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See now, buy now: mito o realtà?
Il fenomeno del see now buy now (SNBN), ovvero dell’immediata disponibilità per la vendita al pubblico di capi e articoli dopo le sfilate, è stato ampiamente dibattuto, sia per analizzare le sue origini, sia per spiegare le motivazioni a favore e le ragioni di chi si oppone a questo recente approccio.
Pochi si sono però soffermati a descrivere le diverse modalità con cui viene realizzato il SNBN, a individuarne le implicazioni a livello di processi gestionali e soprattutto a indagare la reale diffusione di questo nuovo approccio.
I brand analizzati
Per rispondere a queste domande è stata condotta un’analisi su un campione di brand, le cui collezioni sono state osservate da febbraio 2015 a febbraio 2017, considerando cinque stagioni, ovvero cinque periodi di sfilate (rappresentati dalle Fashion Week).
I brand selezionati corrispondono a quelli con più alte quote di mercato (2015) secondo le classifiche di Euromonitor International[1], appartenenti ai settori del Designer Apparel and Footwear e dei Luxury Leather Goods, quindi con riferimento ai segmenti più alti del mercato: sono questi infatti i brand che sfilano nelle settimane più prestigiose.
Il campione è composto da 50 brand che hanno partecipato ad alcune o a tutte le Fashion Week[2] (Milano, Londra, Parigi, New York) negli anni indicati con le loro collezioni uomo, donna o bambino, riportati nella Tabella 1.
Tabella 1 Il campione (brand ordinati secondo la quota di mercato)
Louis Vuitton |
Kate Spade |
Hogan |
Ralph Lauren |
Marc Jacobs |
Valentino |
Michael Kors |
Tod’s |
Jimmy Choo |
Gucci |
Givenchy |
Canali |
Hugo Boss |
Miu |
Balenciaga |
Coach |
Tory Burch |
MaxMara |
Prada |
Céline |
Roger Vivier |
Hermès |
Fendi |
Paul Smith |
Burberry |
Loewe |
Brioni |
Calvin Klein |
Moncler |
Sandro |
Giorgio Armani |
Dolce & Gabbana |
Liu Jo |
Chanel |
Christian Dior |
Emilio Pucci |
Salvatore Ferragamo |
Ermenegildo Zegna |
Berluti |
Bottega Veneta |
Kenzo |
Mulberry |
Donna Karan |
Lacoste |
Brunello Cucinelli |
Yves Saint Laurent |
LONGCHAMP |
Chloé |
|
Versace |
La Perla |
Le informazioni relative alle collezioni sono state tratte dai siti ufficiali e dalle principali riviste di moda, come Business of Fashion, Vogue, Fashion Network, Fashionista ecc.
Elaborando le informazioni relative alle collezioni dei brand selezionati, si sono evidenziate diverse modalità di implementazione del modello SNBN, ovvero:
- l’intera collezione è disponibile per l’acquisto subito dopo la sfilata;
- solo una parte della collezione (in genere pochi articoli) è disponibile per l’acquisto subito dopo la passerella; la maggior parte della collezione raggiunge le boutique dopo sei mesi (le aziende rimangono quindi allineate al tradizionale calendario della moda).
L’implementazione del SNBN
Dei brand analizzati, soltanto quattro (Burberry, Ralph Lauren, Kate Spade e Mulberry) offrono da subito l’intera collezione (in realtà Mulberry ha comunicato nel 2017 che avrebbe adottato questo approccio a partire da febbraio 2018). Brioni ha proposto il SNBN soltanto per una collezione, a luglio 2016, con lo scopo di dare immediata visibilità alla nuova direzione creativa di Justin O’Shea; quando il designer è stato licenziato, il sistema tradizionale è stato subito ripristinato. Altri sette brand (Louis Vuitton, Michael Kors, Hugo Boss, Prada, Tory Burch, Ermenegildo Zegna e Max Mara) propongono una selezione ristretta di capi/articoli subito disponibili dopo la sfilata. Altri 16 brand offrono durante l’anno delle capsule collection, cioè piccole collezioni create per particolari eventi/occasioni), sganciate però dalle sfilate. I restanti 22 seguono il modello tradizionale.
