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Il PNRR e la finanza per la sostenibilità
Sostenibilità e policy-making. Il Brundtland Report nel 1987 ricordava a tutti noi che il pianeta non si eredita dai genitori, ma si prende a prestito dai figli, introducendo una definizione di sostenibilità ancora oggi attuale. Qualche progresso è stato fatto, specie se valutiamo i risultati alla luce del concomitante aumento del 60 per cento della popolazione complessiva, da 5 a 8 miliardi. La politica economica europea ha scelto di dare un grande peso all’obiettivo di sostenibilità, ponendo potenzialmente il settore produttivo in posizione di svantaggio competitivo rispetto al resto del mondo nel tentativo di trasformare la propria struttura economica. L’approccio europeo è lodevole, anche se forse poco pragmatico, ma presenta un grave difetto di comunicazione: procede per divieti e imposizioni centrali spesso poco credibili (come l’eliminazione delle auto non-elettriche e i vincoli al patrimonio immobiliare) invece che in modo decentralizzato e comprensibile da famiglie, investitori e imprese. Il Next Generation EU, il fondo europeo dal valore di 750 miliardi di euro, è l’occasione giusta per cambiare la tendenza: può far percepire l’Europa come una partner vicina agli individui e alle imprese invece che come un’associazione di controllo contabile fondata a Maastricht. Ma i soldi e un approccio decentralizzato non bastano senza la finanza.
La finanza per la sostenibilità. La finanza è al centro di questa sfida, contrariamente a quanto si potrebbe pensare. I risultati aggregati prodotti da un’economia dipendono dalle scelte delle aziende e dei consumatori, tutte influenzate dai prezzi di mercato e dalle disponibilità finanziarie. Ma i prezzi dipendono da domanda e offerta, influenzate a loro volta dalla disponibilità di informazione e dal grado di conoscenza e consapevolezza circa le conseguenze delle scelte. Informazione, educazione, disponibilità di risorse: esattamente gli ingredienti della finanza. A pensarci bene, invece di chiedersi che cosa c’entra la finanza con la sostenibilità, dovremmo chiederci come sia possibile pensare alla sostenibilità senza la finanza. Ma cosa può fare di concreto la finanza per la sostenibilità? Tra le tante cose ne vogliamo evidenziare tre: la financial education, la scoperta dei valori in gioco, la finanza e la tecnologia.
La financial education. Tutte le survey internazionali ci raccontano la stessa storia: le persone non sono neanche lontanamente vicine alla descrizione dei libri di testo di economia. Hanno carenze informative, non sono abbastanza attente, non sempre capiscono in modo corretto l’informazione disponibile, soffrono di incoerenza temporale, si emozionano. Alcune di queste caratteristiche sono ineliminabili in quanto connesse alla natura umana (secondo i neuropsicologici, l’essere umano fatica a ragionare in termini statistici prediligendo invece semplici associazioni di causa ed effetto, vere o inventate che siano), ma altre sono fardelli che impediscono di approfittare delle opportunità. Come rimediare? Il ruolo della famiglia era una volta molto importante per imparare a gestire le risorse, ma oggi è sempre più difficile contare su tale fonte di apprendimento da un lato perché i concetti sono difficili e non basta conoscere l’economia domestica, dall’altro perché il tempo attivamente trascorso in famiglia senza distrazioni esterne è più corto. Questo enfatizza il ruolo della scuola, dall’istruzione primaria sino a quella universitaria. L’Italia è molto carente da questo punto di vista: tra le decine di materie studiate è raro trovare l’economia e la finanza. Molti studenti universitari si laureano senza la minima idea di come gestire le risorse finanziarie che verranno guadagnate quando nel corso della loro vita lavorativa trasformeranno il loro capitale umano in capitale finanziario. Ciò è molto grave per un paese con 5.000 miliardi di euro di attività finanziarie. È come se un paese del Medio Oriente cercasse di estrarre il petrolio con secchiello e paletta.
