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Libri scelti da Marcello Foa
Marcello Foa (Milano, 1963) cittadino italiano e svizzero, è Direttore generale e Amministratore delegato del gruppo svizzero mediaTI Holding e del Corriere del Ticino. Laureato in Scienze politiche all’Università degli Studi di Milano, assunto al Giornale da Indro Montanelli come responsabile degli Esteri, è un analista ed editorialista di politica internazionale, con particolare attenzione alle questioni geostrategiche per Russia, Francia, Germania, Turchia, Stati Uniti. Docente di giornalismo all’Università della Svizzera Italiana, è vicepresidente dell’associazione Asimmetrie, fondata dall’economista Alberto Bagnai.
Sto leggendo tre libri in contemporanea: Guerra e Pace di Lev Tolstoj, strepitoso nella prosa e folgorante nell’analisi di quanto stiamo vivendo oggi. Poi Il nome di Dio è misericordia, dove il vaticanista Andrea Tornielli ha raccolto le riflessioni di Papa Francesco. Infine Rimetti a noi i nostri debiti, di Luca Ciarrocca, un giornalista indipendente che ha una visione anticonformista ed eticamente liberale dell’economia e, soprattutto, della finanza.
Ciarrocca propone una tesi che condivido, come giornalista e come manager: non potrà esservi ripresa e sviluppo senza abolire, cancellare, rimettere il debito pubblico, che soffoca la crescita e impoverisce i cittadini.
L’attitudine a leggere libri in parallelo nasce dalla fortuna che ho avuto, di crescere in parallelo tra due culture, la Svizzera e l’Italia, un ambiente che mi ha esposto a contaminazioni ancor più internazionali. Seguendo le orme di mio padre, bocconiano di scuola einaudiana e che di mestiere faceva il manager, dopo il liceo m’iscrissi alla Bocconi ma dopo pochi mesi mi parve che quella non fosse la mia strada. Così, mi laureai in Scienze politiche alla Statale di Milano, quando però avevo già iniziato a fare il giornalista, a Lugano, prima alla Gazzetta ticinese e poi al Giornale del Popolo. A distanza di anni e delle frasi fatte posso davvero dire che furono esperienze davvero formative. Soprattutto, mi dettero un’opportunità unica, anzi due: iniziare a occuparmi di vicende internazionali in maniera non conformistica e potermi presentare a soli 26 anni con una laurea e soprattutto già 5 anni di esperienza lavorativa. Fu così che nel 1989 fui assunto al Giornale realizzando il mio sogno d’infanzia: Indro Montanelli era infatti il mio idolo. E mi offri il posto di viceresponsabile degli Esteri del Giornale, nominandomi poco dopo caporedattore. Così, a 26 anni, mi trovai in una condizione incredibile: ogni giorno, dopo aver parlato con personaggi del calibro di Vittorio Dan Segre, François Feijto e Alberto Pasolini Zanelli, scendevo in riunione e seduto al tavolo con Montanelli, Mario Cervi, Egisto Corradi, Gian Galeazzo Biazzi Vergani, indicando come sarebbero state le pagine degli esteri del giorno successivo. A pensarci mi tremano ancora i polsi!
I libri che mi hanno segnato risentono felicemente dell’esperienza di quegli anni, oltre che di quelli dell’adolescenza, e per me rappresentano dei punti di riferimento ancora assoluti, di un modo di ragionare fuori dagli schemi e soprattutto dal conformismo di massa. Per questo continuo a proporli ai miei studenti, nei corsi che tengo all’Osservatorio Europeo di Giornalismo e all’Università della Svizzera Italiana: perché credo che siano molto formativi, soprattutto diano strumenti per farsi opinioni proprie. Fra questi non posso dimenticare Il montaggio di Vladimir Volkoff, un incredibile romanzo di spionaggio dove l’ironia si scontra con il terrore e il dubbio che i servizi segreti delle grandi potenze del 900 abbiano forgiato anche dinamiche sociali in apparenza spontanee prende una dimensione reale. Volkoff ha spiegato bene come il KGB s’infiltrava nella cultura occidentale, usando gli strumenti della manipolazione e dei massi media ispirati dalla grande lezione strategica di Sun Tzu, il generale cinese autore dell'Arte della Guerra, altro libro per me insuperabile.
D’altra parte anche Gli intellettuali e la CIA di Stonor Saunders resta una delle più lucide fotografie di come la CIA riuscì a fare contropropaganda all’influsso sovietico in occidente. A proposito di propaganda, non posso non citare due libri con questo titolo: Propaganda, di Jacques Ellul e di Edward Bernays. Nella differenza di riferimenti e delle intenzioni, la loro tesi è molto semplice: quando la tecnologia supera ogni cultura e società il risultato non è la libertà ma la propaganda, ai fini della manipolazione delle coscienze e della formazione dell’uomo. Un concetto del resto analizzato molto bene anche dal generale Fabio Mini, introducendo in Italia un libro di strategia cinese poco noto ma fondamentale, Guerra senza limiti.
Tornando al mio percorso, nell’estate del 2010 le impressioni giovanili si dimostrarono errate: lasciai infatti il Giornale e la direzione del suo sito internet per assumere prima il ruolo di direttore generale e poco dopo quello di amministratore delegato del gruppo editoriale svizzero Ti Media (oggi mediaTI) e di una testata importante come il Corriere del Ticino. Per fortuna, la mia cultura manageriale negli anni si era giovata della relazione dell’amicizia con esponenti importanti del mondo dell’impresa e dell’economia. Fra questi Gianni dell’Orto, uno dei più importanti head hunter, da cui ho appreso insegnamenti preziosi, ma anche Alberto Pirelli, Antonio Cressi, Alberto Siccardi, fondatore di Medacta, il finanziere svizzero Tito Tettamanti; colleghi di grande visione come Ferruccio de Bortoli o di straordinaria saggezza come Vittorio Dan Segre.
Così, negli anni la mia biblioteca di economia e management è cresciuta, dai classici Ricardo, Adam Smith e Federico Caffé fino ad arrivare a un pensatore anticonformista come Alberto Bagnai, che mi ha offerto la vicepresidenza del centro di studi economici Asimmetrie.
Sia come giornalista che come manager ho imparato che a far la differenza è l’Uomo e, per chi ricopre il ruolo di amministratore delegato, è il coraggio di anteporre logiche di potere e di mero ritorno personale al desiderio di ricercare e di valorizzare il talento all’interno della propria squadra, come insegna un classico che adoro come Napoleon Hill. E quando la squadra brilla, in armonia, l’azienda prospera, sa adeguarsi al cambiamento ed è pronta ad affrontare qualunque stagione.
(testo raccolto da Walter Mariotti)