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24/05/2021 Cecilia Attanasio Ghezzi

Anche la Cina diventa vecchia

Una bomba demografica rischia di minare l’ascesa economica dello Stato più popoloso del mondo: nel 2020 sono nati solo 12 milioni di bambini, ovvero il numero più basso dal 1961, ormai il numero di figli per donna è di 1,3 (in Italia siamo all’1,27). L’invecchiamento sarà la condizione naturale della Cina per gli anni avvenire, con conseguenze che si ripercuoteranno sul resto del pianeta ma anche sul sistema pensionistico e quello sanitario interno al Paese.

L’ultimo censimento cinese ha fotografato la nuovissima Cina: 1,412 miliardi di persone, di cui oltre il 60 per cento vive nelle città e solo il 63,4 per cento è in età da lavoro, contro il 70 per cento di appena dieci anni fa[1].  Per intenderci, gli over 65 sono oggi oltre il 13 per cento del totale contro l’appena 9 per cento riportato dal censimento del 2010. «La Cina è diventata vecchia, prima di diventare ricca», chiosa il New York Times[2] parafrasando una ben nota massima di Deng Xiaoping. Ed è un trend che non si arresterà facilmente. La natalità è calata per il quarto anno di fila tanto che nel 2020 sono nati solo 12 milioni di bambini, ovvero il numero più basso di nuovi nati dal 1961, quando la carestia che seguì il «Grande balzo in avanti» provocò la morte per stenti di decine di milioni di cinesi[3]. Una bomba demografica che rischia di minare l’ascesa economica dello Stato più popoloso del mondo, con conseguenze che si ripercuoteranno sul resto di un pianeta ormai completamente globalizzato[4].

Il controllo sulle nascite introdotto nel 1980 per evitare che una popolazione troppo numerosa condannasse la Repubblica popolare alla povertà ha, secondo i calcoli ufficiali, prevenuto 400 milioni di nascite e creato uno tra i più grandi squilibri al mondo tra popolazione maschile e femminile (anche se fortunatamente va assottigliandosi anno dopo anno)[5]. Ma a niente è servito passare dalla politica del figlio unico a quella dei due figli nel 2016. La società cinese è cambiata completamente: si trova lavoro e ci si sposa sempre più tardi, si divorzia più spesso e crescere figli costa sempre di più. Una serie di sondaggi condotti nel 2015 dalla Commissione per la pianificazione famigliare e la salute pubblica[6] mostra come il 74,5 per cento degli intervistati non avrebbe voluto un secondo figlio, sia per ragioni economiche sia per mutate esigenze sociali che avvicinano sempre di più la Repubblica popolare a una qualsiasi economia del cosiddetto primo mondo, con il risultato che ormai il numero di figli per donna è di 1,3 (in Italia siamo all’1,27 tanto per intenderci).

«L’invecchiamento sarà la condizione naturale della Cina per gli anni avvenire», ha detto lo stesso Ning Jizhe, a capo dell’Ufficio nazionale di statistica, commentando i dati dell’ultimo censimento. E questo, come nella Vecchia Europa sappiamo bene, non significa solo rinunciare a un bacino quasi infinito di manodopera a basso costo, ma ripensare totalmente il sistema pensionistico e a quello sanitario a favore di una fascia di popolazione vulnerabile sempre più ampia. Pechino, certo, ha provato e continuerà a provare nuove soluzioni, ma la crescita del debito pubblico, la crescente tensione commerciale con Stati Uniti e l’Unione Europea e il giro di vite sul settore dell’imprenditoria privata non facilitano il compito. Non è un caso che il governo centrale ha chiesto alle grandi aziende di Stato e alle ricche regioni della costa un aiuto per risanare il sistema della previdenza sociale. E siamo appena all’inizio.

Un think tank governativo ha previsto che la popolazione cinese raggiungerà il suo picco nel 2027[7], ovvero tre anni prima di quanto si prevedesse nel 2017 quando ancora si sperava che l’introduzione della politica dei due figli segnasse un’inversione di tendenza. E una popolazione più vecchia significa drenare le casse dello Stato e pesare sui consumi di una classe media che sarà più portata a risparmiare per potersi prendere cura dei propri cari. L’allarme è alto. Persino la Banca centrale lo scorso marzo ha chiesto con forza di non sottovalutare la questione perché «l’educazione e il progresso tecnologico difficilmente riusciranno a compensare il declino della popolazione»[8].

 

 

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