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Interagire con i peer fa bene all’imprenditorialità ?
I peer network sono considerati un potenziale veicolo di innovazione e quindi di imprenditorialità. Ma quali sono le dimensioni chiave che attivano questo meccanismo: la fiducia, la coesione, la diversità?
Quando abbiamo lanciato il progetto Adansonia – un programma volto a formare aspiranti imprenditori in Africa e metterli in contatto con potenziali investitori – il nostro obiettivo era quello da un lato di verificare l’importanza di queste diverse dimensioni a livello analitico, e dall’altro di individuare un approccio efficace che potesse essere riprodotto e implementato dai policy maker.
Il progetto
Il nostro viaggio è cominciato nel 2015, con un esperimento di piccola portata nel Ghana rurale; quindi è proseguito, su una scala più ampia, con un progetto pilot portato avanti in Ghana, Kenya e Uganda nel 2016, per essere infine esteso all’intero continente africano nel 2017.
Il progetto ha coinvolto 5000 imprenditori provenienti da quasi 50 diversi Paesi del continente. Tutti i partecipanti hanno avuto modo di partecipare a un corso online di sei settimane sull’imprenditorialità. Inoltre sono stati individuati tre diversi sotto-gruppi di trattamento:
- un primo gruppo è stato coinvolto in interazioni face-to-face con altri aspiranti imprenditori;
- un secondo gruppo di trattamento in interazioni virtuali con imprenditori del proprio Paese;
- un terzo gruppo di trattamento a interazioni virtuali con imprenditori di altri Paesi.
Alla fine del corso online, a tutti partecipanti è stata data la possibilità di presentare un business proposal allo scopo di ottenere finanziamenti. I proposal sono stati valutati da un panel di professionisti e investitori locali e internazionali; agli imprenditori che hanno inviato i 20 migliori progetti è stata offerta l’opportunità di partecipare a un corso presso SDA Bocconi.
Lo studio
Da un punto di vista analitico, un primo obiettivo dello studio legato al progetto Adansonia mirava a capire se e in che modo l’aver partecipato a occasioni di networking face-to-face o virtuale abbia inciso sui livelli di submission delle business proposal al completamento del corso e sulla qualità delle stesse. È emerso che l’interazione face-to-face e quella virtuale con altri imprenditori del proprio Paese hanno effettivamente incoraggiato la submission, mentre l’interazione virtuale con imprenditori di altri Paesi ha avuto un effetto neutro, o in alcuni casi perfino scoraggiato, la submission. Da un punto di vista della qualità delle proposal effettivamente inviate, l’interazione virtuale con persone dello stesso Paese è risultata avere un impatto positivo, mentre non si è registrato un effetto rilevante nel caso delle interazioni face-to-face o di quelle virtuali con individui di altri Paesi.
Un’analisi ravvicinata delle dinamiche di comunicazione all’interno dei network ha inoltre messo in evidenza che la comunicazione nei network virtuali tra individui di Paesi diversi è stata più intensa che nei network virtuali tra individui di uno stesso Paese; eppure, come si è visto, i primi si sono contraddistinti per risultati peggiori in termini di submission e qualità dei proposal rispetto ai secondi.
Implicazioni
Alla luce di questi risultati, ci siamo chiesti se un eccesso di diversità in un network possa generare sì un maggior volume di comunicazione al suo interno, ma di minor efficacia; o ancora, se la dimensione nazionale/geografica della diversità non possa essere in realtà controproducente. Per riuscire a comprendere effettivamente quale sia stata la dinamica comunicativa in atto all’interno dei diversi network, si renderà necessaria un’analisi semantica della comunicazione registrata, che usi anche le tecniche messe a disposizione dal machine learning. Sarà così possibile capire quali dimensioni della diversità in un network sono funzionali (o vanno invece a detrimento di) un’interazione efficace tra i suoi membri, consentendo di produrre risultati migliori in termini di imprenditorialità.