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08/12/2020 Erica Corbellini, Lucia Paladino

Il valore del Made in Italy nella moda ai tempi del Covid-19

Nonostante l’attuale momento di incertezza renda difficile delineare scenari precisi, secondo le analisi di una recente ricerca le qualità chiave del Made in Italy sembrano poter rappresentare importanti strumenti di vantaggio competitivo. Tuttavia, desta qualche preoccupazione il fatto che le nuove generazioni siano meno sensibili alla denominazione di origine a meno che questa non riesca e legarsi in maniera forte e differenziante al tema della sostenibilità.

Il Covid-19 ha provocato il rallentamento generale dell’industria della moda e una drastica riduzione del commercio internazionale, creando grandi difficoltà per le catene di approvvigionamento manifatturiere globali. Sono emersi nuovi paradigmi di consumo che richiedono un cambiamento nel sistema, attualmente dominato dal fast fashion e dai prodotti low-cost. Una maggiore attenzione viene ora data a elementi quali la sostenibilità, la durata nel tempo del prodotto e la vicinanza geografica alla zona di produzione. Questo momento di rottura con il passato può rappresentare una nuova opportunità per il Made in Italy, da sempre attento all’ambiente, alle responsabilità sociali e alla qualità della lavorazione dei prodotti che garantisce la loro durabilità. Giorgio Armani, in una lettera aperta alla rivista WWD Women’s Wear Daily, ha delineato nuovi valori invitando la moda a ripensare i tempi frenetici delle collezioni e la continua immissione di articoli a favore di capi che durino nel tempo per la qualità e lo stile iconico. Tuttavia il Made in Italy appare ritardatario rispetto all’innovazione dei modelli di business in chiave digital, altro elemento che ha avuto una forte propulsione per effetto della pandemia. Inoltre la spinta verso il «buy local» che si sta diffondendo sempre più, a partire dalla Cina, potrebbe giocare negativamente rispetto all’export dei nostri prodotti.

Al fine di valutare le associazioni concettuali e mentali legate al Made in Italy, prima e dopo l’insorgere della pandemia Covid-19, abbiamo condotto un’indagine che ha raggiunto più di 500 persone[1]. Lo studio ha anche permesso di indagare se eventuali associazioni possano aiutare a orientare le scelte di acquisto dei consumatori verso prodotti e servizi Made in Italy, supportando, in questo modo, le aziende nel disegnare le loro strategie per il futuro. Il focus del sondaggio è stato il settore moda.

 

L'importanza del Made in Italy

I risultati hanno mostrato come l’etichetta Made in Italy sia più importante nel settore alimentare con l’84 per cento degli intervistati che la considera estremamente o molto importante e nel settore moda (50 per cento). Per arredamento (36 per cento) e automazione (14 per cento) la rilevanza dell’etichetta diminuisce considerevolmente. Non c’è stata alcuna differenza significativa nelle risposte tra rispondenti italiani e internazionali e tra uomini e donne.

Se ci focalizziamo sul settore moda, è interessante fare un confronto dei risultati per Generazione: sia tra gli italiani che tra gli stranieri l’importanza dell’etichetta Made in Italy diminuisce passando dalla Generazione X alla Z, delineando quindi una possibile minaccia per il futuro.

Il Made in è molto rilevante per le persone specialmente quando acquistano prodotti di lusso (il 79 per cento degli intervistati controlla il Made in quando acquista prodotti di lusso, mentre solo il 32 per cento lo fa quando acquista prodotti mass market). L’etichetta del Made in è lievemente più importante per le donne che per gli uomini (85 per cento vs 70 per cento). Da un confronto tra generazioni, l’importanza del Made in per beni di lusso scende passando dalla Generazione X alla Z, a conferma del dato generale sull’etichetta.

Gli italiani considerano il lusso associato quasi esclusivamente al Made in Italy: infatti, tra l’83 per cento degli intervistati che guarda all’etichetta quando acquista beni di lusso, il 79 per cento cerca solo l’etichetta Made in Italy, il 19 per cento cerca Made in Italy e altre etichette e un altro 19 per cento cerca Made in France da solo o combinato con altri Made in e solo il 2 per cento solo altri Made in[2]

Rispetto agli italiani, gli stranieri sembrano avere preferenze più ampie riguardo ai Paesi di origine a cui associare il lusso. Tra il 72 per cento degli intervistati internazionali che prestano attenzione all’etichetta dovendo acquistare beni di lusso, il 37 per cento cerca solo l’etichetta Made in Italy, il 40 per cento spazia tra Italia, Francia, Germania,  Gran Bretagna, Giappone, in generale paesi europei, il resto del campione cerca il marchio Made in France da solo o combinato con altri Made in.