Le ragioni di questa scarsa diffusione possono essere principalmente rinvenute in tre aspetti molto pratici: in primo luogo, la complessità dell’implementazione di questo approccio a 360 gradi; in secondo luogo il funzionamento della filiera, intesa come sistema di produttori ma anche delle organizzazioni fieristiche, ancora legata alle tempistiche tradizionali; da ultimo l’esistenza di altri strumenti idonei a soddisfare le esigenze di consumatori sempre più connessi e avidi di novità. Consideriamoli con più attenzione.
Il caso Burberry
L’essere realmente pronti con l’intera collezione disponibile subito dopo le sfilate presuppone non solo un’anticipazione di alcune attività ma una loro diversa tempistica e modalità di realizzazione, come il caso Burberry insegna. A febbraio 2016 Burberry ha annunciato la combinazione delle collezioni Womenswear e Menswear in un’unica sfilata, presentata nelle due stagioni, e la disponibilità immediata degli articoli per l’acquisto dopo questi show. Al fine di allinearsi con il calendario dei clienti/consumatori, le due collezioni sono state etichettate per mese anziché per stagione, quindi chiamate «settembre» e «febbraio» anziché «autunno/inverno» e «primavera/estate». Anche se la sfilata ha avuto luogo durante la settimana della moda primavera/estate 2017, Burberry ha presentato una collezione in sintonia con la stagione imminente, dal momento che i nuovi look sarebbero stati da subito disponibili. La prima sfilata SNBN, tenutasi il 19 settembre 2016, è stata trasmessa in diretta sui social media, come Facebook, YouTube e WeChat, e in streaming in sette città (Parigi, Milano, Zurigo, Londra, New York, Los Angeles e Vancouver).
La collezione era composta da 83 look per uomo e donna. I capi erano disponibili nei flagship del brand, sul sito e presso una serie di partner multibrand fisici, tra i quali Barneys New York, Colette e DFS Group, e anche online, come Selfridges.com e Mytheresa.com. Per arrivare a questa proposta, Burberry ha implementato una radicale cambiamento nel suo ciclo di sviluppo, produzione, distribuzione e marketing, sintetizzato nella Tabella 2.
Tabella 2. Il processo di sviluppo e presentazione delle collezioni in Burberry (a partire dalla collezione settembre 2016)
Elementi chiave |
Collezione e tempistiche |
Motivazioni
|
Collezione |
250 articoli per 83 look, in realtà inter-stagionali e invernali |
Non si possono vendere capi decisamente estivi ai clienti finali a settembre |
Design |
Lo sviluppo della collezione è cominciato a gennaio 2016 (rispetto al tradizionale maggio) |
Perché i fornitori devono essere allertati e poi pronti in anticipo |
Campionario |
Pronto tre mesi prima dello show |
Per poter effettuare la presentazione alla stampa e ai buyer |
Presentazione ai buyer e alla stampa |
In luglio, a porte chiuse |
Per far conoscere la collezione alla stampa e ricevere gli ordini dai distributori |
Fonte: elaborazione da Limei Hoang, «How Burberry is operationalising “See now, Buy now”», BusinessOfFashion.com, 17.9.2016
Secondo il ciclo tradizionale, Burberry avrebbe dovuto iniziare a progettare la collezione primavera/estate 2017 a maggio, per realizzare lo show a settembre. Ma il team di progettazione ha iniziato a lavorare a gennaio, per avere i campionari disponibili con molto anticipo rispetto allo show, momento nel quale la produzione stagionale avrebbe dovuto già essere disponibile.
Pertanto, l’azienda ha dovuto costruire una supply chain più agile e veloce, e la collaborazione con i partner della supply chain è diventata fondamentale, al fine di gestire i tempi di consegna e rispettare le scadenze per la produzione. Poiché lo sviluppo della collezione viene realizzato in gran parte internamente, la società è stata in grado di gestire questi cambiamenti di tempistica e di evitare «fughe di notizie», assicurando l’elemento sorpresa sulla passerella.
