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07/07/2020 Gianluca Meloni, Marco Morelli

Prevedere in tempi di incertezza: si può fare

L’attuale emergenza Covid-19 ha accelerato alcune traiettorie di cambiamento nei sistemi di controllo quali il budgeting e il forecasting. La necessità di rivedere la pianificazione secondo orizzonti temporali meno lunghi, l’esigenza di orientare maggiormente i sistemi di previsione verso misure e variabili esterne all’azienda e l’urgenza di ripensare le finalità stesse attribuite ai sistemi di previsione e al sistema di controllo aziendale, impongono alle aziende scelte coraggiose e radicali, con l’adozione di strumenti e processi di previsione più veloci, dinamici e attenti alle determinanti di risultato.

L’emergenza Covid-19 ha determinato un forte cambiamento nei modelli di business delle aziende di molti settori. Per alcune di esse è stato un semplice acceleratore, per altre un’assoluta novità. È inevitabile che, a fronte di questo percorso evolutivo, i sistemi di controllo, che hanno l’obiettivo di supportare i processi decisionali e di orientare i comportamenti del management, non possano essere estranei a questo cambiamento. 

In particolare, in un contesto che si caratterizza per un’elevata discontinuità rispetto al passato e per alti livelli di incertezza, sono soprattutto i tradizionali strumenti di previsione dei risultati e assegnazione degli obiettivi a essere messi in discussione. Nello specifico, si fa riferimento all’insieme di strumenti a supporto dei cicli di pianificazione: il budgeting e il forecasting.

Con riferimento a tali sistemi, l’attuale emergenza ha accelerato alcune traiettorie di cambiamento già presenti prima della crisi e che pare opportuno percorrere con convinzione al fine di garantire maggiore efficacia ai processi previsionali aziendali. In particolare, tre sono le dimensioni – strettamente interconnesse – rispetto alle quali occorre ripensare i tradizionali sistemi di previsione dei risultati:

  1. gli orizzonti temporali, da intendersi sia in un’accezione strutturale (l’orizzonte di previsione) sia in termini di processo (i cicli di previsione);
  2. le misure rispetto alle quali focalizzare lo sforzo predittivo;
  3. il ruolo «organizzativo» assegnato alle previsioni, da intendersi in primis in termini di finalità attribuite alle stesse.

Per quanto riguarda il primo aspetto – gli orizzonti temporali – l’incertezza che caratterizza molti dei contesti competitivi nei quali operano le aziende determina l’impossibilità di prevedere i risultati secondo i tradizionali orizzonti temporali pluriennali (da tre a cinque anni). Di fatto pianificare secondo orizzonti temporali eccessivamente lunghi rischia di essere oneroso da un lato, e poco utile dall’altro. Sarebbe preferibile costruire le proprie previsioni attorno a scenari alternativi aggiornando le logiche di previsione in funzione dell’evolversi del contesto.

È in quest’ottica che si suggeriscono processi previsionali più veloci e reattivi rispetto ai tradizionali lunghi cicli di pianificazione e budgeting. Tale esigenza di reattività ha inevitabilmente conseguenze anche sul livello di profondità delle previsioni: parafrasando un famoso motto caro ai sostenitori delle strategie di lean management, in questo caso pare opportuno sostenere che less (detail) is more (precision).

Quest’ultimo aspetto ci porta ad affrontare la seconda dimensione di progettazione – la scelta delle misure rispetto alle quali focalizzare lo sforzo di previsione. Con riferimento a queste, i tradizionali sistemi di previsione hanno spesso prestato il fianco a critiche per la loro eccessiva concentrazione sui risultati economico-finanziari e su una ridotta enfasi delle determinanti sottostanti. Al fine di orientare i piani d’azione, tuttavia, in situazioni di discontinuità del contesto competitivo e/o organizzativo, sono proprio le determinanti dei risultati a dover essere l’oggetto di previsione, mentre i risultati diventano una mera conseguenza logica e algoritmica delle stesse. In contesti caratterizzati da elevati livelli di incertezza, le determinanti più critiche da monitorare e prevedere sono quelle esterne: sono i fattori ambientali e la loro evoluzione a facilitare o rendere difficoltoso l’agire aziendale, ed è pertanto su di essi che si deve concentrare lo sforzo previsionale. Al contrario, le determinanti strutturali e di funzionamento interne, su orizzonti temporali di breve termine, agiscono prevalentemente da vincolo, in quanto difficilmente modificabili con estrema flessibilità. Quanto detto determina la necessità di orientare maggiormente i sistemi di previsione verso misure e variabili esterne all’azienda, in antitesi rispetto a come in molte imprese vengono fatte ancora oggi le previsioni, ovvero partendo dai risultati del passato e ipotizzando semplicemente tassi di crescita/decrescita in logica incrementale.

I cambiamenti appena commentati implicano, infine, un ripensamento delle finalità stesse attribuite ai sistemi di previsione in particolare, e al sistema di controllo aziendale in generale. In primo luogo, la finalità primaria di tali sistemi non può essere la previsione statica dei risultati, bensì l’attivazione di circuiti di apprendimento all’interno dell’azienda. La maggiore attenzione alle determinanti di risultato, infatti, genera inevitabilmente una maggiore capacità dell’azienda di esplicitare le relazioni tra le azioni (e lo sforzo, in termini di impiego di risorse, a esse connesso) e il loro impatto sui risultati. La comparazione, sia sulle determinanti sia sui risultati, fra quanto previsto e quanto effettivamente verificatosi aumenta la capacità di comprensione del management. In secondo luogo, i mutamenti descritti implicano un cambiamento nello stile di controllo adottato da molte aziende. Tradizionalmente questo viene definito di tipo planning influence o control influence a seconda della forza di indirizzamento delle decisioni del management che si esprime nelle fasi di definizione degli obiettivi o in quelle di misurazione e valutazione dei risultati. Per quanto descritto in precedenza, uno stile planning influence che si caratterizzi per la definizione di obiettivi specifici e l’utilizzo di processi di planning e budgeting lunghi e dettagliati, mal si coniuga con le esigenze di velocità e reattività che i sistemi di previsione devono avere. Di fatto il vero momento di apprendimento è in sede di controllo dei risultati.

Come già accennato, i processi di evoluzione dei sistemi di previsione dei risultati trovano nei mutamenti generati dall’emergenza sanitaria un importante acceleratore, ma rappresentano traiettorie evolutive che, se percorse, possono consentire alle aziende di disporre di sistemi più efficaci non solo in periodi di straordinaria turbolenza come quello attuale. Tradizionalmente, ai sistemi di pianificazione e programmazione è stato rimproverato un grave ritardo nell’accogliere gli stimoli derivanti dall’introduzione di innovazioni di management o dal mutamento del contesto competitivo all’interno del quale operano le aziende. L’adozione di strumenti e processi di previsione più veloci, dinamici e attenti alle determinanti di risultato può certamente contribuire a superare questo limite e a consentire alle aziende di disporre di meccanismi operativi in grado di collegare in maniera efficace la strategia, le azioni e i risultati aziendali.

Gianluca Meloni è Associate Professor of Practice di Accounting and Control presso SDA Bocconi School of Management; Marco Morelli è Associate Professor of Practice di Accounting and Control presso SDA Bocconi School of Management e docente a contratto di Programmazione e Controllo presso il Dipartimento di Accounting dell’Università Bocconi.

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