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19/06/2020 Gimede Gigante, Rodolfo Pambianco

Le banche italiane alla prova Covid-19

Se è ancora prematuro descrivere gli effetti del coronavirus sul sistema bancario, è possibile capire in quale condizione si trovino oggi le banche italiane rispetto alla precedente crisi del 2008. Queste sono più capitalizzate rispetto al passato e hanno in parte risolto il problema dei crediti deteriorati. Tuttavia, molte banche ancora non riescono a generare profitti. Solo chi sarà in grado di trasformarsi e innovare potrà pensare di resistere nei mesi e negli anni futuri.

Quale sarà l’impatto di Covid-19 sulle banche italiane? Questa è la domanda più frequente che circola in ambienti finanziari in queste settimane. A oggi, una risposta non c’è. Servirà ancora del tempo.

Una domanda invece che possiamo porci è: in quale condizione si trovano le banche italiane oggi rispetto alla precedente crisi del 2008? A questo quesito possiamo rispondere. E non solo, si tratta del primo passo, doveroso, da compiere per poter dare una risposta anche alla domanda iniziale.

Articoleremo la nostra risposta in due parti. Nella prima parte analizzeremo quanto fatto dalle banche italiane in termini di: miglioramento della qualità degli attivi, misure di efficientamento e di rafforzamento del capitale. Nella seconda parte ci concentreremo sull’evoluzione del business bancario tradizionale dal 2008 a oggi.

Come vedremo, dall’analisi dei dati emerge che le «banche italiane del 2019», rispetto a «quelle del 2008», operano con una struttura di costi più leggera, hanno maggiori dotazioni patrimoniali e una qualità degli attivi in linea con quella del 2008,  ben lontana dai valori registrati durante il picco del 2015. Tuttavia, in questo decennio, anche il business bancario è profondamente cambiato. Si è assistito a una contrazione dei ricavi tradizionali da margine di interesse che verosimilmente proseguirà anche in futuro. Tale declino dei ricavi tradizionali è stato, solo in parte, bilanciato da un aumento dei ricavi commissionali. Le banche italiane nel decennio che va dal 2008 al 2018, nonostante un aumento dei ricavi da commissioni e una drastica riduzione dei costi, non solo non hanno generato utili, ma hanno realizzato perdite cumulate di oltre 3 miliardi di euro.

Qualità degli attivi bancari, capitale e misure di efficienza

A partire dal 2008 i crediti deteriorati lordi detenuti in bilancio dalle banche italiane sono aumentati costantemente fino a raggiungere il picco di 342 miliardi di euro nel 2015 (Figura 1). In quell’anno, il rapporto tra crediti deteriorati lordi e prestiti bancari era pari al 17,0 per cento. Negli anni successivi, il miglioramento delle condizioni macroeconomiche, insieme a misure specifiche implementate dalle banche (per esempio il rafforzamento delle attività di recupero credito e cessione di pacchetti di crediti in sofferenza a operatori specializzati), hanno permesso una rapida discesa dei crediti deteriorati nei bilanci bancari, raggiungendo il livello minimo alla fine del 2019 con 134 miliardi di euro. Questo dato rimane comunque più elevato rispetto al 2008 sia in valore assoluto sia in termini di incidenza percentuale sul totale dei prestiti bancari.

Figura 1 - Evoluzione crediti deteriorati nei bilanci bancari (2008 - 2019)

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Fonte: elaborazione su base dati Banca d’Italia e ABI

A partire dal 2008, nonostante l’aumento dei crediti deteriorati si è assistito anche a un aumento consistente del loro tasso di copertura, in particolare per la categoria delle sofferenze che è quella a maggior rischio di generare perdite per le banche (Figura 2). L’aumento dei tassi di copertura, come vedremo, ha avuto un impatto significativo anche sulla profittabilità delle banche italiane.

Figura 2 – Evoluzione tasso di copertura sofferenze (2008 - 2019)

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Fonte: elaborazione su base dati Banca d’Italia e ABI

Nel corso degli anni le banche italiane hanno anche aumentato la loro dotazione di capitale (Figura 3). Rispetto al 2008, il patrimonio Tier 1 in rapporto alle attività ponderate per il rischio è più che raddoppiato. Questo rapporto è passato dal 6,9 per cento del 2008 al 13,9 per cento del 2018.

