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Alla ricerca del benessere misurando la sostenibilitÃ
La microeconomia insegna che le fondamenta teoriche della contabilità nazionale, cioè la nota relazione contabile tra domanda e offerta a livello aggregato, sono legate a scelte della collettività finalizzate alla miglior gestione dello stock di capitale e finalizzate alla massimizzazione del benessere di lungo periodo. In un’economia funzionante, l’utilizzo di ogni risorsa deve essere bilanciato e finalizzato alla creazione della prosperità. Per questo lo stock di capitale rilevante deve comprendere tutto quanto è utile e necessario per il benessere sociale, vale a dire capitale umano, fisico, sociale, ambientale. Senza una misurazione specifica risulta però difficile per manager, investitori e policy-maker seguire la via corretta. Ma come misurare aspetti così eterogenei tra di loro, specialmente alla luce della necessità di far quadrare i conti delle varie iniziative economiche?
In un precedente articolo[1] abbiamo parlato dell’acronimo SESG per indicare la necessità di pensare in termini generali agli ormai noti fattori ambientali (E), sociali (S) e di governance (G) nell’ottica della sostenibilità (la S iniziale sta proprio per Sustainable). Questo va certamente fatto in ottica di lungo periodo, perché la sostenibilità è innanzitutto mantenimento dell’equilibrio economico e finanziario di un singolo progetto di investimento di un’azienda o di una nazione, una specie di vincolo di bilancio intertemporale che costringe gli operatori economici a riflettere sull’allocazione futura delle risorse. Mai come oggi ci rendiamo conto della necessità di evitare crisi sociali e ambientali, impensabili sino a cinquant’anni ma crescentemente al centro dell’attenzione di tutti. Per questo i nostri sforzi di perseguire politiche «ESG-centriche» non possono mai perdere di vista il quadro complessivo di lungo periodo e devono focalizzarsi in particolare sugli scenari meno desiderabili.
Il quadro concettuale è facile da descrivere, ma le implicazioni pratiche sono difficili da mettere in atto, in particolare a causa dell’errore di misurazione. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un progresso esponenziale nei confronti dei fattori ESG grazie all’impegno di agenzie di rating, consulenti e data provider. Siamo certamente in una fase iniziale, di sperimentazione, come mostrato dalla bassa correlazione tra i giudizi ESG formulati da diversi analisti. La sperimentazione è molto positiva e anche inevitabile, dal momento che la complessità del fenomeno non consente di stabilire con immediatezza quali siano le definizioni più giuste. In ogni caso, per chi è preoccupato che la creatività sfoci nella confusione, l’iniziativa della tassonomia, al centro del progetto di «finanza verde» della Commissione Europea, dovrebbe consentire un quadro concettuale comune, almeno per quanto riguarda il fattore ambientale. Nell’ambito delle ricerche svolte presso il REInnovationLab di Assoimmobiliare e SDA Bocconi, abbiamo provato a misurare in modo autonomo la combinazione di sostenibilità ed ESG, partendo da considerazioni su elementi riguardanti ambiente, interazione sociale, valore aggiunto, innovazione e tecnologia e utilizzando un approccio puramente statistico. Non potendo dare un peso specifico a ogni singola componente rilevante a causa della mancanza di un quadro teorico condiviso, abbiamo raccolto le evidenze disponibili per l’Italia lasciando che fosse la tecnica statistica delle componenti principali a individuare l’importanza di ogni variabile. L’elenco è molto ampio e comprende elementi quali la vita attesa, le cause di mortalità, l’istruzione, il numero dei delitti, la disponibilità di verde, l’efficienza della rete idrica, la quota di imprese innovative e reddito e il patrimonio. Il metodo delle componenti principali ci ha quindi consentito di costruire quattro indicatori e poi di creare una media definita «sustainability index».
Qual è la rilevanza pratica del sustainability index? Ce lo siamo chiesti nell’ambito dell’analisi sulla valutazione relativa delle zone OMI per il 2019, l’anno precedente quello della crisi pandemica. Per evitare di attribuire a tale indice una rilevanza in realtà riconducibile ad altri elementi, abbiamo costruito un modello econometrico che tenesse conto anche della location (il tradizionale elemento rilevante per la valutazione del real estate), dello stato dell’immobile, delle caratteristiche economiche complessive del Comune al cui interno è collocata la zona OMI (sintetizzate nella presenza o meno di un distretto industriale), e della destinazione d’uso. I risultati mostrano che il nostro sustainability index è statisticamente positivo nell’ambito del modello econometrico, e spiega una percentuale di variabilità dei prezzi di real estate compresa tra il 5 e il 20 per cento a seconda delle destinazioni d’uso. I nostri risultati inoltre mostrano che la location è sempre rilevante, ma meno dello stato dell’immobile, e che l’appartenenza a un distretto conferisce un incremento di valore confrontabile come ordine di grandezza a quello dell’indicatore di sostenibilità.
È confortante sapere che i prezzi di mercato del real estate incorporano considerazioni legate alla sostenibilità. Questo consente la possibilità di svolgere ulteriori ricerche per misurare con sempre maggiore precisione l’identità di SESG, elemento a sua volta utile per consentire a tutti gli operatori di orientarsi meglio tra le varie opzioni. Il nostro augurio è che l’attenzione per la sostenibilità, unitamente alla misurazione del fenomeno, consentano di incorporare in misura sempre maggiore nei prezzi di mercato elementi che sino a pochi anni fa non erano nel radar degli operatori. I prezzi relativi dei vari asset sono i segnali per orientare le scelte: il sistema di mercato è imperfetto, ma sino a ora ha funzionato in maniera ragionevole, anche se deve essere modificato per tenere conto di quegli elementi ormai indispensabili per consentire l’aumento del benessere, e non soltanto del valore della produzione.
Andrea Beltratti è Professore al Dipartimento di Finanza dell’Università Bocconi, dove insegna Economia del Mercato Mobiliare e Equity Portfolio Management, e Academic Director dell’Executive Master in Finance (EMF) di SDA Bocconi School of Management
Alessia Bezzecchi è Associate Professor of Practice in Corporate Finance & Real Estate presso SDA Bocconi School of Management, dove è Program Director dell’Executive Master in Finance (EMF) e dell’Executive Program in Finanza Immobiliare e Real Estate (EPFIRE)