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Affrontare le sfide del mercato, tra sfumature e pensiero divergente.
Intervista a Salvatore D’Agati.
In uno scenario in rapido cambiamento, data l'evoluzione dei bisogni dei consumatori, la digitalizzazione e la globalizzazione, le sfide di chi si confronta ogni giorno con il mercato sono sempre più rilevanti. Un cambiamento che rappresenta una grande opportunità per giovani di talento che sappiano interpretarne la dinamicità contribuendo all'evoluzione del ruolo del marketing in azienda.
Come è cambiato il mercato? Quali sono le competenze fondamentali per un giovane per sviluppare un percorso professionale in questo campo oggi? Ne parliamo con Salvatore D'Agati, 30 anni, che ha sviluppato il proprio percorso professionale prima in Bain e poi in Ferrero, approdando infine a Nestlè Purina nel ruolo di Senior Brand Manager.
Come è iniziata la tua carriera nel settore marketing e come sei arrivato fino a qui?
Tutto è partito dall’Università, quando ho dato solo un esame di marketing mentre frequentavo la specialistica International Management della Bocconi. Le competenze e la personalità del professore e le metodologie innovative di studio mi hanno fatto appassionare alla materia.
Poi ho iniziato il mio percorso in consulenza: sono partito da Bain con uno stage prima di laurearmi, quale primo impatto con il mondo lavorativo. L'esperienza in consulenza mi ha consentito di esplorare diverse realtà in vari mercati e mi ha permesso di comprendere quanto contino la curiosità, lo spirito positivo e l'intraprendenza. Un progetto realizzato per un’azienda di consumer goods negli USA ha riacceso la mia voglia di tornare alla prima passione: il marketing. E così sono entrato prima in Ferrero e adesso sono in Nestlé.
Raccontaci qualcosa di più sull'evoluzione del marketing: in base all'esperienza che hai raccolto, che impatto ha avuto la digitalizzazione?
Un primo impatto è quello dell’evoluzione dei bisogni. In passato il consumatore cercava risposte a bisogni più semplici e immediati, mentre oggi sono diventati più specifici e complessi. Nello sport, ad esempio, al bisogno di tenersi in forma, si affianca quello di tenere traccia delle proprie prestazioni o di poter condividere i propri sforzi con parenti e amici. Tutto ciò ha portato alla trasformazione dei prodotti in ecosistemi di prodotti e servizi, mentre il marketing è diventato fortemente esperienziale, dalla scarpa da running al vivere da runner.
Un secondo impatto è quello legato all’offerta, che oggi è in grado di rispondere a bisogni sempre più diversificati con un ampliamento sostanziale della varietà dei prodotti e dei servizi. Se pensiamo all’e-commerce, oggi è possibile acquistare un prodotto in poche ore, valutare tutte le varianti e i prezzi prima di procedere all'acquisto.
Qualche anno fa il trend dominante era legato alla standardizzazione dei prodotti/servizi nello scenario della globalizzazione. Ora ai blockbuster si affiancano sempre più brand di prodotti e servizi che puntano a soddisfare le sfumature della domanda.
Per questo oggi molte multinazionali costruiscono veri e propri portafogli di brand, acquisendo aziende di nicchia per poi rendere il loro modello di business scalabile ed esportabile a livello globale attraverso il digitale. Basti pensare alle infinite possibilità di personalizzazione dei prodotti sui vari e-commerce di brand dell’apparel come Nike, Adidas, Longchamp...
Sempre sul digitale: la raccolta e l'utilizzo dei dati come influenza le strategie di marketing?
Se parliamo di strategia di marketing a lungo termine, l'impatto è sicuramente sulla migliore comprensione della domanda e dei suoi trend. I big data possono anticipare bisogni futuri o, utilizzando social network e dalle ricerche su internet, permettere di identificare bisogni latenti. Nelle ricerche di mercato tradizionali questo è solo limitatamente possibile.
Ma c'è un però. Mentre il potenziale dei big data è rilevante, le aziende hanno ancora bisogno di nuove tecnologie e competenze per valorizzare al meglio queste informazioni per sviluppare nuovi servizi e prodotti, identificare nuovi target e implementare nuovi modelli di comunicazione.
Raccontaci un paio di progetti in cui hai "toccato con mano" i cambiamenti in atto.
Inizio con un progetto sviluppato in Ferrero per il marchio Kinder Cereali: "Posso aiutarti mamma", una campagna di comunicazione integrata, il cui obiettivo è stato far evolvere il posizionamento di Kinder Cereali attraverso l'uso di tecniche di marketing 2.0. L’iniziativa è stata realizzata affiancando al tradizionale tv advertising una piattaforma di contenuto online e off-line rivolta alle mamme italiane, per comprendere più a fondo i loro bisogni e le loro necessità.
Il progetto è partito da una ricerca e si è concluso con la realizzazione di un video sperimentale, uno spot fatto da mamme vere, con un copione scritto dai loro figli. Con questo abbiamo valorizzato la dimensione emozionale del brand attraverso elementi vicini alla vita quotidiana del cliente finale.
Un altro progetto è quello lanciato tre anni fa in Purina legato alla raccolta di cibo che Friskies ogni anno devolve ad ENPA, con oltre un milione di pasti donati. Credo sia un esempio di marketing virtuoso, in grado di coniugare la promozione di un brand con un impegno concreto verso le associazioni e gli animali.
Nel 2016, per incrementare la raccolta, abbiamo investito in un video advertising digitale volto a promuovere le adozioni degli animali abbandonati. Nel video non compaiono i prodotti, mentre il brand viene associato a dei valori e all'impegno verso gli animali meno fortunati. La campagna ha ottenuto un riscontro molto positivo, stimolando condivisioni e engagement dei consumatori che si sono riconosciuti nel messaggio.
Che consigli ti sentiresti di dare a chi si avvicina per la prima volta al mondo del marketing oggi? Quali competenze deve sviluppare?
Per fare marketing bisogna essere poliedrici, critici, creativi e aggiornati. Le aziende hanno bisogno più che mai del pensiero divergente.
Le persone che entreranno in azienda devono sicuramente essere rapide nel risolvere problemi complessi e farlo con velocità e una capacità di adattamento allineati a uno scenario nel quale i media e la comunicazione sono in continuo mutamento. I contenuti prodotti per i media digitali hanno tempi diversi di ideazione, produzione e testing rispetto alle pubblicità tv. Non basta investire sul contenuto, ma bisogna ripensare le campagne con mezzi e modalità di fruizione totalmente diversi.
Inoltre il marketer deve avere delle ottime doti relazionali e comunicative con diversi interlocutori spesso esterni (instagrammer, creativi, tecnici, youtuber...) e per fare tutto ciò, deve essere informato e avere conoscenze anche tecniche che esulano dalla sua sfera abituale. In poche parole, non solo deve essere creativo al punto di inventare qualcosa di veramente nuovo da postare su facebook ma anche sapere che contenuti e toni di voce usare nel post, quando postare e a chi indirizzare il post.
Infine, con uno sguardo al futuro, penso al coding. Anche se un neo assunto non si occuperà di coding direttamente magari tra due anni potrebbe dover affrontare il problema di lanciare una nuova piattaforma web o una app. Se ha rudimenti di coding può avere una visione molto più consapevole del progetto.