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Viaggio nel sistema bancario indiano
Il sistema bancario indiano sta assistendo negli ultimi anni a un rapido sviluppo e rappresenta, tra le economie emergenti, uno dei mercati con il più alto tasso di crescita in termini sia assoluti sia relativi[1]. Nel periodo 2007-2018 il volume dei prestiti bancari, sostenuto da una forte crescita economica sistemica, dall’aumento del reddito pro-capite e da un più facile accesso al mercato creditizio, è cresciuto a un CAGR (Compound Annual Growth Rate) del 10,94 per cento, raggiungendo nel primo trimestre 2019 un valore di 1290,68 miliardi di dollari. Nello stesso periodo i depositi sono cresciuti a un ritmo superiore, a un CAGR dell’11,66 per cento e con un volume totale a marzo 2019 pari a 1688,54 miliardi di dollari. Oltre alla crescita del reddito disponibile e della propensione al risparmio, per questi ultimi ha inciso l’accresciuta accessibilità al sistema bancario per le aree più periferiche del Paese.
Il credito bancario è rivolto principalmente alle attività statali piuttosto che al settore privato. L’India, infatti, investe circa il 6 per cento del proprio PIL, pari 2597 miliardi di dollari nel 2017, in opere infrastrutturali e tale dato è atteso in crescita: l’Union Budget 2018-2019 prevede nuovi investimenti in infrastrutture per 772 miliardi di dollari.
Nonostante la forte domanda pubblica, il mercato del credito retail indiano è il quarto più grande tra le economie emergenti, con un valore di 281 miliardi di dollari a dicembre 2017. Per quanto limitato in termini assoluti, risulta in grande espansione il fenomeno del microcredito: si tratta di prestiti di importi molto contenuti concessi a individui che tipicamente non sono in grado di fornire le adeguate garanzie creditizie, quali collaterals, un impiego stabile e una credit history verificabile. Il volume del microcredito ha visto un incremento del 38 per cento year-over-year nel 2018, raggiungendo il valore di 2,94 miliardi di dollari a maggio dello scorso anno.
In termini di numeri il sistema conta 27 banche pubbliche, 21 banche private, 49 banche straniere, 56 banche rurali regionali, 1562 banche cooperative urbane e 94.384 banche cooperative rurali, oltre a una moltitudine di istituzioni di credito cooperativo che operano su base locale (dati FY17).
All’interno di questa struttura le banche pubbliche detengono il 66,03 per cento del totale degli asset, le banche private il 28,28 per cento e le banche straniere il 5,69. Il volume totale degli asset bancari è pari a 2358,15 miliardi di dollari e presenta un CAGR del 7,01 per cento nel periodo 2013-2018 (fonte RBI, Reserve Bank of India).
Dando uno sguardo all’aspetto economico-patrimoniale, il settore bancario indiano mostra indicatori di salute che si riflettono in primis in un alto margine d’interesse. Durante il decennio 2009-2018 gli interessi attivi e la voce «altri ricavi» sono cresciuti allo stesso CAGR pari al 7,50 per cento, mantenendo l’income-mix stabile, con i primi che rappresentano in termini assoluti l’83 per cento dei ricavi del settore.
Figura 1 Andamento depositi e prestiti (miliardi di dollari)
Figura 2 Totale asset settore bancario (miliardi di dollari)
Il rapporto prestiti/depositi è in riduzione nel periodo 2012-2018, con un effetto positivo sulla stabilità del sistema.
Nello stesso periodo il return on assets è in crescita per tutto il settore, ma assume valori significativamente superiori per le banche private e le banche straniere: tali condizioni favorevoli hanno spinto diverse istituzioni bancarie internazionali ad avviare la propria attività in territorio indiano. Tra i player finanziari italiani che vantano una presenza nel territorio indiano troviamo, per esempio, Gruppo Assicurazioni Generali, tramite la venture assicurativa con l’indiana Future Group, nonché sussidiarie locali di Unicredit Group, Intesa SanPaolo, UBI Banca, Banco BPM e Banca Monte Dei Paschi.
Alcune tendenze recenti
L’India, dopo avere passato indenne i primi anni della crisi economica globale, ha sperimentato una significativa fase di congiuntura negativa nel 2013, che è stata accompagnata da un crollo della Rupia, da un picco del deficit commerciale e da un netto calo delle previsioni di crescita del PIL (pur rimanendo ampiamente al di sopra dei valori europei).
Nonostante la crescita sia ora ripresa, il settore finanziario ha assistito negli ultimi anni al sorgere del problema dei non performing loans (NPL), che nel 2017 hanno raggiunto un’incidenza del 9,3 per cento, rispetto al minimo storico del 2,3 per cento registrato nel 2011. Gli NPL indiani, aspetto peculiare, sono per la maggior parte concentrati nei bilanci delle banche pubbliche, controllate dallo Stato, le quali negli anni recenti sono state incoraggiate a concedere prestiti alle aziende del settore delle infrastrutture, per sostenerne la crescita. Questo settore, tuttavia, si è rivelato rischioso a causa dei grandi volumi coinvolti e delle tempistiche di ritorno dell’investimento spesso incerte.
Il governo indiano, che storicamente si è mostrato tutt’altro che reticente a effettuare occasionali iniezioni di capitale pubblico per sostenere il settore bancario, sta ora affrontando il problema spingendo l’acceleratore sul consolidamento del sistema. Le banche pubbliche, infatti, sono spesso inefficienti e costose, e il consolidamento può portare sinergie, economie di scala e diversificazione del rischio, permettendo inoltre di far fronte alla crescente competizione dovuta all’ingresso nel mercato di banche straniere.
