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Sharing: l'ora del B2B
Se c’è una lezione che aziende come Airbnb o BlablaCar ci hanno insegnato è che condividere è più remunerativo che vendere, segnando un passaggio epocale: dall’economia della produzione di prodotti e servizi a quella dell’intermediazione di mercati della condivisione (di appartamenti, macchine, lavoro, ecc.). Aziende che sono in grado di operare con minimi investimenti in capitale fisso, sfruttando il digitale per far scalare le attività collaborative a livello globale a costi marginali pressoché nulli.
Se i protagonisti della sharing economy sono oggi start-up con pochi anni (o talvolta mesi) di vita, anche aziende consolidate possono sfruttare la condivisione come un’opportunità di cambiamento e innovazione del proprio business. Alcune grandi aziende si sono già mosse, spesso in conseguenza della minaccia competitiva dei nuovi attori digitali: Mariott ha lanciato Workspace on Demand, un servizio di condivisione di spazi di lavoro, Mercedes ha lanciato Car2GO, seguita da Fiat e Eni, con Enjoy. In questo contesto si posiziona la recente iniziativa xChange, lanciata da BCG, interessante evoluzione del proprio business in un contesto digitale (in questo caso la consulenza), realizzata valorizzando competenze, tecnologie e relazioni esistenti.
Il caso di xChange è distintivo perché rappresenta uno dei primi esempi concreti di sharing economy applicata al mondo B2B. Si tratta di un mercato ad alto potenziale, considerato quante le aziende oggi hanno necessità di rendere flessibile ed efficiente la propria struttura operativa e valorizzare asset sottoutilizzati, ma ancora inesplorato. È ragionevole attendersi nel prossimo periodo una rapida crescita di questa tipologia di servizi nel contesto delle aziende, che permetteranno di condividere, in maniera scalabile e globalmente accessibile, processi, asset e competenze tramite digitale.
(Francesco Saviozzi è Direttore del Master in Imprenditorialità e Strategia (MISA) di SDA Bocconi School of Management)