Interventi & Interviste
Tra piani d’azione e incertezza
In questi giorni stiamo tutti cercando il modo di affrontare un futuro che sembra completamente incerto. L’incertezza crea paura e questa, capace di prendere completamente il controllo della nostra mente e dei nostri pensieri, blocca l’energia, la proattività, il pensiero razionale.
Alla paura e all’incertezza, molti di noi rispondono con l’ottimismo. L’ottimismo è parte integrante della nostra natura: la ricerca ha dimostrato come il neuromodulatore dopamina migliora la capacità delle persone di pensare positivamente al loro futuro. Siamo più inclini a cambiare le nostre convinzioni quando ci vengono presentate informazioni positive sul futuro piuttosto che a rivederle quando le prove suggeriscono il contrario. Fin dai tempi antichi l’ottimismo (a volte un ottimismo irrealistico!) guida l’innovazione e la scoperta e fa sì che le persone investano nella loro professione, nelle relazioni e nella salute.
L’orientamento all’ottimismo ha un importante svantaggio: ci fa sottovalutare la probabilità di una possibile evoluzione negativa del nostro futuro, dei mercati e delle imprese. Di tanto in tanto il futuro ci coglie impreparati.
Per questo motivo, il punto di partenza per manager e imprenditori che pianificano di uscire dalla crisi deve essere una visione chiara e pragmatica, piuttosto che ottimistica, della realtà.
A parte le distorsioni dettate dall’ottimismo, le nostre decisioni sul futuro potrebbero essere pericolosamente guidate da un pensiero proattivo e deliberato che ci spinge a desiderare di appartenere a un gruppo o a una comunità. Questa cosiddetta «mentalità di gregge» ci fa copiare le risposte e le migliori pratiche dei nostri parigrado, delle aziende del nostro comparto e di altri individui che consideriamo come esempi. Imitare le reazioni di altre aziende di fronte all’emergenza sembra una scelta sicura (è stato testato da altri), facile (non c’è bisogno di elaborare una soluzione nuova) e può aiutare a salvare la faccia in caso di fallimento (abbiamo provato quello che tutto sommato era la cosa migliore da fare).
Anche se il ruolo delle strategie emergenti («troveremo la nostra via d’uscita») non può essere sottovalutato, l’improvvisazione e l’apprendimento attraverso il fare non è adatto a tutti i settori: il processo decisionale predittivo è un male particolarmente necessario per le industrie su larga scala e ad alta intensità di capitale.
L’attuale situazione richiede la dualità e la contemporaneità di due approcci: «Emergency Room» e «Business as going concern». In qualità di specialisti del pronto soccorso, imprenditori e manager monitorano quotidianamente i sintomi chiave e garantiscono la sopravvivenza delle loro attività: gestione della liquidità, rispetto delle nuove leggi, ricerca delle nuovi fonti di reddito (come hanno fatto alcuni alberghi offrendo servizi di lavanderia d’asporto), comunicazione con clienti, fornitori e dipendenti, raccolta sul campo di tutte le informazioni possibili per garantire reazioni immediate e decisive in vista di eventuali nuove emergenze. Contemporaneamente, è necessario preparare e iniziare ad attuare un piano d’azione per garantire la sopravvivenza e la crescita continua del business nei mesi e negli anni a venire. Un aspetto, quest’ultimo, che mette a dura prova le capacità decisionali di imprenditori e manager. C’è la necessità di decidere la forma futura di modelli di business vincenti, mentre il futuro appare piuttosto ambiguo. Quali modelli di business sopravvivranno? Torneremo a una situazione normale o quasi-normale? Come possiamo descrivere la situazione normale e se realmente vogliamo ritornarci?
La sfera di cristallo sarebbe stata essere utile, ma non in questa fase. Da decenni, l’industria del petrolio e del gas ha utilizzato la tecnica della pianificazione degli scenari per elaborare piani strategici a lungo termine ed eventuali piani di emergenza come risposta alla volatilità dei prezzi. Gli scenari sono descrizioni qualitative (ma supportate da dati) del futuro. Nei giorni scorsi abbiamo assistito a un evento storico: il prezzo del petrolio era negativo. Shell Oil, uno dei pionieri dell’applicazione della pianificazione di scenari alle imprese, da almeno due anni lavorava ad azioni strategiche nell’ipotesi di «prezzi del petrolio permanentemente bassi».