La stabilità del sistema bancario indiano è garantita anche dal focus sempre maggiore da parte della Reserve Bank of India sull’adozione di un approccio integrato al risk management: le istituzioni indiane si sono già allineate alle previsioni di Basilea II e nel 2019 è fissata la scadenza per l’adeguamento in materia di requisiti minimi di capitale previsti da Basilea III. Con l’adozione di Basilea anche le banche indiane hanno iniziato a sviluppare metodi avanzati di risk management per la gestione del credito, di prodotti finanziari derivati e per il matching delle attività/passività.
La svolta digitale
In termini di presenza territoriale, in India, solo il 5 per cento dei 600.000 villaggi rurali dispone di una filale bancaria. L’accessibilità al sistema bancario è migliorata negli anni recenti grazie al persistente sforzo del governo indiano di promuovere le tecnologie bank-related, quali il mobile banking, internet banking, e sistemi di pagamento digitali. Il sistema IMPS (Immediate Payment Service), per esempio, è l’unico ad avere ricevuto il livello 5 nel Faster Payments Innovation Index (FPII). A settembre 2018 i dispositivi ATM presenti sul territorio indiano ammontavano a 205.866 unità, con una crescita stimata attorno alle 407.000 unità entro il 2021.
Oltra alla spinta per la digitalizzazione, il governo indiano ha lanciato diverse politiche di inclusione finanziaria e promozione della competizione nel settore, facilitando l’ottenimento della licenza bancaria, permettendo ai player locali di creare payments banks (banche che sono autorizzate solamente ad accettare depositi senza poter emettere carte di debito o credito) e small-finance banks (banche locali che sono in gradi di fornire servizi finanziari basici a settori economici e sociali scarsamente serviti). In un mondo rurale dove solamente il 40 per cento della popolazione adulta possiede un conto corrente e dove le pratiche di prestito prevedono tassi spesso superiori al 30 per cento, questo sviluppo rappresenta un’opportunità molto interessante.
Lo sforzo di semplificazione normativa, tra cui le nuove norme per la ristrutturazione del credito e per la gestione degli NPL, la revisione dell’Insolvency and Bankruptcy Code e il permesso di creare sussidiarie locali possedute al 100 per cento, rende più facile l’accesso anche per le banche straniere.
Tra le iniziative governative, va sicuramente ricordato il Pradhan Mantri Jan Dhan Yojana, un programma di inclusione finanziaria lanciato dal governo indiano nel 2014, con l’obiettivo di incrementare l’accessibilità a servizi finanziari, conti correnti, assicurazioni, pensioni e strumenti creditizi per individui che sarebbero altrimenti esclusi dal canale bancario per requisiti e per questioni geografiche. A settembre 2018 sotto tale programma sono stati aperti 336,6 milioni di conti per 11,96 miliardi di dollari (fonte: Indian Bank’s Association). Nello stesso mese il Department of Financial Services (DFS), il Ministero delle Finanze e il National Informatics Centre (NIC) hanno lanciato la app mobile Jan Dhan Darshak per aiutare le persone a localizzare i servizi finanziari sul territorio.
Per quanto riguarda il mercato M&A bancario indiano, il volume totale di deal finanziari è in crescita e nel 2017 è stato pari a 2746 milioni di dollari, di cui il 93,4 per cento ha riguardato NBFCs (Non Banking Financial Companies), il 3,8 per cento l’area dei servizi finanziari diversificati e il 2,9 per cento il settore bancario. È significativo il fatto che il più grande deal del 2017 abbia riguardato il settore microfinance, con la fusione di Bharat Financial Inclusion Limited in IndusInd Bank Limited, due player con una presenza capillare nel territorio in particolare nelle aree rurali del Paese.
I driver di crescita
I driver di crescita del settore bancario indiano per i prossimi anni sono solidi. Da un punto di vista economico-sociale, le previsioni demografiche in crescita per la fascia di popolazione tra i 15 e i 64 anni, l’aumento del reddito pro-capite nelle aree urbane e del reddito reale per la popolazione rurale accresceranno il numero di potenziali clienti. Clienti che potranno essere più facilmente raggiunti grazie a un continuo investimento in tecnologie bancarie da un lato e all’aumento della tele-density dall’altro (nel 2018 il dato nell’India rurale è pari al 59,05 per cento). L’accrescimento del benessere si accompagna all’aumento della domanda di mutui ipotecari per acquisto di immobili, in particolare nel segmento medio-basso, e alla domanda di credito nel segmento personal finance.
La stabilità economica (PIL in crescita, con una stima del 6,6 per cento nel 2019) e strutturale, e una politica monetaria credibile da parte della RBI rendono anche le condizioni macroeconomiche favorevoli.
In questo contesto rimane fondamentale il supporto governativo, che passa attraverso l’applicazione di una regolamentazione oculata, in grado di mediare la diffusione bancaria locale con la necessità di gestire e limitare l’autonomia operativa delle singole unità locali, gestendo il processo di consolidamento del sistema e pianificando iniezioni di capitale mirate.
(Gimede Gigante è Academic Director della Bocconi Summer School e Vice-Director del Corso di Laurea in Economia e Finanza dell’Università Bocconi. Lecturer del Dipartimento di Finanza in Bocconi. Dal 2014 è docente di Investment Banking presso lo SDA Bocconi Asian Center di Mumbai (India).
Andrea Locatelli è Teaching Fellow Bocconi per il Dipartimento di Finanza ed Executive Assistant del CEO in Schindler SpA)
[1] Per le fonti dei dati qui presentati si vedano: https://www.ibef.org/industry/banking-india.aspx; https://www.ey.com/Publication/vwLUAssets/EY-global-banking-ma-themes-2018/$File/EY-global-banking-ma-themes-2018.pdf; https://www.iba.org.in/.