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Carlo Altomonte

Brexit: il nodo dei negoziati

Nel bene e nel male, il canale attraverso il quale Brexit può impattare l'economia italiana è legato all’incertezza di fondo della questione. Il punto di partenza è la tipologia di scenario negoziale che si andrà delineando nei prossimi mesi.

Al momento, è dato per scontato che sia necessario l'avvio di una procedura di uscita del Regno Unito ai sensi dell'art. 50 del Trattato (verosimilmente tra settembre e ottobre), cui solo dopo farà seguito l’inizio del negoziato per la definizione del futuro accordo di associazione Regno Unito – Unione Europea ai sensi dell'art. 310 del Trattato. Su questo il Consiglio dei 27 è stato chiaro: «nessun negoziato è possibile prima della notifica» di uscita della Gran Bretagna. 

Inoltre, il Consiglio europeo ha ribadito che qualsiasi accordo verrà concluso con il Regno Unito «in quanto paese terzo» (ossia dopo la sua uscita formale), e che per continuare ad avere accesso al mercato unico europeo sarà necessario per il Regno Unito accettare tutte e quattro le libertà fondamentali del mercato interno, inclusa la libera circolazione delle persone. 

Questo evidentemente pone un problema politico importante alla Gran Bretagna, in quanto subordina la chiusura di un accordo con l’UE a concessioni sul fronte dell’immigrazione, che come è noto è stato uno dei cavalli di battaglia di Brexit. Peraltro, diventa difficile immaginare che il Regno Unito possa rimanere tale se non sarà in grado di chiudere un accordo ampio con l’Unione Europea che mantenga sostanzialmente immutato l’accesso del paese al mercato unico, in quanto la Scozia fa di questo una condizione necessaria per la sua adesione al nuovo status giuridico della Gran Bretagna.

Evidentemente risolvere questi controversi punti negoziali richiederà parecchi mesi di tempo, generando per tutto il periodo incertezza sul quadro giuridico e politico che andrà ad influenzare le scelte di consumo ed investimento, e dunque il ciclo economico, in Europa.

Da un lato, a causa di questa incertezza si potranno avere riallocazioni di investimenti in essere dalla sede britannica a nuove sedi europee. Di questo, potrebbe beneficiare l'Italia, come evidenzia anche il Direttore Corbetta sul suo blog, a condizione che il nostro paese sia in grado di offrire condizioni di stabilità e di certezza giuridica adeguate. A questo riguardo l’esperienza di grandi imprese multinazionali che hanno recentemente annunciato nuovi investimenti e posti di lavoro nel nostro paese (Apple e CISCO tra tutte) rappresenta un precedente interessante, in quanto le stesse hanno approfittato di un sistema di incentivi oggi in vigore che garantisce loro un quadro giuridico e fiscale di stabilità su un periodo pluriennale.

Dall'altro lato, l’incertezza ha anche implicazioni politiche. Il voto positivo al referendum britannico, seguito da una formale richiesta di uscita dall'Unione Europea, crea un effetto di emulazione da parte di altri partiti euroscettici in Europa. Questo porta come conseguenza immediata un rischio di instabilità politica interna, di immediato riflesso in Italia alla luce dell’importante passaggio politico con il referendum sulle riforme costituzionali in autunno.

 

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