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23/12/2024 Sandro Castaldo

Alla ricerca dell’impatto

Il dialogo tra ricerca accademica e pratica manageriale è indispensabile per tradurre il vasto patrimonio di conoscenza scientifica in pratiche che trasformino organizzazioni e processi, creando valore per le imprese e benessere per la società. Sebbene l’impatto della ricerca sia tradizionalmente misurato in termini accademici, oggi si considera anche l’effetto socioeconomico, valutato in termini di impatto su società, economia e ambiente. Solo promuovendo un apprendimento reciproco tra mondo accademico e manageriale, attraverso un approccio interdisciplinare, è possibile accelerare l’innovazione e massimizzare l’impatto dei risultati della ricerca.

Come migliorare l’impatto della ricerca scientifica sulla pratica manageriale e creare effettivo valore per l’economia e la società, evitando quell’effetto di isolamento da “torre d’avorio” dell’accademia? Questo tema costituisce una delle sfide prioritarie con cui oggi si confrontano molte delle discipline riconducibili al management. Le economie più innovative e in grado di svilupparsi più rapidamente sono infatti quelle capaci di produrre ricerca ad alto impatto. Per questo motivo, l’esigenza di un dialogo più stretto tra ricerca accademica e pratica manageriale è ormai ampiamente riconosciuta non solo da accademici e centri di ricerca, ma anche da istituzioni europee, governi, manager e imprese.


Fin dalla sua fondazione, SDA Bocconi si è impegnata a svolgere un importante ruolo di raccordo fra il mondo della ricerca accademica e la pratica manageriale, anche attraverso la rivista Economia & Management. Proprio da questa premessa è partito il webinar “Alla ricerca dell’impatto: dalle teorie alle pratiche” promosso dal Comitato Scientifico della Rivista, che ha visto la partecipazione di Nic Beech e Katy Mason, rispettivamente Vice Chancellor e Dean della Business School di Salford University, Paola Cillo, Deputy Dean per la Ricerca di SDA Bocconi, e Barbara Cominelli, CEO di JLL e da sempre attenta alle dinamiche che collegano il mondo della ricerca con quello della pratica manageriale.


La presentazione del lavoro di Beech, Hibbert e Mason (2024) ha fornito lo spunto iniziale per una discussione approfondita sul tema della ricerca d’impatto. Come possiamo tradurre l’immenso patrimonio di conoscenza prodotto dalla comunità scientifica in pratiche manageriali capaci di trasformare organizzazioni e processi, creando valore per imprese e istituzioni e generando benessere diffuso per la società? Lo studio evidenzia come l’apprendimento sia indispensabile per favorire la collaborazione interdisciplinare e ottenere risultati di rilievo. A supporto di questa visione, gli autori propongono un framework per l’apprendimento reciproco tra il mondo accademico e quello manageriale, suddiviso in quattro fasi fra loro interconnesse: sviluppare le competenze sia all’interno delle comunità accademiche sia in quelle manageriali per acquisire esperienza; facilitare il dialogo e la comunicazione tra le due comunità (spesso difficile anche per problemi di diversità di linguaggio); adottare un approccio interdisciplinare per consolidare e migliorare le best practice; e, infine, promuovere l’apprendimento riflessivo per avviare una graduale trasformazione delle comunità scientifiche e manageriali. In definitiva, è necessario un impegno crescente nell’apprendimento al fine di migliorare la qualità delle relazioni fra le due comunità, accelerare l’innovazione e massimizzare l’impatto dei risultati della ricerca.


Durante il webinar Paola Cillo ha condiviso l’esperienza maturata negli studi sull’innovazione, spiegando come oggi sia sempre più complesso generare innovazioni disruptive. Per affrontare questa sfida è fondamentale adottare un approccio interdisciplinare, in grado di produrre conoscenze capaci di promuovere un’innovazione radicale, superando i limiti dei più tradizionali approcci specialistici. L’importanza di generare “innovazione di contesto” e non solo “di contenuto” rappresenta un ulteriore punto chiave che emerge dalla ricerca sull’innovazione. In questo senso, le piattaforme di ricerca di SDA Bocconi, con i loro diversi Lab, costituiscono un esempio concreto di innovazione di contesto multidisciplinare, capace di collegare in modo efficace la ricerca scientifica con la pratica manageriale.