Nel mass market scende a picco la quota di rispondenti interessati al Made in (per l’87 per cento degli intervistati stranieri appartenenti alla GEN Z questo aspetto non è affatto importante).

 

Le associazioni al concetto di Made in Italy dopo il Covid-19

Tutti gli attributi proposti nel questionario come associazioni possibili al Made in Italy (autenticità, spirito imprenditoriale, tradizione, design ed estetica, prossimità, cura delle persone, sostenibilità, unicità del prodotto, resilienza, innovazione tecnologica) hanno ricevuto una risposta positiva sia dai partecipanti italiani che da quelli internazionali, sebbene l’importanza e la gamma dei valori mutino tra i due gruppi.

Gli italiani hanno identificato il concetto di Made in Italy principalmente con i seguenti valori[3]:

  • design ed estetica o senso del bello;
  • autenticità ovvero la considerazione del fatto che le aziende del Made in Italy hanno alle spalle una lunga storia, un legame con il territorio e prodotti che sono il risultato di un vero e proprio know-how;
  • unicità del prodotto, in termini di design, qualità e artigianalità;
  • tradizione, intesa come valori della famiglia e del territorio.

I partecipanti internazionali hanno identificato il concetto di Made in Italy principalmente con i primi tre valori sopra citati.

Gli italiani vedono, invece, una scarsa associazione tra il concetto di Made in Italy[4] e l’attributo innovazione tecnologica, intesa come orientamento alla digitalizzazione (per esempio e-commerce, smart working, uso dei social media). Il campione internazionale ha segnalato una debole associazione tra Made in Italy e i concetti di:

  • innovazione tecnologica;
  • resilienza, intesa come capacità di imprenditori e manager di superare crisi o periodi difficili;
  • sostenibilità, in termini di trasparenza del processo produttivo e attenzione all’ambiente;
  • spirito imprenditoriale.

Per tutti gli altri valori – attenzione alle persone e prossimità[5] – che sono stati sottoposti al campione ma che non sono stati menzionati precedentemente, sia i rispondenti italiani sia gli internazionali hanno indicato un livello intermedio di associazione[6].

Un dato positivo è che la percezione dei valori del Made in Italy proposti è rimasta pressoché immutata dopo l’insorgere della pandemia e su alcuni fronti è addirittura migliorata. Per il campione italiano innovazione tecnologica, resilienza, spirito imprenditoriale e tradizione sono stati i valori che hanno mostrato i maggiori miglioramenti in termini di percezione con la diffusione della pandemia; per il campione internazionale innovazione tecnologia e resilienza hanno mostrato i maggiori miglioramenti nel nuovo scenario post-Covid[7].

 

Le prospettive future

I partecipanti hanno dichiarato che saranno maggiormente propensi in futuro ad acquistare beni sostenibili (con riferimento all’ambiente e alle persone), durevoli (con riferimento alla qualità e allo stile iconico) e Made in Italy, anche se questo si dovesse tradurre in un aumento dei prezzi dei prodotti. Gli intervistati italiani si sono mostrati ancora più interessati per gli anni a venire sia al Made in Italy sia ai prodotti durevoli e sostenibili, rispetto a quelli non italiani.

Tra gli intervistati le donne sembrano essere più inclini rispetto agli uomini ad acquistare prodotti durevoli, sostenibili e Made in Italy.

Confrontando le generazioni, i rispondenti hanno mostrato progressivamente minore propensione all’acquisto di prodotti Made in Italy, durevoli e sostenibili, al diminuire dell’età. Una possibile spiegazione di ciò è che le generazioni più giovani sono scoraggiate dal probabile prezzo superiore di prodotti sostenibili, durevoli o Made in Italy.

Gli intervistati non italiani hanno mostrato lo stesso trend calante nella propensione ad acquistare prodotti più durevoli e Made in Italy passando dalle generazioni più anziane a quelle più giovani. Rispetto agli italiani, le generazioni straniere più giovani sono più interessate ai prodotti sostenibili che però non identificano come necessariamente legati al Made in Italy.

 

Il Made in Italy e la sostenibilità

Il Made in Italy è visto tendenzialmente come sostenibile (voto medio di 6,6/10 per la sostenibilità ambientale e voto medio di 6,4/10 per la sostenibilità sociale), ma sicuramente c’è ancora spazio per migliorare. In generale, gli intervistati hanno affermato che i prodotti di moda italiani sono leggermente più focalizzati sulla sostenibilità ambientale (attenzione ai processi industriali che riducono i danni all’ambiente) che sulla cura delle persone (salvaguardia del lavoro e giusta remunerazione).

Il confronto tra le diverse nazionalità fa emergere come gli italiani pensino che il Made in Italy dia priorità alla sostenibilità ambientale rispetto a quella sociale, mentre avviene l’opposto per gli intervistati internazionali.

Un’altra osservazione degna di nota è che, tra tutte le generazioni di intervistati internazionali, la GEN X ha riportato la più alta associazione tra prodotti Made in Italy e la sostenibilità sia dal punto di vista ambientale che sociale; tra gli italiani questo è, invece, vero per le generazioni più giovani (per esempio la GEN Z). 

In conclusione, i risultati evidenziano che: 

  • il Made in Italy è ancora molto importante per le persone soprattutto negli acquisti di alimentare e moda;
  • il Made in Italy è più importante per le generazioni più senior e per gli italiani ed è più rilevante quando gli intervistati valutano l’acquisto di prodotti di lusso piuttosto che di beni mass market;
  • i valori che le persone tradizionalmente associano al Made in Italy sono design ed estetica, autenticità, unicità del prodotto (e tradizione per gli italiani). Al contrario, non vedono un forte legame tra Made in Italy e innovazione tecnologica (e resilienza, sostenibilità, spirito imprenditoriale per il campione internazionale);
  • le percezioni riguardanti le associazioni al concetto di Made in Italy sono rimaste pressoché invariate dopo il diffondersi della pandemia per gli intervistati tranne che in alcuni casi (in primis innovazione tecnologica e resilienza) in cui sono migliorate. Per i rispondenti italiani anche spirito imprenditoriale e tradizione hanno mostrato miglioramenti come effetto della reazione al Covid-19;
  • per gli intervistati i prodotti Made in Italy sono sostenibili da un punto di vista ambientale più che sociale, ma c’è ancora spazio per il miglioramento di tutti gli aspetti e i valori legati alla sostenibilità.

 

 

Appendice metodologica

Chi abbiamo intervistato?

555 intervistati: 62 per cento donne; 38 per cento uomini.

71 per cento italiani (64 per cento donne e 36 per cento uomini).

29 per cento internazionali (57 per cento donne e 43 per cento uomini): il 65,6 per cento è europeo, il 22,5 per cento asiatico, il 11,3 per cento americano, lo 0,6 per cento proviene dal resto del mondo.

Generazione B nati tra il 1940 e il 1959: 5 per cento.[8]
Generazione X nati tra il 1960 e il 79: 20 per cento.
Generazione Y nati tra il 1980-94: 22 per cento.
Generazione Z nati tra il 1995-2010: 53 per cento.


Il 75 per cento delle persone intervistate appartiene alla GEN Y e Z. Questo non dovrebbe essere considerato come un problema perché spesso la crescita delle vendite in settori specifici è guidata da queste generazioni. BCG[9] ha affermato, ad esempio, che il 130 per cento della crescita del mercato del lusso tra il 2018 e il 2025 dovrebbe provenire dai millennial (considerando i millennial nati dal 1984 al 2000 mescolando quindi GEN Y e Z come definite sopra).

 

 



[1] Il questionario, costruito con l’utilizzo di Qualtrics, è stato condiviso tra l’1 agosto e il 15 settembre 2020 a un panel di respondent italiani e stranieri attraverso social network (Facebook, Instagram, WhatsApp, LinkedIn) ed email.

[2] La percentuale totale non corrisponde al 100 per cento perché i rispondenti potevano selezionare più di una etichetta.

[3] Media ponderata pari o inferiore a 2 (scala da 1 a 5, dove 1 era il più alto livello di associazione).

[4] Media ponderata pari o superiore a 2,9 (scala da 1 a 5, dove 1 era il livello più alto di associazione).

[5] Attenzione alle persone, in particolare dipendenti, fornitori e comunità locali, e prossimità ovvero vicinanza geografica della produzione che garantisce qualità ed eticità.

[6] L’attenzione alle persone ha ricevuto un livello inferiore di associazione dai rispondenti internazionali rispetto agli italiani.

[7] Gli intervistati potevano anche rispondere che non erano sicuri della risposta, ma questa opzione non è stata selezionata frequentemente (a parte nel caso di prossimità e resilienza per gli internazionali per la domanda generica sul “Made in Italy” e nel caso di prossimità, resilienza, sostenibilità e cura delle persone per tutti i rispondenti alla seconda domanda sul post pandemia, ma si tratta comunque di valori trascurabili).

[8] Abbiamo considerato l’appartenenza dei respondent ad una specifica generazione utilizzando la definizione di generazione fornita da McKinsey, https://www.mckinsey.com/industries/consumer-packaged-goods/our-insights/true-gen-generation-z-and-its-implications-for-companies. Siccome il numero di appartenenti alla generazione B  è limitato, non terremo in considerazione nelle conclusioni le evidenze provenienti dai respondent appartenenti alla generazione B.

[9] BCG report, «True Luxury Global Consumer Insight», 2019.

Moda-Made in Italy