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ICT per soli uomini

Mentre espressioni quali digital transformation e industry 4.0 stanno diventando vere e proprie buzzwords, una questione spesso lasciata ai margini del dibattito è quella di quanti siano (e di chi siano) i professionisti dell’Information and Communication Technology. Stando a un recente articolo di Eurostat, nel 2015 ben 8 milioni di persone risultavano lavorare nel settore nell’Unione Europea a 28, rappresentando ben il 3,5 per cento del totale degli occupati; di questi, 558.300 in Italia, dove pure il comparto ICT ha un peso inferiore a livello occupazionale (2,5 per cento del totale, comunque in crescita rispetto al 2,3 del 2011).

Ma qual è il profilo dei professionisti nel settore? Stando ai dati Eurostat, si tratta anzitutto di lavoratori altamente qualificati: ben il 60,5 per cento del totale ha infatti un’istruzione universitaria. Il dato, tuttavia, è decisamente inferiore alla media nel nostro paese: 33,1 per cento, la proporzione più bassa nell’intera UE a 28. Si tratta, inoltre, di una forza lavoro relativamente giovane: oltre un lavoratore del settore su tre, infatti, è under 35. Anche in questo caso, l’Italia spicca in negativo, con un’incidenza dei giovani sul totale di appena il 25,4 per cento. C’è un indicatore, tuttavia, rispetto al quale il nostro paese supera il livello medio europeo: quello relativo alla proporzione di lavoratori maschi sul totale. In Italia, ben l’86,2 per cento dei lavoratori ICT sono uomini, a fronte di un dato medio europeo comunque elevatissimo (83,9).

Il gender gap nell’ICT sembra essere un fenomeno strutturale, e destinato ad accentuarsi nel futuro prossimo, in assenza di interventi specifici: stando al report Accenture Cracking the Gender Code, infatti, la percentuale di studentesse universitarie nei corsi di computer science negli Stati Uniti è diminuita dal 37 per cento del 1984 ad appena il 18 per cento di oggi. Alla radice del fenomeno sembra esserci una perdita di attrattività dello studio della materia per le ragazze negli anni delle scuole superiori/high school (14-18 anni). Di questo passo, la proporzione di donne impiegate nel settore rischia di diminuire ulteriormente nel corso del prossimo decennio.

Eppure, come abbiamo visto, il settore ICT è in pieno sviluppo ed esprimerà una domanda crescente di forza lavoro qualificata nel prossimo futuro. Per questa ragione, secondo Accenture, un intervento deciso per incoraggiare le ragazze a intraprendere un percorso di studio nell’ambito del computing potrebbe andare a beneficio sia delle economie avanzate nel loro complesso, sia dei redditi complessivi della componente femminile della popolazione: con misure adeguate, secondo il report, la percentuale di donne impiegate nel settore negli Stati Uniti potrebbe crescere dal 24 al 39 per cento di qui al 2025, generando 299 miliardi di dollari di reddito extra per le lavoratrici del settore.

Perché ciò sia possibile, tuttavia, è necessario un intervento tempestivo. Secondo Nicola Palmarini, autore del volume Le infiltrate. Ragazze e tecnologia, stereotipi e opportunità, è importante che questo intervento abbia luogo sin dalla prima adolescenza, innazitutto «nelle famiglie per spiegare alle ragazze che anche loro "possono", che la tecnologia rappresenta una opportunità di espressione del sé prima ancora di una carriera». Indispensabile sarebbe poi un ripensamento complessivo del modo in cui computer science e programmazione vengono insegnate nelle scuole.

(lg)



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