Interventi & Interviste

13/01/2020 Simona Scarpaleggia

Come ti cambio la cultura aziendale con la tecnologia

La digitalizzazione di molti settori, l’uso dell’intelligenza artificiale, la robotizzazione, la nascita frequentissima di startup sono fenomeni oggi diventati la norma, e naturalmente inducono accelerazioni e cambiamenti in tutti i campi, anche nei settori più consolidati e in qualche modo tradizionali

I nostri sono tempi di grande e veloce trasformazione. In qualsiasi ambito vediamo che le persone vivono, lavorano, si intrattengono e consumano beni e servizi con modalità e strumenti sempre più diversi dal passato. Vediamo che il mondo cambia a una velocità mai sperimentata.

La digitalizzazione di molti settori, l’uso dell’intelligenza artificiale, la robotizzazione, la nascita frequentissima di startup sono fenomeni oggi diventati la norma, e naturalmente inducono accelerazioni e cambiamenti in tutti i campi, anche nei settori più consolidati e in qualche modo tradizionali.

Si tratta di un processo che non possiamo fermare né evitare. E perché dovremmo? Il progresso tecnologico non va arrestato né ignorato; va piuttosto compreso e utilizzato al meglio. Le aziende devono quindi equipaggiarsi ed essere pronte a cogliere tutte le opportunità che possono derivare dall’adozione di nuove tecnologie o dalla collaborazione con altre organizzazioni attraverso diverse piattaforme.

Oggi molte aziende – pur nella consapevolezza che un cambiamento è necessario se si vuole rimanere sul mercato e se si vuole essere competitivi – fanno fatica a reinventarsi. Spesso accade che si effettuino investimenti importanti, assorbendo molte delle risorse finanziarie per adottare nuove tecnologie e conseguentemente cambiare cicli produttivi, modalità operative e talvolta persino il modello di business.

Purtroppo, però, molto frequentemente accade che questi ingenti investimenti non portino

i frutti sperati e le aziende si trovino a dover recuperare efficacia e competitività in un contesto di carenza di flussi finanziari. Malauguratamente, questo induce a draconiani recuperi d’efficienza attraverso riduzioni di personale e di costi operativi.

Una ragione importante per cui questo accade è che ci si focalizza troppo, se non esclusivamente, sulla tecnologia e troppo poco, se non per nulla, sulle persone.

I responsabili delle organizzazioni tendono a credere che nuove e rivoluzionarie tecnologie siano di per sé l’innesco, il motore e il veicolo del cambiamento e il fattore primo dell’implementazione di una nuova strategia. Essi devono sapere, invece, che molti degli investimenti in tecnologia corrono il rischio di essere vanificati se non sono accompagnati da complementari e sinergici investimenti sulle persone. Un approccio troppo tecnocratico rischia di far perdere grandi opportunità.

Ci sono tre elementi da considerare per fare in modo che le persone possano contribuire al successo degli investimenti: la psicologia delle persone che induce una resistenza al cambiamento, le nuove competenze e capacità necessarie e la cultura aziendale.

Partiamo dall’elemento psicologico. Non possiamo fare a meno di riconoscere che cambiamenti così grandi e così veloci creino un senso di ansia, timore, inadeguatezza al lavoro. Esiste il rischio concreto che le persone tendano a irrigidirsi e a resistere a questo cambiamento oppure ad assumere un atteggiamento passivo e rassegnato. Entrambe le fattispecie porterebbero conseguenze negative. In questo caso, i leader devono essere in grado di comprendere i timori e le resistenze e creare un ambiente di lavoro dove le persone si sentano comprese, sfidate ma non minacciate. Oggi più che mai è importante che si risveglino e aggreghino energie verso uno scopo comune: questo può essere la missione aziendale, il contributo che l’azienda può dare alla società o la stessa efficace introduzione di una nuova tecnologia. Le persone non devono sentirsi sole e sconfitte dalle macchine; devono piuttosto sentirsi in grado di lavorare meglio e crescere professionalmente grazie alle macchine.

Qui entra in gioco il secondo elemento da considerare quando si investe in nuove tecnologie: le competenze e capacità. Adeguati investimenti in addestramento, formazione e riqualificazione sono e saranno sempre più necessari per avere una forza lavoro all’altezza delle necessità operative e gestionali. Inoltre, consentiranno di utilizzare tutto – o quasi tutto – il potenziale degli investimenti in tecnologia.

Infine occorre considerare e fare leva sulla cultura aziendale. La cultura di un’organizzazione in tempi di cambiamento diventa l’elemento unificante e rassicurante, descrive il sistema di valori condivisi cui le persone continueranno a fare riferimento, nel quale ritroveranno la loro cifra identitaria e la loro appartenenza. Quando si tratta di mantenere motivazione e spirito di squadra – così necessari in tempi di cambiamento – la cultura e i valori sono più importanti e più forti di qualsiasi addestramento o discorso o processo. La cultura influenza le attitudini: nessun cambiamento è facile, ma è stupefacente e affascinante vedere come le difficoltà si possano superare quando le si affronta con un’attitudine positiva. Inoltre, c’è un altro aspetto da considerare: i contenuti che il messaggio culturale veicola, diffonde ed elegge a riferimento. IKEA, per esempio, lavora da decenni con il concetto di «democratic design», una formula che prevede la coesistenza di 5 fattori (forma, funzione, qualità, sostenibilità e prezzo basso) per qualificare i suoi prodotti. Tuttavia, è da quando è iniziata un’opera di più ampia diffusione di questo concetto – attraverso pubblicazioni, convegni, podcast e altri eventi – che i comportamenti sono significativamente cambiati sia nel design dei prodotti, nella definizione della supply chain, nel modo in cui i collaboratori propongono le soluzioni d’arredo, nel modo in cui gli stessi clienti vedono l’assortimento di IKEA.

Le persone sono la linfa delle organizzazioni. Le aziende che saranno in grado di mettere le persone al centro del loro processo di trasformazione tecnologica saranno quelle che non solo resteranno sul mercato, ma che in esso prospereranno.

Simona Scarpaleggia è Head of the global Initiative The Future of our Work presso INGKA Group (IKEA)

Tecnologia-cultura