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Il procurement pubblico come volano della crescita economica
Già dai prossimi mesi l’Italia potrà beneficiare di un volume ingente di risorse, nell’ambito sia di Next Generation EU sia della nuova politica di coesione voluta dal premier Mario Draghi. Un’occasione che il Paese e le sue amministrazioni pubbliche hanno il dovere di orientare in modo produttivo, per sostenere la società e l’economia.
Impiegare bene tali risorse implica non solo selezionare le priorità e le progettualità, ma anche utilizzare in modo differente le logiche e gli strumenti d’acquisto, da sempre considerati «terreno minato» dalla maggior parte del personale della PA. Negli ultimi anni, gli acquisti sono stati oggetto di numerosi provvedimenti: in primis la centralizzazione come strumento di spending review. Se, da un lato, tale approccio ha permesso di creare economie di specializzazione e maggior controllo della spesa, dall’altro, non ha sempre consentito di valorizzare appieno la capacità del mercato di individuare risposte maggiormente innovative a fabbisogni divenuti più diversificati e complessi, soprattutto quando associato a una cultura largamente focalizzata sul procedimento amministrativo e sul risparmio come finalità a sé stessa.
Il procurement pubblico rappresenta una voce di spesa molto importante di ogni paese (in Italia la spesa pubblica in beni, lavori e servizi cuba circa il 15 per cento del PIL) e dovrà sempre più veicolare una domanda evoluta, consapevole e di public value crescente. Si tratta di una quota rilevante del budget pubblico, che deve essere impiegata secondo principi di efficienza dei processi, efficacia dei risultati e sostenibilità ambientale, sociale ed economica, per ottenere gli effetti attesi. Inoltre, gli acquisti, e non solo nel periodo post-Covid-19, dovranno stimolare l’innovazione del sistema economico e fungere da volano competitivo e di innovazione per le imprese fornitrici, attore rilevante e spesso decisivo nel processo di acquisto. I prossimi mesi saranno fondamentali per definire una nuova postura del procurement, che non può non implicare un rafforzamento delle capacità di management, nel pubblico e nel privato, per favorire un maggior trust tra PA e mercato, pilastro fondamentale per un profondo cambiamento di rotta.
Per farci raccontare le nuove sfide e i nuovi obiettivi della disciplina del procurement, abbiamo incontrato Valeria Vaccaro, neo presidente del Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana di cui il MEF è azionista unico.
Appena insediato il presidente americano Biden ha ribadito il ruolo cruciale della domanda pubblica come meccanismo di sviluppo economico. Se l’uso ottimale delle risorse pubbliche è sicuramente fondamentale, tuttavia l’azione della PA dovrebbe essere orientata non tanto al risparmio di breve termine, quanto al value for money, ossia alla ricerca del difficile equilibrio tra economicità, efficienza ed efficacia, e, ancor di più, alla generazione di public value. Acquistare secondo logiche di public value significa che la stazione appaltante dovrebbe essere in grado di ottenere, a fronte di risorse date, il miglior risultato, misurato in termini di soddisfacimento dei fabbisogni degli stakeholder, degli obiettivi strategici e di policy (economiche e sociali). Come vedi in questa prospettiva il ruolo di Consip?
«È certamente fondamentale e urgente porre il benessere della collettività al centro delle politiche pubbliche, e in questo Consip può dare un contributo. È indubbio che Consip sia nata con l’obiettivo di generare risparmi di spesa e che tutti i soggetti che istituzionalmente si sono occupati di spending review abbiano fatto riferimento alla Consip, rafforzandone l’impegno per contribuire a questo obiettivo. Tuttavia, ritengo che questo sia il tempo di intensificare gli sforzi per far evolvere il ruolo di Consip, da quello di strumento di supporto alla revisione della spesa a quello di agente abilitante anche alla creazione di valore per la collettività».
Per creare valore con gli acquisti è necessario che il legislatore e le amministrazioni comprendano che acquistare non significa solo applicare procedure di selezione trasparenti; è necessario porre al centro del processo di acquisto gli obiettivi da conseguire, ridefinendo il rapporto con il mercato, passando, quindi, da logiche puramente transazionali a logiche anche di collaborazione, affinché gli operatori economici possano individuare risposte e non solo formulare offerte. Questo richiede conoscenza, capacità di dialogo e co-progettazione con il mercato, esercizio della discrezionalità amministrativa e selezione degli operatori economici sulla base di criteri più sofisticati, tra cui l’affidabilità, la capacità di gestione del rischio e di proporre risposte innovative e sostenibili. Quale può essere il contributo di Consip in questa transizione?
