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La solitudine dell’OMS
«Praticamente ci danno le informazioni un quarto d’ora prima di mandale in onda sulla CCTV», l’emittente di Stato cinese. Così Gauden Galea, rappresentante dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) a Pechino. Le sue parole descrivono bene la frustrazione con cui, agli inizi di gennaio, l’agenzia ONU approcciava la Cina e cercava di raccapezzarsi con i pochi dati disponibili sul nuovo coronavirus, quello che a oggi è arrivato a infettare quasi 12 milioni di persone in tutto il mondo provocando oltre 550 mila morti. Questa dichiarazione fa parte di una ricostruzione dell’agenzia di stampa statunitense Associated Press[1] che conferma quella del settimanale d’inchiesta cinese Caixin[2] e la arricchisce con documenti interni e interviste ai funzionari dell’OMS.
A Wuhan si cominciava appena a parlare di una nuova Sars, una polmonite virale i cui contorni erano tanto indefiniti quanto preoccupanti e taciuti. Non si capiva ancora se la malattia potesse essere trasmessa da uomo a uomo, quanti erano i casi registrati e con che esiti. La popolazione cinese non ne saprà quasi nulla fino al 20 gennaio, due giorni prima della messa in quarantena della megalopoli di 11 milioni di abitanti. Ma intanto gli scienziati cinesi lavoravano, e alacremente. Tanto che il DNA del nuovo coronavirus era stato mappato già il 2 gennaio.
Sappiamo, però, che la Cina accettò un’ispezione dell’OMS solo il 28 gennaio, dopo la visita a Pechino del direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus che espresse «rispetto e gratitudine» per le comunicazioni «tempestive» e «trasparenti» e per l’impegno «incredibile» profuso dalla Repubblica popolare per arginare i contagi. Parole che, rivela oggi l’ Associated Press, servivano a convincere il gigante asiatico a fornire maggiori dettagli.
Ma al netto degli elogi, l’OMS ha ricevuto il genoma dopo che il 7 gennaio il Comitato permanente del Politburo, il gotha a sette seggi della Repubblica popolare presieduto da Xi Jinping, ne ha discusso a porte chiuse e che almeno tre differenti laboratori cinesi lo hanno sequenziato. E lo riceve solo perché era stato pubblicato su un sito specialistico senza passare per l’approvazione governativa[3]. Era l’11 gennaio e dovranno passare altre due settimane prima che Pechino fornisca dettagli sul numero dei casi e lo stato dei pazienti. «È chiaro che le informazioni non sono sufficienti per una programmazione corretta», si lamentava in una riunione a porte chiuse Maria Van Kerkhove, l’epidemiologa incaricata di guidare la task force Covid-19.
L’OMS, infatti, dichiarerà lo stato di emergenza globale solo il 30 gennaio, perdendo settimane preziose in cui, secondo il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie cinese, i contagi potrebbe essere aumentati fino a 200 volte. All’epoca anche il presidente degli Stati Uniti Donald Trump elogiava la risposta cinese all’epidemia, ma da quando il virus è arrivato nel suo Paese ha cambiato le carte in tavola. Oggi, con oltre 3 milioni di casi e più di 130 mila morti, gli USA sono il Paese più colpito al mondo e Trump accusa l’OMS di essere collusa e «sinocentrica» tanto che vuole tagliargli i finanziamenti, ovvero circa 450 milioni di dollari all’anno, entro il prossimo 6 luglio.
Il presidente cinese Xi Jinping ha subito messo in tavola due miliardi di dollari in due anni e ha ribadito che la Cina ha sempre fornito le informazioni «in maniera tempestiva» e si è reso disponibile ad avviare un’inchiesta internazionale che indaghi in più Paesi, affermando implicitamente quello che la dirigenza cinese ha sempre ribadito: non è detto che il salto di specie sia avvenuto in Cina. Infatti, se Washington non si lascia sfuggire occasione per instillare il dubbio che il virus sia uscito da un laboratorio di biotecnologie di Wuhan, Pechino continua a sostenere che possa essere stato portato nella città di Wuhan da militari statunitensi.
Ma in questa guerra di nervi e propaganda tra le prime due economie globali, resta evidente l’impotenza dell’OMS che non ha poteri esecutivi, non può indagare in maniera indipendente e deve fare affidamento sulla cooperazione dei Paesi membri. In Cina, come negli Stati Uniti e nel resto del mondo.
[1] «China delayed releasing coronavirus info, frustrating WHO», AP News, 3 giugno 2020.
[2] «In depth: how early signs of a sars-like virus were spotted, spread, and throttled», Caixin, 29 febbraio 2020.
[3] «Novel 2019 coronavirus genome», virological.org, 11 gennaio.