Infatti, Burberry ha creato uno showroom privato presso la sua sede di Londra per mostrare la collezione, compresi articoli di abbigliamento e accessori, ai suoi principali acquirenti e alla stampa internazionali durante il mese di luglio. Gli ospiti dovevano rispettare l’obbligo di riservatezza così hanno firmato accordi di non divulgazione.
Una volta che gli acquirenti wholesale hanno effettuato gli ordini, Burberry ha avviato la produzione e gli ordini sono stati spediti ai rivenditori in tutto il mondo prima della sfilata.
Un SNBN «ristretto»
Discorso ben diverso è quello portato avanti dai brand che realizzano il SNBN per un numero ristretto di capi o accessori: in questo caso soltanto alcuni capi della collezione presentata in passerella sono resi disponibili ai clienti immediatamente dopo la sfilata. Ma le aziende mantengono l’allineamento al sistema tradizionale. Il brand Moschino è stato tra i primi a muoversi in questa direzione, presentando 10 accessori già a febbraio 2014, diventati 28 a settembre dello stesso anno (con la collezione Barbie), venduti online e in pochi negozi.
La diversa tempistica realizzata da Burberry consente anche di comprendere la seconda criticità, legata al funzionamento della filiera. Infatti le fiere e le manifestazioni dei produttori di filati e tessuti e anche di capi, sempre più numerosi e diffusi internazionalmente[3], avvengono secondo il calendario tradizionale, e questo crea qualche problema a chi vuole porsi in logica anticipatoria.
Da ultimo è giusto dare spazio al fenomeno delle collezioni capsule: le aziende lanciano collezioni speciali (e ridotte) per offrire nuovi articoli ai consumatori durante l’anno, ma rimangono legate al calendario tradizionale delle collezioni principali. Le capsule sono disponibili alla vendita nel momento in cui vengono anche comunicate, attraverso i diversi canali, al consumatore finale. Le capsule nascono per stimolare le vendite in relazione a particolari occasioni: per esempio San Valentino, l’apertura di un nuovo punto vendita, la collaborazione con un diverso stilista o punto vendita o blogger, o altri specifici eventi (quali i nuovi pop-up store). Alberta Ferretti, che ha disegnato le nuove divise per il personale Alitalia, ha lanciato una capsule che riprende visibilmente alcuni elementi delle divise per le sue clienti. In questo modo, senza modificare radicalmente i processi aziendali, si risponde alle esigenze di novità/immediatezza che caratterizzano i consumatori di oggi.
E quindi…
Per concludere si può affermare che il modello SNBN, nella sua accezione integrale, implica notevoli cambiamenti a livello gestionale e questa è la ragione per cui non si è così rapidamente e massicciamente diffuso. Infatti gli altri casi del campione riguardano un brand piuttosto classico (Ralph Lauren) e altri due focalizzati sulla pelletteria più che sull’abbigliamento, ambito decisamente più complesso dal punto di vista progettuale e produttivo.
Certamente qualcosa è cambiato nel settore e l’approccio alle stagioni continuerà a evolvere, nel senso che sempre più la costruzione dell’offerta stagionale diventerà articolata e flessibile, presupponendo un’innovazione più continuativa da parte dei team di creativi.
(Paola Varacca Capello è Lecturer di Economia Aziendale presso il Dipartimento di Management & Tecnologia dell’Università Bocconi e SDA Fellow presso SDA Bocconi School of Management. L’articolo nasce da una ricerca svolta dall’autrice e da Giada Licari, Assistant Brand Manager Max Factor, Coty Italia)
[1] Euromonitor International, 2017.
[2] Secondo quanto riportato da Camera Nazionale della Moda Italiana, da Fédération Française de la Couture, du Prêt-à-Porter des Couturiers et des Créateurs de Mode, dal British Fashion Council e dal New York Fashion Week
[3] N. Misani, P. Varacca Capello (a cura di), Le collezioni nella moda, Milano, Egea, 2016, cap. 1.