di Information Systems presso SDA Bocconi School of Management e Professore a contratto di Sistemi Informativi presso l’Università Bocconi.


[1] M. Wade, «Corporate responsibility in the digital era», MIT Sloan Management Review, 28 aprile 2020.

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