 

Figura 3 – Evoluzione Tier 1 Ratio (2008 – 2018)

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Fonte: elaborazione su base dati del Bollettino economico, 3/2020, BCE, 14 maggio 2020

 

Dall’analisi dei dati pubblicati da Banca d’Italia sul numero di banche attive sul territorio nazionale, livelli occupazionali e numero di filiali fisiche è evidente che l’ultimo decennio per le banche italiane sia stato all’insegna della riduzione dei costi.

Nel 2008 in Italia erano attive quasi 800 banche e il settore impiegava circa 322.000 dipendenti. Il numero di filiali fisiche erano motivo di vanto e dimostrazione di presenza capillare sul territorio. Nel 2008 queste erano oltre 34.000.

I dati del 2019 ci restituiscono un’immagine del settore bancario italiano profondamente mutata. Il numero di banche si è ridotto del 39 per cento. Sono state chiuse quasi 10.000 filiali fisiche e il settore ha ridotto di 40.000 unità la sua forza lavoro (Figura 4).

Il persistere di uno scenario macroeconomico con tassi d’interesse bassi, l’avvento della tecnologia e l’aumento dei crediti deteriorati ha messo a dura prova i bilanci e la redditività delle banche. L’unica possibilità di mantenere i bilanci in attivo (o di diminuire le perdite) è stata quella di lavorare sui costi e di investire in nuove tecnologie a discapito del modello di business tradizionale.

 

Figura 4 - Numero di banche (asse di sinistra) e filiali fisiche (asse di destra) (2008 - 2019)

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Fonte: elaborazione su base dati Banca d’Italia

 

Come è cambiato il business bancario nell’ultimo decennio

Non solo quindi qualità degli attivi, capitale e costi. Anche il business bancario tradizionale ha subito una profonda trasformazione nel corso dell’ultimo decennio.

Nel 2008 le banche italiane hanno registrato ricavi superiori ai 76 miliardi di euro solamente tra interessi e commissioni. In quell’anno, i ricavi da margine di interesse erano la parte preponderante (circa 52 miliardi di euro).

Nel 2019, i 76 miliardi di euro sono scesi a poco più di 63, i ricavi da margine di interesse sono diminuiti di oltre il 30 per cento e il margine commissionale, che nel 2008 contribuiva per meno di un terzo, nel 2019 rappresentava il 45 per cento del totale (Figure 5 e 6).

 

Figura 5 - Evoluzione ricavi da margine di interesse + margine commissionale netti (2008 - 2018)

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Fonte: elaborazione su base dati del Bollettino economico, 3/2020, BCE, 14 maggio 2020


Grafico 6 – Contributi relativi margine di interesse e margine commissionale netti

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Fonte: elaborazione su base dati del Bollettino economico, 3/2020, BCE, 14 maggio 2020

 

Da ultimo, è importante soffermarsi sulla redditività del settore bancario italiano in questi ultimi dieci anni. Come si evince dalla Figura 7, sommando tutti i profiti e le perdite registrati negli anni, non solo non otteniamo alcun profitto, bensì una perdita cumulata di oltre 3 milardi di euro. L’aumento delle rettifiche su crediti e i bassi tassi d’interesse, dal punto di vista reddituale, hanno più che azzerato gli sforzi dal punto di riduzione costi e trasformazione del modello di business.

 

Figura 7 - Utili netti o perdite cumulati settore bancario italiano (2008 - 2018)

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Fonte: elaborazione su base dati del Bollettino economico, 3/2020, BCE, 14 maggio 2020

 

Conclusioni

In che condizione si trovano, quindi, le banche italiane oggi rispetto alla precedente crisi del 2008?

Le banche italiane sono più capitalizzate rispetto al passato e hanno in parte risolto il problema dei crediti deteriorati già esistenti. Nel frattempo, però, il business model è cambiato. I ricavi generati da commissioni hanno assunto una maggiore rilevanza, ma non abbastanza da risolvere il problema della redditività. Molte banche ancora oggi non generano profitti. Ulteriori shock sul profilo dei ricavi o un ritorno del problema dei crediti deteriorati ai livelli del 2015 andrà quindi a impattare un profilo reddituale precario. Solo chi sarà in grado di trasformare, innovare e adattare il proprio modello di business potrà pensare di resistere nei mesi e anni futuri generando auspicabilmente anche dei profitti.

 

Gimede Gigante è Assistant Director del Corso di Laurea in Economia e Finanza (CLEF) dell’Università Bocconi; Rodolfo Pambianco è Academic Fellow presso il Dipartimento di Finanza dell’Università Bocconi

 

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