Emergenza Coronavirus
Il mondo che verrà
Nel 1963 Charles Eric Maine pubblicò The darkest of nights, tradotto in italiano e pubblicato nel 1973 con il titolo Il grande contagio. Il romanzo esplora gli aspetti sociali creatisi a causa della diffusione di un nuovo virus, altamente contagioso e mortale nel 50 per cento dei casi, nato in Giappone e propagatosi in Cina e Russia. Nessuno sa come gestiremo la coesistenza con il Covid-19 e quando comparirà un vaccino. Quello che è certo sin da subito, è che la nostra vita sarà diversa perché il «rischio sanitario» sarà da qui in poi un elemento centrale nelle attività di risk management delle aziende e delle persone. Non è forse un caso che l’Asia, colpita dalla SARS agli inizi degli anni Duemila, lo sia stata meno di Europa e Stati Uniti, che sino a due mesi fa ritenevano la spesa sanitaria un costo ineludibile ma comprimibile e i cui cittadini pensavano che lavarsi le mani fosse una pratica utile per rinfrescarsele d’estate e non necessaria per la propria salute (secondo uno studio della Michigan State University, solo il 5 per cento della popolazione si lava le mani correttamente, vale a dire usando sapone per almeno 15 secondi). Ma le conseguenze globali saranno ben più importanti di un piccolo cambiamento degli stili di vita.
Il distanziamento sociale
Il distanziamento sociale mira a ridurre la densità delle persone in una certa area. Nel breve periodo non sarà possibile ripristinare consuetudini precedenti, con implicazioni molto eterogenee. Gli eventi sportivi come le partite di calcio, i momenti di svago (discoteche, teatri, cinema, ristorante), i viaggi in aereo, le lezioni scolastiche sono alcune delle situazioni in cui sarà necessario ridurre la densità. Le aziende private o pubbliche che organizzano tali eventi saranno a volte in grado di modificare i format per adeguarli alle nuove esigenze, ma in altri casi questo non sarà possibile, o per la resistenza da parte della domanda (i tifosi andranno allo stadio stando a due metri di distanza gli uni dagli altri e facendo lunghe file per entrare a scaglioni? I giovani accetteranno di ballare a due metri di distanza?), o per la difficoltà da parte dell’offerta (un ristorante con 100 coperti e una normale redditività potrà restare in piedi con 50 posti a tavola? Quanto dovrà costare il biglietto della Scala per gli spettacoli di livello internazionale?). Le considerazioni si estendono al turismo: per esempio, non solo sarà necessario contingentare gli ingressi nella città di Venezia, ma occorrerà persino verificare che non si formino assembramenti in determinate zone. Quante persone potranno entrare in città in modo tale da consentire l’adeguato distanziamento sociale in Piazza San Marco? E una volta che la città e i suoi esercizi commerciali si adegueranno al nuovo modello economico, avranno voglia di tornare al passato? Quello turistico è un settore che nel breve periodo avrà un forte impatto negativo. In questo caso i problemi sono duplici, legati sia alle difficoltà di spostamento delle persone da un Paese all’altro, o da una zona all’altra in uno stesso Paese, sia alla capacità di accoglienza da parte delle strutture alberghiere in molte zone turistiche. Come reagirà il settore in Italia alle necessità di «distanziamento turistico», anche tenendo conto della presenza di molte strutture indipendenti e piccole? Riusciranno gli alberghi e le località turistiche a offrire un servizio in grado di combinare la sicurezza sanitaria, un costo sostenibile per le famiglie e l’economicità gestionale?
Il lavoro in azienda
Il distanziamento sociale colpirà le aziende, non solo per quanto riguarda l’organizzazione interna del lavoro. Alcune sceglieranno di ridurre la forza lavoro al fine di mantenere la «densità obiettivo» di utilizzo degli spazi, mentre altre decideranno o di ingrandire le loro sedi o di aumentare in maniera rilevante il contributo dello smart working. In tutti gli scenari, il real estate sarà direttamente coinvolto, sia per la costruzione di nuovi edifici, sia per la ristrutturazione di quelli esistenti per adeguarli alle nuove esigenze. Gli edifici dovranno diventare sempre più smart, aiutando la gestione automatica degli spazi e magari fornendo indicatori in tempo reale sullo stato di salute di un individuo. Il maggior utilizzo dello smart working potrebbe avere conseguenze importanti anche per l’edilizia residenziale: in maniera più frequente rispetto al passato, i nuovi edifici dovranno contemplare la presenza di una stanza dedicata ad attività professionali, o almeno di spazi comuni utilizzabili in parziale condivisione da chi adotta ricorrentemente lo smart working.
Conseguenze importanti per le aziende riguarderanno anche le modalità di entrata e uscita delle persone dagli edifici (con una particolare necessità di gestione dei flussi di traffico nelle torri) e delle merci. Queste ultime subiranno anche l’impatto dei cambiamenti nel commercio internazionale, che potranno influenzare in maniera rilevante i costi di trasporto e quindi il modello di business di aziende che nel passato sono diventate parte di una value chain integrata a livello mondiale.