La finanza e la scoperta dei valori in gioco. Quanto vale il nostro tempo perso nel traffico? In che modo l’impegno sociale di un’azienda può bilanciare la riduzione dei profitti? Il vantaggio sociale di piantare alberi bilancia davvero il costo delle emissioni di CO2? Non lo sapremo mai senza uno sforzo di misurazione che vada oltre l’evidenza misurata dai prezzi di mercato per addentrarsi nel calcolo del valore delle attività che non passano dai mercati. Le aziende producono bellissimi report in cui elencano le tante opere positive di carattere sociale e ambientale, ma alla fine dell’elenco è difficile capirne il vero impatto globale. Per smettere di essere la scienza che conosce i prezzi ma ignora i valori abbiamo bisogno di dati ma soprattutto di metodi in grado di usare tutta l’evidenza disponibile per trasformare le liste in numeri confrontabili dal punto di vista monetario, e di un quadro logico e contabile in grado di creare un linguaggio comune. Abbiamo poi bisogno di coinvolgere gli individui nello sforzo di misurazione dell’impatto delle nostre attività quotidiane, sperando che, come nella fisica quantistica, la misurazione influenzi i risultati finali.
La finanza e la tecnologia. Stiamo vivendo una straordinaria fase nel processo di creazione e trattamento dei dati. Quando avremo risolto in maniera più stabile le questioni legali aperte sulla possibilità di utilizzare i dati disponibili, e i problemi tecnici legati all’utilizzo delle tante fonti di dati aziendali, potremo fare ulteriori passi in avanti. La prossima introduzione su larga scala dei computer quantistici aumenterà esponenzialmente le possibilità di trattare i dati, aiutando le imprese a conoscere in tempo reale la situazione del mercato e a capire e prevedere le esigenze dei loro clienti, consentendo agli intermediari finanziari di operare sui mercati e di finanziare le imprese usando informazioni raccolte da foto satellitari, filmati e testi scritti.
Il PNRR e l’Università Bocconi. Tra i vari progetti del PNRR dedicati alle università assumono una rilevanza e originalità particolari quelli relativi agli «ecosistemi dell’innovazione», il cui obiettivo non è la ricerca di base ma quella applicata, in particolare dal punto di vista del trasferimento tecnologico alle imprese e dell’impatto sociale. Nell’ambito degli ecosistemi, l’Università Bocconi, assieme all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, all’Università Statale e al Politecnico di Milano, fa parte di Multilayered Urban Sustainability Action (MUSA), un progetto triennale finanziato dal PNRR che vede la collaborazione di 24 soggetti pubblici e privati, organizzato secondo la formula di un hub centrale e vari spoke specifici. L’Università Bocconi ha la responsabilità dello spoke sulla finanza per la sostenibilità, e affronterà, mediante una fitta e continua interazione con i vari soggetti pubblici e privati, proprio gli argomenti precedentemente oggetto di questo articolo. L’obiettivo? Mettere la conoscenza metodologica al servizio della comunità al fine di impattare in modo concreto sulla società, in particolare quella locale. Una sfida organizzativa di straordinaria complessità, ma di enorme potenzialità. Le università hanno in questo caso il compito fondamentale di spendere al meglio le risorse messe a disposizione dell’Europa, creando innovazione e sviluppo e aiutando le imprese, le istituzioni finanziarie, i risparmiatori e i consumatori a sviluppare gli strumenti indispensabili per rendere un po’ più concreta la ricerca della sostenibilità.
Andrea Beltratti è Professore al Dipartimento di Finanza dell’Università Bocconi, dove insegna Economia del Mercato Mobiliare e Equity Portfolio Management, e Academic Director dell’Executive Master in Finance (EMF) di SDA Bocconi School of Management.
Alessia Bezzecchi è Associate Professor of Practice in Corporate Finance & Real Estate presso SDA Bocconi School of Management, dove è Program Director dell’Executive Master in Finance (EMF) e dell’Executive Program in Finanza Immobiliare e Real Estate (EPFIRE).