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L'auditor come value creator
La possibilità di sopravvivenza di qualsiasi essere vivente in natura è direttamente correlata alla sua capacità di evolvere e di rispondere alle esigenze dell’ambiente nel quale si trova a vivere. Lo stesso principio può essere applicato sia alle entità aziendali nel loro complesso sia alle singole funzioni che le compongono.
Sulla base di questo presupposto si sviluppa la 2016 Deloitte’s Global Chief Audit Executive Survey, che ha coinvolto più di 1200 responsabili della funzione internal audit in 29 paesi di tutto il mondo, in 8 industry differenti, con la finalità di identificare le linee di evoluzione per questa cruciale funzione aziendale, il suo attuale status e le aspettative per il futuro.
La ricerca conferma come i Chief Audit Executive siano ben consapevoli della necessità di un cambiamento nel ruolo della propria funzione, che dovrà obbligatoriamente passare attraverso lo sviluppo di attività di supporto interno, con finalità preventiva e predittiva, da affiancare alle attuali attività di controllo ex post ed assurance, che caratterizzano la funzione, in particolare nell’area EMEA.
Trovano inoltre riscontro nella survey internazionale alcune delle principali tendenze osservabili già da tempo nel mercato italiano. I Chief Audit Executive sottolineano, infatti, l’importanza di un modello di sourcing «aperto», attraverso il ricorso a provider esterni all’organizzazione di appartenenza per l’esecuzione di attività che richiedono professionalità specifiche (per esempio, in ambito risk management e cyber security) al fine di colmare i gap di competenze degli auditor tradizionali. Accanto a tale alternativa, viene altresì valutata positivamente la possibilità di programmi che consentano lo scambio di risorse con le strutture di business.
È inoltre chiara la necessità di sviluppare nuovi strumenti e competenze per l’analisi efficace di grandi quantità di dati. L’utilizzo di strumenti evoluti di data analytics è, infatti, percepito come un fattore chiave per incrementare l’efficienza e l’efficacia delle attività di audit, sebbene solo il 31 per cento degli intervistati abbia dichiarato di utilizzare tali tecniche a un livello intermedio o avanzato.
Di particolare interesse è, infine, quanto emerge dall’autovalutazione circa l’influenza della funzione di internal audit e il suo impatto sulla realtà aziendale. Solamente il 28 per cento degli intervistati ritiene che la propria attività abbia un impatto e un’influenza forte sulla realtà aziendale, mentre il 16 per cento pensa che questi siano scarsi o addirittura nulli.
Tale dato è variabile per settore e area geografica, risulta tuttavia di particolare interesse notare come la percezione dell’efficacia sulla realtà aziendale sia maggiore in un’industry come quella dei financial services, nella quale i modelli di controllo interno risultano particolarmente sviluppati e complessi, anche per effetto dei requisiti regolamentari di riferimento. Di contro, il settore manifatturiero, relativamente meno maturo da questo punto di vista, è quello nell’ambito del quale l’efficacia dell’internal audit è meno percepita.
Trova, quindi, conferma la necessità di pensare a una funzione di internal audit che sia in grado di evolversi, in maniera coordinata e armonica con il sistema complessivo dei controlli interni, al fine di conseguire quella trasformazione da mero controllore ad attivo creatore di valore aziendale, attraverso attività di prevenzione e intelligence.
(Emilia Merlotti è Lecturer nel Dipartimento di Accounting presso l'Università Bocconi e docente dell'Area ACFAI della SDA Bocconi School of Management)