La localizzazione produttiva
Un’epoca di spostamenti e trasporti difficili può essere meglio affrontata dai sistemi di produzione locali, quelli che creano valore con l’azione congiunta di imprese che sono situate in un ambito territoriale delimitato. I distretti italiani sono uno degli esempi meglio noti a livello mondiale di come un sistema produttivo può mettere a fattor comune le risorse disponibili. Nessuno sa esattamente quali siano i fattori essenziali del modello distrettuale (tra cui figurano le economie di conoscenza legate alla possibilità di confrontarsi continuamente con tecnici e ricercatori che lavorano su problemi simili, i risparmi di costi di produzione associati alla riduzione dei trasporti, la possibilità di creare una qualità della vita sostenibile per la comunità nel suo complesso). Ma è plausibile pensare che i distretti italiani siano i migliori candidati per lavorare in sicurezza, mantenendo il distanziamento sociale e la «vicinanza creativa», che li rende competitivi a livello internazionale, specialmente quando nella stessa zona sia localizzata una grande azienda che funge da “antenna” in grado di rivolgere ai produttori locali le sollecitazioni provenienti da tutto il mondo in termini di varietà dei prodotti e dei servizi necessari e benchmark di prezzo.
Quale futuro quindi?
Le trasformazioni dell’economia, dei settori, delle aziende e di conseguenza del real estate market porteranno alla definizione di nuovi paradigmi e di nuove regole di funzionamento che si baseranno, a nostro avviso, su tre pilastri:
- Il must-have della sostenibilità. Non abbiamo certezze sul futuro ma conosciamo l’unico e nuovo paradigma che dobbiamo perseguire per costruirlo: il modello della sostenibilità. Il social e il green, storicamente considerate dimensioni nice-to-have, sono oggi diventate per tutti must-have. La priorità delle aziende è mettere al centro la sicurezza dei dipendenti e dei clienti ripensando la struttura organizzativa, dai sistemi di produzione a quelli di distribuzione, con evidenti necessità di innovazione in merito allo space planning di tutti gli asset coinvolti e con evidenti impatti anche sulla profittabilità al metro quadrato. L’economia aziendale, ai fini della sostenibilità, dovrà quindi tenere conto dei vincoli social e green ripensando il modello di business, la struttura organizzativa e attivando opportune manovre d’azione per gestire la discontinuità. La strategia d’azienda per raggiungere tali obiettivi dovrà basarsi non più su una «business idea» ma su una «sustainability idea» che vede le tre dimensioni integrate per la creazione di valore.
- La creazione di valore per adiacenze localizzate e integrate. La creazione di valore avviene tramite una «sustainability idea» delle centralità territoriali. Il ripensamento della strategia di ciascuna azienda dovrà avvenire partendo dall’analisi del nuovo contesto competitivo il cui perimetro dovrà tener conto dei nuovi vincoli post-Covid-19, passando dalle classiche visioni territoriali per zone all’analisi degli eco-sistemi in cui opera l’impresa. Partendo dalle opportunità offerte dall’eco-sistema locale, date le proprie specificità e le proprie dimensioni, ogni azienda dovrà comprendere il proprio ruolo nell’ambito del sistema e le relative sinergie che potranno essere sfruttate per l’ulteriore potenziamento della collaborazione per adiacenze localizzate e integrate. Per esempio, in determinati settori un competitor potrebbe diventare un partner strategico integrando alcuni processi produttivi e/o alcune fasi della catena del valore per rispondere alle nuove esigenze di «produttività in sicurezza». Tali trasformazioni costituiscono la vera sfida dei player dell’immobiliare e in generale di tutti gli stakeholder pubblici e privati che in modo tattico e il più possibile flessibile dovranno supportare le nuove esigenze delle aziende e delle famiglie.
- La trasversalità del cambiamento e il «distretto esperienziale». La trasformazione avrà un impatto multi-settoriale, multi-funzionale e multi-comparto. Da qui la probabile necessità di ampliare e ripensare il perimetro del distretto industriale al «distretto esperienziale», quale nuova cornice dove i settori vengono sostituiti dagli stili di vita degli end-user. Si dovrà immaginare una programmazione in sicurezza dell’esperienza lavorativa o di consumo facendo interagire sistematicamente i diversi stakeholder nei nuovi eco-sistemi per dare soluzioni integrate. Potrebbe essere il «distretto esperienziale» stesso a proporre ai consumatori e alle imprese modalità e tempi di fruizione degli asset e delle strutture produttive, compatibili con le esigenze di sostenibilità e di fruizione in sicurezza anche per i sistemi di mobilità a supporto degli spostamenti degli end-user e della logistica per la distribuzione dei prodotti. Per svolgere le sue funzioni, il «distretto esperienziale» avrà come fattori abilitante la tecnologia per la costruzione di piattaforme in grado di creare bespoke client solutions integrando tutti i servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche e dalle istituzioni private in ottica integrata.
Andrea Beltratti è Professore al Dipartimento di Finanza dell’Università Bocconi, dove insegna Economia del Mercato Mobiliare e Equity Portfolio Management, e Academic Director dell’Executive Master in Finance (EMF) di SDA Bocconi School of Management
Alessia Bezzecchi è Associate Professor of Practice in Corporate Finance & Real Estate presso SDA Bocconi School of Management, dove è Program Director dell’Executive Master in Finance (EMF) e dell’Executive Program in Finanza Immobiliare e Real Estate (EPFIRE)