Pagine & numeri
Internet si trasforma
Per capire meglio le trasformazioni in corso nel mondo di chi fa marketing e business è utile soffermarsi sul contesto e sugli scenari di innovazione tecnologica nei quali queste trasformazioni si inseriscono e indagare il modo in cui i cambiamenti e il contesto si influenzano reciprocamente.
Punto di partenza è prendere atto della diffusione globale, non immaginabile fino a pochi anni fa, di Internet. La rete è diventata mainstream, un vero e proprio standard per comunicare e accedere a strumenti di computing, contenuti e risorse, persino in parti del mondo dove scarseggiano altri servizi legati in maniera più immediata ed elementare alla qualità della vita individuale e sociale. Oggi tramite Internet è possibile raggiungere, in modi diversi, quasi metà della popolazione globale (Figura 2.1). Circa due miliardi e mezzo di utenti usano i social media: di questi quasi due miliardi via mobile. Lo smartphone è la tecnologia più velocemente adottata di sempre e i tassi di crescita più alti sono in India e Cina[1].
Le nuove generazioni usano estensivamente i social media: in particolare, oltre a Facebook, nuove piattaforme basate sullo scambio di visual (immagini e video) come Snapchat e/o di messaging e incontro veloce, soprattutto in mobile. Questa modalità di comunicazione istantanea è ancora più rilevante per la generazione Z (i nati a partire dalla seconda metà degli anni Novanta) che per la generazione dei millennial. I più giovani infatti utilizzano mediamente cinque schermate contemporaneamente invece delle due dei loro peer della generazione precedente.
L’evoluzione dei servizi disponibili su Internet ha cambiato radicalmente la natura di molte delle attività di consumo ed economiche tradizionali. Il retail ecommerce globale vale circa 2 miliardi di dollari[2]. Il digitale ha anche avuto un grande impatto sul mondo dei contenuti, che sono fruiti sempre più in modalità non lineare, visual e in streaming live. Nel 2015 sono state scambiate il doppio di foto rispetto al 2014, la metà su piattaforme Facebook.
Le audience televisive tradizionali stanno trasformandosi in pubblici e utenti di servizi più complessi e digitali: stanno abbandonando i canali broadcasting con la loro programmazione lineare e oraria a favore di una «TV a qualunque ora e in qualunque luogo» (Figura 2.2). Il 55 per cento degli utenti nel mondo (in particolare i millennial) preferisce servizi on demand, secondo il report TV and Media 2016 di Ericsson Consumerlab. Tra gli attori leader in questa trasformazione ritroviamo i campioni del digitale a tutto tondo, come Amazon, Apple, Google e Facebook.
Si sta facendo strada il modello Netflix, basato sull’offerta di pacchetti customizzati di contenuti, anche originali, guidati dall’intelligence sui (big) dati dell’utenza. Questi modelli, basati sulla cattura ma anche sul controllo dei dati degli utenti (e quindi della relazione con essi), spingono anche le nuove aggregazioni di offerta: come nel caso di Apple, che permette attraverso la sua app di navigare i contenuti anche di terze parti senza uscire dal suo walled garden.
La trasformazione in corso riguardo a cosa è e cosa permette di essere Internet è direttamente legata allo sviluppo di ciò che viene chiamato l’Internet delle cose (Internet of Things, IoT). Con questo termine si può intendere la rete che collega tutti i punti di materialità che abbiano capacità di computing (smart device, smart ambient, wearable fitness trackers, la smart car, la casa intelligente, i droni ecc.) in grado di arricchire le possibilità di cattura, processamento e distribuzione dei dati locali e dinamici[3].
Una diversa opzione, come propongono Nansen e i suoi colleghi, è il considerarlo come un nuovo modo di concepire i luoghi sociali e le comunità di pratica, generati e ricreati continuamente dall’interazione tra questa materialità, l’umano e il dato. Questa accezione ci è utile nel discutere i nuovi modi di concepire e disegnare i percorsi di incontro tra l’azienda/la marca e gli attori di mercato[4].
L’IoT è alla base di nuovi servizi basati sulla sensorizzazione ubiqua e la possibilità di generare value proposition personali, dinamiche e contestualizzate per il consumatore, anche attraverso smart agent potenziati di capacità di servizio adattiva attraverso software di intelligenza artificiale (AI)[5], ma è anche il fondamento della cosiddetta Quarta Rivoluzione Industriale, cioè il paradigma industriale basato sui cyber-physical systems, i sistemi che generano nuove capacità produttive integrando dinamicamente la materialità delle macchine e delle cose con la virtualità dell’informazione (machine-to-machine).
Anche se la diffusione di questi sistemi si trova ad affrontare sfide importanti dal punto di vista dei costi, della redistribuzione del potere, degli standard, dei protocolli, delle infrastrutture e della sicurezza (oltre che della privacy), le potenzialità legate a questo trend in seno all’economia digitale sono ormai indiscutibili[6].
[1] KPCB (2016).
[2] Anche in Italia l’e-commerce è finalmente partito e sta cominciando a influenzare cambiamenti in molti settori. Secondo gli Osservatori del Politecnico di Milano, l’e-commerce in Italia nel 2016 valeva circa 20 miliardi di euro, con una crescita annuale del 18 per cento: Osservatori.net (2016).
[3] Una versione più elaborata è quella proposta da Altimeter Group (2015), che definisce l’IoT come «l’interconnessione e interazione del mondo fisico e di quello digitale, all’interno del quale una tecnologia incorporata identificabile in modo univoco integra e connette gli “oggetti” fisici ai network informativi attraverso le infrastrutture Internet esistenti ed emergenti. L’IoT è una piattaforma per connettere persone, oggetti e ambienti per informare e favorire visibilità, innovazione ed engagement» (traduzione mia).
[4] Nansen et al. (2014).
[5] Si veda il Capitolo 7 in cui trattiamo i temi dell’adaptive service, dell’adaptive content e dell’adaptive retailing.
[6] IBM HorizonWatch (2016).