Appunti del direttore
Questioni (non solo) di famiglia: aziende familiari e resilienza
Parlando di aziende familiari, sento spesso dire che la tradizione rappresenta uno degli asset più importanti, in grado di distinguerle e renderle più resilienti rispetto a quelle non familiari. Ma in una fase di grande cambiamento e discontinuità come quella che stiamo attraversando, la tradizione familiare è ancora un valore? A mio avviso sì, ad alcune condizioni.
Per prima cosa, sono convinto che le aziende familiari non debbano restare chiuse su se stesse, bensì cercare di aprirsi all’esterno quanto più possibile. Quest’apertura può prendere diverse forme: per esempio, la partecipazione attiva nelle associazioni di categoria, in cui è possibile confrontarsi con altre realtà imprenditoriali che affrontano problemi simili; ma anche coinvolgendo nella gestione aziendale manager qualificati reclutati all’esterno e modificando gli assetti di governance in modo tale da garantire una maggiore presenza di attori terzi nei CdA. Da questo punto di vista le aziende italiane possono fare di più: un confronto con le aziende familiari tedesche, per esempio, ha messo in evidenza come queste ultime abbiano meno consiglieri familiari nei CdA e un maggior numero di leader stranieri al vertice.
Un altro fattore importante riguarda i tempi del ricambio al vertice. Credo che in un momento di profonda trasformazione come quello attuale in molte aziende sia necessario un cambio di passo, accelerando il ritmo dei processi di passaggio generazionale. Inoltre, il ricambio non può avvenire solo secondo logiche di appartenenza, bensì - come sottolinea anche il CEO di Inoxfucine Lorenzo Pugassi in questa intervista per E&MPLUS - bisogna sempre tenere saldi criteri di capacità e competenza.