La prospettiva manageriale di Barbara Cominelli ha fornito un fondamentale apporto alla discussione, ribadendo l’importanza di un dialogo continuo con il mondo accademico. Se oggi il management è spesso focalizzato su scadenze a breve termine e attività di routine, l’accademia può aiutare ad ampliare la visione manageriale, portandola a un livello più strategico e orientato al lungo termine. Durante il dibattito sono emerse anche le difficoltà legate alla decodificazione dei contenuti dei paper scientifici, spesso caratterizzati da un linguaggio tecnico che rende ostica la lettura e la comprensione dei lavori. Per affrontare questo problema potrebbero essere utili versioni più chiare e sintetiche, che mettano in evidenza l’impatto manageriale dei lavori più teorici o con metodologie di ricerca più complesse. Inoltre, secondo la prospettiva manageriale, sarebbe opportuno ispirarsi al mondo delle imprese, introducendo un sistema di incentivi che colleghi la progressione di carriera e i bonus degli accademici alla loro reale capacità di creare impatto sociale ed economico.


Il tema dell’impatto è stato studiato sia dalla letteratura scientifica sia dalle istituzioni che si occupano della valutazione della ricerca, come ad esempio il Research Excellence Framework (REF) nel Regno Unito, il Research Quality Framework (RQF) in Australia, la Coalition for Research Assessment (COARA) in Europa e l’International Federation of Scholarly Associations of Management (IFSAM) a livello globale. Inizialmente, l’impatto della ricerca veniva valutato soprattutto in termini accademici, misurando l’influenza esercitata dalle pubblicazioni su altri ricercatori. Questo approccio si basa su indicatori quantitativi, come l’impact factor e l’H-index, che calcolano il numero di citazioni ricevute da una rivista, un articolo o un autore all’interno della comunità scientifica. Un’elevata frequenza di citazioni dovrebbe, salvo comportamenti opportunistici da monitorare con attenzione, riflettere l’impatto esercitato sulla comunità accademica. Analogamente, la pubblicazione di uno studio su una rivista prestigiosa con un alto impact factor è generalmente interpretata come un’indicazione non solo della qualità del lavoro, ma anche della sua capacità di raggiungere un’ampia platea di studiosi all’interno del medesimo ambito disciplinare.


Tuttavia, poiché l’impatto non può essere ristretto alla sola dimensione accademica, molte istituzioni – comprese quelle citate in precedenza – hanno iniziato a confrontarsi con nuove metriche in grado di misurare il reale impatto della ricerca anche e soprattutto al di fuori del mondo accademico. Ad esempio, si è posto l’accento sulla valutazione dell’impatto socioeconomico attraverso indicatori legati alla proprietà intellettuale, come i brevetti, e alla redditività in termini di business (Australian Research Council, 2008). Il Research Excellence Framework definisce infatti l’impatto della ricerca come l’effetto prodotto sull’economia, sulla società, sulla cultura, sulle politiche o sui servizi pubblici, sulla salute, sull’ambiente o sulla qualità della vita, al di là del mondo accademico. Ciò significa che le conoscenze e le pubblicazioni derivanti dalla ricerca possono essere tradotte in applicazioni concrete, come nuovi prodotti, servizi o processi, capaci di creare valore aggiunto. Ma misurare l’impatto non è privo di ostacoli e complessità. Tra le problematiche più ricorrenti emergono: (1) il time lag tra il momento in cui la ricerca viene condotta e quello in cui il suo impatto diventa evidente; (2) l’attribuzione diretta dell’impatto a una specifica ricerca; (3) la raccolta di sufficienti evidenze in merito all’effettivo impatto delle ricerche in campo manageriale.


