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Verso il cambiamento organizzativo
Il contributo di Federico Butera agli studi e alle pratiche tra organizzazione e societÃ
I dissesti della organizzazione sanitaria (malgrado la grandezza del sistema professionale sanitario e l’eroismo di molti medici e infermieri), il crescente burocratismo delle pubbliche amministrazioni (malgrado straordinarie eccezioni), l’affanno delle PMI (malgrado pochi notevoli champion) sono esempi del collasso dell’Italia delle organizzazioni e della necessità di ridisegnarle con criteri nuovi, al di là degli hypes e delle parole magiche. Occorre potenziare le organizzazioni reali che perseguano produttività, innovazione, sostenibilità, qualità della vita. Oltre i modelli novecenteschi di burocrazia razionale e di taylor-fordismo.
Questa affermazione, pubblicata sui social network da Federico Butera[1] in piena seconda ondata pandemica nel doloroso autunno 2020, a noi pare spunto prezioso per comprendere il senso più intimo del suo libro Organizzazione e società. Innovare le organizzazioni dell’Italia che vogliamo[2], punto di sintesi di un’evoluzione delle scienze e delle pratiche in tema di organizzazione e società.
Il volume di Butera, articolato in cinque sezioni che declinano la questione organizzativa e la relativa successione dei modelli organizzativi oltre i paradigmi dominanti del XX secolo, mette in luce il concetto – prezioso – di «organizzazione reale» in posizione dialettico-dibattimentale con quello di «organizzazione formale», ma anche la questione delle reti organizzative (di cui Butera è pioniere) e della responsabilità sociale, con un accento sul suo ruolo di progettista in materia di cambiamento delle Pubbliche Amministrazioni. Ed è questo un punto nodale, nella misura in cui scioglie il distinguo tra «organizzazione aziendale» e «sistemi sociali», valorizzando l’irruzione della società dentro le organizzazioni: da cui il titolo Organizzazione e società che esprime, senza soluzione di continuità, la non eludibilità della frontiera micro-macro. Perché non si può comprendere l’organizzazione senza avere un quadro chiaro del contesto e, viceversa, non si può cogliere il senso dei contesti (quelli di ieri, oggi e domani) entro cui ci muoviamo e ci muoveremo, se si prescinde dalla centralità delle organizzazioni aziendali come soggettività in grado di contenere e regolare i processi di creazione e distribuzione del valore e dei valori.
Il libro si apre con la storia del taylor-fordismo e con la descrizione dell’attuale allontanamento da quel paradigma in direzione di nuovi modelli organizzativi e di lavoro caratterizzati da cooperazione autoregolata, flessibilità, innovazione e responsabilità. Prosegue, poi, con una sezione dedicata all’ «organizzazione reale», ricca di analisi tecniche e ricostruzioni dettagliate del «come-si-fa» organizzazione. Qui Butera ci mostra, sotto la punta dell’iceberg dell’organizzazione formale, le coesistenze e le commistioni continue tra organizzazione e società. Quanto più la società entra nell’organizzazione – attraverso la cultura, le comunità di pratica, i sistemi di aspettative, le tecnologie – tanto più c’è bisogno di prendere consapevolezza delle interazioni socio-tecniche in cui le reti organizzative si muovono. E una delle questioni fondamentali della nostra epoca riguarda proprio come passare dalla mera descrizione delle reti di attori eterogenei che entrano in gioco nei processi organizzativi – intrapresa con successo dagli approcci ispirati all’actor-network theory – alla progettazione consapevole di quelle reti stesse.
Una sfida che, per Federico Butera, costituisce la condizione necessaria per un pensiero del cambiamento organizzativo, a partire dal quale concepire un nuovo modello di sviluppo basato sulla sinergia, la cooperazione e la responsabilità sociale. L’organizzazione reale su cui Butera ci invita a riflettere e agire si analizza e si progetta in modo integrato con la partecipazione attiva e non retorica delle persone: questa è la principale cifra scientifica di questo modo di procedere nell’argomentazione. A questo ambizioso obiettivo sono dedicate le ultime due sezioni del volume, in cui dialogano la dimensione sociale e produttiva – sviluppata in modo esemplare in Olivetti e dopo in Dalmine, Cerestar, Vodafone, Zambon – con accurate ricognizioni dello stato della Pubblica Amministrazione, con esempi concreti di una sua possibile riforma e di progetti come, per esempio, l’unificazione degli uffici delle Entrate e i tribunali e procure della Lombardia.
Di fronte all’imminenza delle sfide aperte dalla quarta (o quinta) rivoluzione industriale e dall’impatto delle tecnologie sul mondo, le riflessioni di Federico Butera ci indicano una strada concreta, ambiziosa e percorribile. Non si dà cambiamento senza partecipazione, innovazione, progettazione congiunta da parte di tutti gli attori sociali: organizzazioni, tecnologie, imprese, PA, istituzioni, scienza, università, scuola, sindacato, media e soprattutto lavoratori e utenti. Si tratta di un percorso di azione collettiva orientata alla produzione di valore economico e valori sociali che ha come fine il bene comune, la sostenibilità, l’ambiente. Un testo, insomma, che dall’interno di una esperienza di ricerca italiana, sa essere sano pivot dell’internazionalizzazione. Perché Butera ci indica con lucidità una via italiana, magistra vitae di oggi e di domani e non solo quella alle nostre spalle. Questa cifra rende sinceramente internazionale un’opera che ha molto da insegnare (e non solo all’Italia di oggi e della Next Generation, per dirla in gergo EU), forte della saggezza di una storia da valorizzare perché di valore solido, in tempi di riassetti geo-politici, di salti di paradigma tecnologico, di (ri)organizzazione del lavoro. Quindi anche di riconfigurazione delle politiche industriali delle organizzazioni complesse. Lo stesso Butera ne riprende il senso, ancora una volta attraverso i social network e con le sue parole:
occorrerebbe riaprire una grande scuola di organizzazione italiana fatta di studiosi di varie discipline, manager, consulenti, una scuola con un obiettivo chiave: studiare e formare leader per rivitalizzare le organizzazioni pubbliche e private che non funzionano, per comprendere e diffondere le esperienze dei casi eccellenti. Una scuola pubblico/privata con una alta missione di bene comune.
Una missione raccolta dalla community Progettare Insieme, promossa dalla Fondazione Irso, costituita da studiosi, manager, sindacalisti, giornalisti uniti dall’obiettivo di trasferire le esperienze virtuose di collaborazione organizzativa agli ambiti – inscindibili – dell’impresa e della società.
* Luigi Maria Sicca è Professore ordinario di Organizzazione aziendale, Università degli Studi di Napoli Federico II, Direttore scientifico di puntOorg International Research Network; Domenico Napolitano è Ph.D e Research Assistant, Università di Napoli Suor Orsola Benincasa.
[1] Professore Emerito di Scienze dell'Organizzazione; già ordinario alle Università di Milano Bicocca e Roma Sapienza; nonché Presidente della Fondazione Irso - Istituto di Ricerca Intervento sui Sistemi Organizzativi; fondatore e direttore della rivista Studi organizzativi.
[2] F. Butera, Organizzazione e società. Innovare le organizzazioni dell'Italia che vogliamo, Venezia, Marsilio, 2020.