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Chiara Paolino

Equilibrio vita-lavoro: serve un’affirmative action?

Negli ultimi anni, le politiche aziendali a supporto del work-life balance sono spesso state concepite come un servizio da offrire ai propri dipendenti per poter dialogare alla pari con i concorrenti, in un’ottica di employer branding. In realtà, nella pratica a usufruirne sono state prevalentemente le categorie di lavoratori più svantaggiate (donne, giovani, lavoratori con ruoli operativi), col risultato di accentuare ulteriormente le disparità all’interno delle aziende. Declinare il tema in una prospettiva di diversity management implicherebbe invece tenere conto delle specifiche esigenze e condizioni di ogni singolo lavoratore nell’organizzazione: ma un approccio individualizzato a questi temi sembra ancora prematuro. Per superare simili ostacoli, le iniziative per il work-life balance andrebbero piuttosto lette come politiche di affirmative action, proponendo l’inquadramento dell’equilibrio vita-lavoro come un modo per migliorare le opportunità e le prospettive delle donne, dei più giovani, dei ruoli più operativi e meno remunerativi all’interno delle aziende.

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Chiara Paolino