Archivio
La tecnologia vista da vicino da Paolini
Una definizione di tecnologia soggettiva e mutante nel tempo. L’importanza di sfidare le convenzioni e porre nuove domande. Un racconto incalzante, che si compone di diverse storie solo apparentemente scollegate tra loro, ma che alla fine si intrecciano e vengono ricondotte a un filo logico unitario e convincente.
Sono queste le principali suggestioni al centro dello spettacolo di Marco Paolini Technology and Me, approdato di recente anche in Bocconi. Secondo Paolini la tecnologia è «tutto ciò che è nato dopo di me e che sono costretto a imparare» e si contrappone idealmente, in un determinato istante, a ciò che invece è naturale, ossia «tutto ciò che già esisteva nel momento in cui sono nato». Dunque è l’individuo, il soggetto a determinare lo spartiacque.
Attraverso l’apprendimento, spontaneo o codificato, comunque faticoso, il tecnologico di ieri è destinato a diventare il naturale di domani, in un processo senza soluzione di continuità. Lo sfasamento tra la velocità della tecnologia e la nostra capacità di assimilarla – il «ritardo culturale» di William Ogburn, citato da Paolini insieme a Joi Ito e Kevin Kelly, tra gli altri – da un lato ci rende scettici e ci fa sentire inadeguati, ma allo stesso tempo ci sprona a recuperare, perché nell’innovazione riponiamo comunque la nostra speranza per il futuro.
«L’innovazione sembra quasi avere due facce: da un lato è una condanna al movimento perenne e all’ansia di dover stare al passo. Dall’altro, però, è una speranza concreta» (estratto da un Triple Tweet).
Nel momento in cui la speranza si tramuta in fiducia, la tecnologia può dirsi assimilata e dunque inglobata nel naturale.
«La tecnologia è diventata naturale, e rifiutarla o rifiutare l’aggiornamento è come rifiutare la nostra stessa natura» (estratto da un Triple Tweet).
Nel racconto di Paolini il rapporto uomo-tecnologia rimane orientato al positivo. Si mantiene tuttavia centrale, nella riflessione complessiva, la questione della consapevolezza e quindi del porsi alcune domande. Gli «oggetti sapiens» dell’Internet of Things, per esempio, che si connettono tra loro e con noi, che ci parlano, ci guidano, ci monitorano, imparano da noi, richiedono solo apprendimento e adattamento, come buona parte delle tecnologie precedenti, oppure dobbiamo affrontarli in modo diverso?
Un’indicazione è chiara: nessuno dovrebbe rimanere estraneo, passivo rispetto a questa evoluzione. Oltre ad acquisire consapevolezza della trasformazione che la tecnologia sta determinando in modo pervasivo all’interno della società, è opportuno farsi parte attiva nell’indirizzare questi cambiamenti. E questo richiede di conoscere i linguaggi che permettono di interagire con quanti più direttamente lavorano sui sistemi tecnologici, come nel caso del coding: l’interdisciplinarietà è necessaria, per evitare che la tecnologia si allontani dalla società e, alla fine, dalle esigenze delle persone. In questo senso, l’economia e il management possono facilitare l’integrazione della visione tecnologica con quella delle scienze umane.
Sia rispetto alle nuove tecnologie sia rispetto alle tecnologie assimilate, il pensiero critico rimane una necessità. Proprio l’inventore di Internet, Tim Berners-Lee, qualche mese fa, in occasione del ventottesimo compleanno del web, ha sollevato una serie di interrogativi relativi alla perdita di controllo dei dati personali, alla diffusione della dis-informazione attraverso il web, al grado di trasparenza della comunicazione politica sul web.
E il riferimento al web come facilitatore delle fake news è stato oggetto di alcune domande che gli studenti hanno avuto l’opportunità di porre all’artista alla fine del suo racconto. I commenti e gli interrogativi si sono anche concentrati sul significato delle metafore ampiamente utilizzate per raccontare il ruolo delle nuove tecnologie nella nostra vita. Come nel titolo del ciclo di incontri organizzato dall’Università Bocconi «Broaden Your Frame», che rimanda alla necessità di leggere il mondo con lenti diverse, abbracciare prospettive più ampie, dare spazio alla creatività ma anche al pensiero critico.