In questo numero della rivista troviamo molti interessanti esempi di ricerca d’impatto. Il primo fra questi è il Focus, realizzato dai colleghi del Devo Lab e del Channel & Retail Lab di SDA Bocconi, che analizza l’implementazione dell’intelligenza artificiale nel contesto aziendale. La ricerca empirica, che ha preso le mosse dai progetti di sviluppo svolti presso l’AI L.A.B. di Microsoft, ha consentito di comprendere nello specifico l’effettivo utilizzo della tecnologia da parte di un campione di imprese e le diverse modalità con cui queste integrano l’AI con le skill manageriali per migliorare prodotti, servizi e processi aziendali. Il Focus, firmato da Meregalli, Ciacci, Diaferia, De Rossi e Raimondi, affronta proprio il tema dell’implementazione aziendale dell’AI nella prospettiva degli studi accademici e della pratica manageriale, rappresentando un concreto esempio di connessione tra ricerca scientifica e applicazione pratica. A tal riguardo si rileva che l’AI, in quanto tecnologia general purpose, necessita di tempi adeguati per manifestare il suo pieno potenziale e trasformare realmente i processi aziendali. Per questo motivo, il Focus propone un approccio post-digital, capace di superare l’entusiasmo impulsivo e integrare l’AI in modo strategico e mirato.
Le review di Ciacci e Testa, rispettivamente su AI e comunicazione in situazioni di crisi, offrono una sintesi dell’immenso lavoro di centinaia di ricerche sui temi oggetto di approfondimento. La review della letteratura, quando facilmente accessibile a un target manageriale, costituisce una modalità molto utile per fare il punto sugli studi accademici e comprendere ciò che il management può apprendere da un ampio corpus di ricerche su temi specifici. In particolare, la review di Testa, nella sezione Science, analizza l’uso dei social media nelle strategie di comunicazione di crisi, evidenziando come queste non debbano limitarsi a fornire informazioni, ma rispondere anche ai bisogni emotivi del pubblico, contribuendo – anche con il supporto di opinion leader – a gestire le emozioni negative. La ricerca propone anche strumenti efficaci per tutelare la reputazione aziendale e costruire una relazione di fiducia con i mercati.


Sempre nella sezione Science, il paper di Calcaterra, Colantoni e Sanesi approfondisce il tema della biodiversità, ingrediente fondamentale per la sostenibilità ambientale, nella prospettiva dei mercati finanziari. La ricerca mette in luce come la biodiversità influenzi in maniera significativa i rendimenti azionari, sottolineando l’importanza di integrarla nelle strategie aziendali, anche per conseguire gli obiettivi aziendali di sostenibilità ambientale, oggi sempre più stringenti.
Proseguendo nella sezione Themes, l’articolo di Nunziata evidenzia come le aziende che investono nella resilienza, oltre che nell’agilità, ottengono risultati migliori, dimostrando una maggiore capacità di adattamento e recupero di fronte a eventi imprevisti. Il contributo di Vizzaccaro dimostra come in Italia la Title Insurance ha contribuito a rivitalizzare il mercato degli immobili di provenienza donativa, garantendo le compravendite, facilitando l’accesso al credito e producendo importante valore economico. Infine, l’articolo di Corbellini, Cerini e Paladino indaga l’ultimo stadio dei canali distributivi nei settori della moda e del design: lo store management e, in particolare, la gestione del personale di vendita. Le autrici evidenziano l’importanza per gli addetti alle vendite di sviluppare solide competenze narrative e consulenziali, unitamente a un approccio imprenditoriale e orientato alla sostenibilità, per favorire un processo di acquisto più consapevole e accrescere l’attrattività di questi importanti ruoli di interfaccia.

Riferimenti bibliografici

  • Australian Research Council (2008). ERA Indicator Principles, arc.gov.au.
  • Beech, N., Hibbert, P., Mason, K. (2024). “A Learning Orientation to Improve Impact Across Sectors.” Economia & Management, n.1, pp.60-68.
  • Penfield, T., Baker, J. M., Scoble, R., Wykes, M. C. (2014). “Assessment, evaluations, and definitions of research impact: A review.” Research Evaluation, Vol. 23, Issue 1, January, pp. 21–32, doi.
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