«La costruzione di una diversa relazione con il mercato – sempre nel rispetto del framework di norme e prassi vigenti – è un punto centrale per utilizzare il procurement in modo virtuoso e con obiettivi di benessere complessivo di lungo termine. Ritengo, pertanto, che Consip debba continuare a svolgere un ruolo di cerniera con il mercato, sperimentando e mettendo a punto pratiche che possano essere replicate dalle amministrazioni. Questo è un obiettivo imprescindibile e ancora di più lo è nell’ambito di Next Generation EU. Un primo elemento su cui lavorare è l’interlocuzione preliminare con il mercato. Le imprese dovrebbero essere maggiormente considerate come un soggetto con cui potersi confrontare, specialmente per le gare a contenuto più innovativo. In questa prospettiva, anche il mercato deve essere rieducato a un confronto costruttivo. Un altro elemento è senza dubbio il ruolo della comunità scientifica, soprattutto per quanto riguarda gli acquisti in materia sanitaria in un’ottica e con obiettivi value based. Ma questo tema forse necessita di una trattazione ad hoc perché apre a scenari di grande rilevanza e innovazione».
Per agire da buyer sofisticato, ovvero per acquistare secondo logiche di valore, e quindi per passare da una logica di stretta compliance amministrativa a una di responsiveness, è necessario investire in competenze. Oggi sei capo del personale di una delle più grandi amministrazioni pubbliche, il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), con 11 mila dipendenti; dal 2011 al 2018 hai ricoperto l’incarico di Direttore del personale del MEF, e in questo ruolo hai investito molto sulle persone, sia in formazione, sia in innovazioni nelle politiche di reclutamento di funzionari altamente specializzati. Come possiamo ritornare a investire nelle competenze e, nel caso specifico, in quelle dei buyer pubblici?
«È indubbio che, troppo spesso, le procedure di acquisto e il ruolo di buyer pubblico, con le connesse responsabilità, fanno paura ai manager. Per consentire di superare questo atteggiamento è necessario investire in competenze di management, che dovranno affiancarsi a quelle giuridiche, per abilitare i dipendenti pubblici a mettere in pratica questo nuovo approccio verso cui deve tendere il procurement, rendendoli capaci di individuare soluzioni innovative e valutare in modo «più rotondo» le diverse soluzioni di acquisto. Serve una formazione pratica e serve costruire buone pratiche di riferimento, attraverso progetti pilota. In questo Consip intende dare un contributo importante; questo potrebbe rappresentare un modo per ripensarne il ruolo, che, come ho detto, non può essere più solo quello di generatore di risparmio».
Le politiche di sostenibilità e di CSR sono ormai un pilastro fondamentale delle imprese, specie quelle più innovative e lungimiranti, e la sostenibilità sta diventando sempre più fattore di competitività. Interiorizzare logiche di sostenibilità negli appalti pubblici non solo può stimolare le imprese ma può anche rendere la PA più resiliente. Non è un problema di regole ma di cultura. Quale può essere il ruolo di Consip in questo percorso?
«Certamente questo è un tema fondamentale per Consip, che – già fortemente impegnata in quest’ambito – ha il dovere di abilitare e promuovere sempre più acquisti e servizi pubblici sostenibili. Sono fermamente convinta che il procurement pubblico debba rappresentare un reale volano per lo sviluppo e la sostenibilità ambientale. Un primo passo è stato fatto con il rilascio di strumenti per svolgere le procedure di affidamento in modalità completamente digitale, che hanno consentito di ridurre 4500 tonnellate di CO2 per la carta risparmiata. Un tema che mi sta molto a cuore è, inoltre, la parità di genere, e vorrei proprio far leva sulle nuove logiche d’acquisto value based per esplorare, tra l’altro, forme di procurement gender-responsive. L’Italia è ancora molto, troppo indietro e i dati della disoccupazione femminile durante la pandemia sono allarmanti. In Consip stiamo lavorando in questo senso, partendo anche dall’analisi di quanto è stato fatto, per esempio, dalla Centrale di committenza della Regione Lazio. Queste sono direttrici su cui, credo, Consip potrà dare un contributo fondamentale per l’implementazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza».