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Politica economica, finanza e real estate
A oltre sei mesi dall’inizio della pandemia possiamo usare i prezzi di mercato per comprendere le opinioni degli investitori relativamente alle conseguenze dello shock sanitario. Si tratta di un’analisi particolarmente importante soprattutto dato il contrasto esistente tra i dati provenienti dall’economia reale e quelli provenienti dai mercati finanziari. Prendendo ispirazione dal consueto benchmark internazionale per poi ricavare implicazioni per l’Italia, notiamo che l’economia degli Stati Uniti si è ridotta di un terzo nel secondo trimestre dell’anno, e la Fed prevede una contrazione del PIL del 7 per cento per il 2020. Allo stesso tempo, l’indice S&P500 è arrivato a perdere il 35 per cento verso metà marzo ma si trova oggi a un livello superiore rispetto a quello di fine febbraio. È la classica differenza tra analisi retrospettive fornite dalle statistiche del PIL e analisi prospettiche provenienti dalla saggezza della folla che compra e vende titoli finanziari? O ci sono altri elementi rilevanti? La nostra interpretazione è che i dati economici e di mercato sono compatibili tra di loro e sono coerenti con un periodo di trasformazione strutturale, una fase di «distruzione creatrice» per usare il termine coniato da Schumpter. La business transformation è ormai immersa nella society transformation, e per dominare tale processo di trasformazione il ruolo pubblico è essenziale per aiutare alla finanza a essere essa stessa infrastruttura di cambiamento. Vediamo perché.
I prezzi relativi
L’immagine globale fornita dal mercato azionario americano deve essere qualificata. La ripresa dei valori azionari non è omogenea, ma in gran parte associata alla performance dei titoli tecnologici, e di alcuni titoli tecnologici in particolare. L’andamento dell’indice S&P500, infatti, sarebbe ben diverso senza il contributo delle aziende Big Tech. Per esempio, la capitalizzazione di Apple è di circa il 50 per cento superiore a quella di fine febbraio. Altri comparti, come quello delle piccole-medie imprese quotate, hanno risentito in misura molto superiore della caduta del livello di attività economica. Tra i vari settori, il real estate ha subito perdite significative. Se giudichiamo le conseguenze per quest’ultimo settore guardando alle valutazioni di Borsa dei Real Estate Investment Trust, osserviamo che i principali segmenti sono a oggi ancora negativi. Quelli specializzati nel comparto degli uffici, del residenziale e della sanità (health care) hanno perso il 20 per cento da fine febbraio, mentre quelli dedicati al comparto retail sono inferiori del 30 per cento. Il grafico consente appunto la visualizzazione dei vari andamenti, confrontando indice S&P500, Apple e vari indici di REIT.
Il settore edile, peraltro, non sembra in difficoltà dal punto di vista di prezzi e attività: l’indice dei prezzi Case-Shiller ha continuato a salire sino a giugno, e il dato sui permessi di nuove costruzioni del mese di luglio, pari a 1,495 milioni, in lievissimo ribasso dal massimo storico di 1,536 milioni del gennaio di quest’anno. L’analisi dei prezzi relativi fornisce quindi un quadro coerente con le fasi di grande trasformazione strutturale: gli asset esistenti tendono in alcuni casi a deprezzarsi a causa delle rigidità di breve periodo nelle destinazioni d’uso, e la nuova attività si dirige verso le nuove opportunità che riflettono i cambiamenti nella domanda di consumatori e imprese. A oltre un semestre dall’inizio della crisi, possiamo quindi affermare che i nuovi modi di di vivere e lavorare stanno creando opportunità oltre che criticità.
Quali gli elementi essenziali per vincere la sfida e trasformare le sfide in opportunità? Ci sono a nostro modo di vedere due elementi essenziali, le infrastrutture e la capacità di elaborazione dei dati, che possono consentire alle imprese di superare questo momento difficile.
Le infrastrutture
Il concetto stesso di infrastruttura si è evoluto rapidamente. Fino a qualche tempo fa le infrastrutture rilevanti erano rappresentate da ponti, strade, aeroporti, ferrovie, vale a dire strumenti per lo spostamento fisico di merci e persone. L’esperienza degli ultimi mesi ha invece illustrato la rilevanza delle reti di comunicazione per la trasmissione di dati, e le carenze dell’Italia. Le riunioni a distanza soffrono spesso di carenze di visione e di ascolto che non facilitano la migrazione verso lo smart working. L’eccesso di utilizzo delle reti ne peggiora la performance e richiede grandi investimenti di espansione. Allo stesso modo, l’upgrading delle reti e la costruzione di centri per la conservazione dei dati sono diventate oggi di cruciale importanza. Ma le nuove esigenze della sostenibilità della crescita hanno implicazioni per un nuovo utilizzo dello stock di infrastrutture esistenti. Le nuove tendenze di mobilità urbana, maggiormente basate sui trasporti privati anziché pubbliche, rischiano di provocare un danno rilevante agli investimenti che sono stati fatti negli ultimi anni per migliorare la rete di trasporto urbano, e richiedono un’attenzione ancora maggiore per la gestione del traffico privato, che rischia, se lasciato a se stesso, di aumentare in modo significativo i livelli di inquinamento. Da questa considerazione l’esigenza di aiutare le famiglie a rinnovare lo stock di autoveicoli per incrementare la quota di mezzi moderni e meno inquinanti.
Un’ultima notazione: regole e leggi costituiscono una fondamentale infrastruttura, in grado di assicurare la convivenza pacifica e produttiva dei vari attori. In un contesto in cui la global value chain continua a diventare più flessibile, occorre aumentare in misura rilevante la flessibilità istituzionale. Le aziende non possono essere flessibili se vivono in un sistema rigido, ecco perché è importante che sia l’apparato pubblico a snellire e semplificare le regole.
La capacità di elaborazione di dati
L’attenzione negli ultimi anni si è concentrata sul ruolo della elaborazione dei dati per la comprensione delle esigenze dei clienti e per la creazione di prodotti e servizi in grado di attirarne l’attenzione. Oggi ci si rende conto che i dati servono non solo alle imprese private per la migliore gestione della loro operatività, ma anche alla società per una migliore gestione della vita economica e sociale. In particolare, per ricollegarsi al punto precedente, le infrastrutture possono essere utilizzate al meglio anche grazie ai dati. Conoscere le percentuali di utilizzo delle infrastrutture consente di attivare azioni per migliorarne l’uso a beneficio della collettività. Avere dati in tempo reale sulla performance delle infrastrutture aiuta a mettere in atto operazioni di «manutenzione predittiva» che possono prevenire le catastrofi ed assicurare una vita più lunga al capitale fisico. I continui aumenti nella capacità di elaborazione da parte dei computer ci consentono di risolvere problemi che fino a 20 anni fa si pensavano irrisolvibili. Un aspetto, però, è cruciale: la capacità di sfruttare al meglio le crescenti potenzialità di elaborazione dei dati non è solo un fatto tecnico, ma anche culturale. Gli studenti di ogni grado ed età devono essere messi in grado di capire cosa sono i dati e perché sono così rilevanti. Se non si capisce che cosa sono i dati e come si trasformano può essere difficile a pensare a soluzioni creative e innovative per la soluzione dei problemi aziendali e sociali.
Il ruolo della politica economica
In ogni fase di trasformazione il ruolo del settore pubblico può essere cruciale non per arrestare il cambiamento, ma per favorirlo, attutendo gli impatti sulle categorie sociali più colpite e aiutando gli innovatori a crescere per adempiere alla loro missione di combinare le risorse esistenti in modo nuovo. L’Italia è il migliore esempio dell’importanza del ruolo del settore pubblico. Partendo da un rapporto tra debito pubblico e PIL del 135 per cento a inizio 2020, rischia di trovarsi alla fine dell’anno con un rapporto vicino a 160 per cento, salendo al terzo posto nella classifica mondiale dei Paesi più indebitati rispetto alla capacità di produzione annuale. Un tale livello non è mai stato toccato nel nostro Paese, ed è superiore al livello associato alla ristrutturazione del debito greco un decennio fa. Nella sua storia, l’Italia è riuscita più di una volta a riassorbire elevati livelli di debito, grazie all’inflazione e/o alla crescita economica. Per non deludere le legittime attese delle generazioni future, e quindi per riassorbire il debito tramite la crescita, serve una politica economica che sia al servizio di un sogno, quello di chiudere definitivamente il gap che ci separa dai migliori esempi a livello internazionale. Grazie alla sua capacità negoziale, il governo ha ottenuto le risorse. Adesso deve dimostrare di avere una visione di lungo periodo, e spendere al meglio le risorse finanziarie disponibili. Le risorse pubbliche sembrano enormi ma non sono sufficienti per un piano di vera modernizzazione del nostro Paese: occorre coinvolgere il settore privato per avere la massa critica necessaria per la ripartenza della crescita.
Andrea Beltratti è Professore al Dipartimento di Finanza dell’Università Bocconi, dove insegna Economia del Mercato Mobiliare e Equity Portfolio Management, e Academic Director dell’Executive Master in Finance (EMF) di SDA Bocconi School of Management
Alessia Bezzecchi è Associate Professor of Practice in Corporate Finance & Real Estate presso SDA Bocconi School of Management, dove è Program Director dell’Executive Master in Finance (EMF) e dell’Executive Program in Finanza Immobiliare e Real Estate (EPFIRE)