Immaginate ora di essere catapultati in un futuro prossimo, diciamo tra uno o due anni: come sarebbero i titoli di un sito web del vostro settore? Per un rapido inizio di pianificazione degli scenari potete provare a scrivere voi un paragrafo o due di un possibile articolo che descriva la situazione del vostro settore anche tra sei o diciotto mesi. Se avete più di un’idea e queste idee sono contraddittorie, significa che siete sulla buona strada! Dopo l’abbozzo di un primo scenario, mettete da parte la penna, rifocalizzatevi, e fate un altro tentativo con un articolo che descriva un’ambientazione del futuro completamente diversa, mettendo su carta le vostre idee più creative su ciò che può accadere al vostro settore o mercato. Di solito tre o quattro scenari esauriscono sia l’immaginazione sia il pensiero logico.
Durante i workshop di pianificazione degli scenari che organizziamo alla SDA Bocconi School of Management, i partecipanti sono motivati a essere innovativi e coraggiosi: Herman Kahn, pioniere della pianificazione degli scenari, ha scritto che «la storia è in grado di raccontare scenari che la maggior parte degli osservatori troverebbe poco plausibili non solo prospetticamente, ma a volte anche retrospettivamente».
Il coraggio è particolarmente importante per rendere conto degli eventi in fieri. Se avete già iniziato a riconoscere l’inevitabilità di alcune tendenze, è importante rimanere autentici e includerle in ogni scenario che preparerete, anche se queste tendenze potrebbero apparire particolarmente impegnative per il modello di business della vostra azienda.
Gli scenari contribuiranno certamente a tenere a bada i vostri pregiudizi di ottimismo. A metà degli anni Venti Winston Churchill scrisse del pericolo quasi inevitabile del nuovo conflitto globale: in un suo articolo condannava il prudente e ottimistico «comportamento da benintenzionati» di chi decideva di trascurare le prove evidenti di quanto stava per accadere e insisteva nell’utilizzare i vecchi approcci per affrontare i nuovi problemi.
Leggendo i vostri articoli di giornale futuristici ci si può chiedere: cosa dobbiamo fare ora, se uno di questi scenari diventerà la nostra realtà? Visto che gli scenari sono più di uno, le possibili risposte saranno molteplici.
Elaborare più scenari e creare più piani di emergenza potrebbe sembrare complesso – eppure sono convinta che questo sia un grande vantaggio. In primo luogo, se uno scenario diventa una realtà che richiede un approccio emergenziale, la vostra reazione sarà quella pianificata. In secondo luogo, i piani di emergenza potrebbero avere caratteristiche comuni: tutti i vostri scenari includono infatti eventi in fieri. In terzo luogo, potreste trovarvi a investire in opzioni reali: risorse, competenze, persone, reti, asset, nuovi business e che eventualmente vi aiuteranno ad attivare un piano B in caso di emergenza.
I piani d’azione, a loro volta, possono essere valutati con il cosiddetto «approccio della sfera di cristallo» – una tecnica presa in prestito dalla pianificazione militare. Ogni fase di un piano viene analizzata attraverso una sfera di cristallo immaginaria: vengono testate le ipotesi, vengono poste domande e dubbi (what if). La sfera di cristallo vi aiuta a individuare eventuali punti deboli che possono portare al fallimento delle vostre intenzioni e, in tal modo, a porvi rimedio.
Ricordiamo per concludere la descrizione di Platone della confusione, dell’incredulità e persino del dolore provato da un uomo costretto a guardare la luce della verità, e della sua volontà di voltarsi dall’altra parte e tornare alle sue sicure illusioni chiuse nella grotta. Scenari e piani d’azione onesti e privi di pregiudizi di ottimismo richiederanno certamente una certa resistenza, ma la buona notizia è che non dovrebbe essere uno sforzo individuale di un leader solitario. La raccolta di informazioni sul campo, lo sviluppo di scenari e piani d’azione, la creazione di un’eventuale organizzazione temporanea con nuovi ruoli, competenze e processi, la definizione congiunta delle priorità richiedono uno sforzo collettivo. È dunque fondamentale avere molti alleati che la pensano come te all’interno della tua azienda piuttosto che diventare un leader solitario stritolato «nella feroce morsa delle circostanze».