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Andrea Rea

Quanto ci costa il vino contraffatto

La contraffazione di vino e alcolici ha comportato un danno di 1,3 miliardi di euro per le aziende legittime del settore nell'Unione Europea, con ricadute anche sui livelli occupazionali lungo l'intera filiera e sulle entrate pubbliche

I settori ad alta intensità di diritti di proprietà intellettuale rappresentano, nell’Unione Europea, il 39 per cento delle attività economiche e il 26 per cento dell’occupazione. Le imprese che operano in questi comparti utilizzano inevitabilmente marchi e segni distintivi idonei a proteggere e valorizzare i propri prodotti e, nello stesso tempo, la proprietà intellettuale che li qualifica e li caratterizza. Gli effetti di questo valore specifico sono stati, peraltro, calcolati con un incremento del valore medio dei ricavi per dipendente in media superiori al 28 per cento rispetto alle aziende che non possiedono diritti di proprietà intellettuale; valore che aumenta fino a un incremento del 32 per cento per le PMI.

Al fine di tutelare questo significativo valore economico è stato creato l’Osservatorio europeo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, che sta monitorando diversi settori ad alta intensità di proprietà intellettuale, al fine di valutare i danni diretti ed indiretti sul calo delle vendite e dell’occupazione determinati dai fenomeni di «contraffazione».

L’ultimo studio in tal senso ha riguardato i settori degli alcolici e dei vini, che rappresentano rispettivamente una produzione media (2008-2013) pari a 22 e 27 miliardi di euro, di cui 8 miliardi di esportazioni extra UE per gli alcolici e 7 miliardi per i vini. 54.000 sono i lavoratori occupati nella produzione di alcolici e oltre 120.000 nei vini. I principali paesi produttori nell’Unione Europea sono il Regno Unito seguita dalla Francia negli alcolici; Francia, Italia e Spagna nei vini.

L’effetto della contraffazione per l’UE nel suo complesso è stato stimato nel 4,4 per cento del consumo di alcolici e nel 2,3 per cento del consumo di vini, con un calo delle vendite totali, per le imprese legittime, di 1,3 miliardi di euro. L’Italia subisce un calo delle vendite di 162 milioni di euro (3,3 per cento negli alcolici e 2,3 per cento nel più importante comparto dei vini).

Gli effetti diretti sull’occupazione sono stimati nella perdita di 4815 posti di lavoro complessivamente nell’UE, di cui 425 in Italia. Valutando però anche gli effetti indiretti sulle filiere, il calo delle vendite annuali per l’UE aumenta a 3,3 miliardi di euro e la minore occupazione può essere stimata in una perdita di 23.300 posti di lavoro. Il danno sulle entrate pubbliche, infine, è stimato in 1,2 miliardi di euro per il totale dei paesi dell’UE.

La tutela dei diritti di proprietà intellettuale delle imprese e, quindi, delle marche in cui si manifestano significa difendere un valore economico generato da investimenti e risultati sedimentati e conquistati nel tempo, con effetti traino sull’economia territoriale, come si evince dagli effetti moltiplicativi evidenziati dai costi indiretti della contraffazione. Per altro verso, queste azioni di tutela, a prescindere dalla dimensione dei danni economici contingenti, servono a garantire un orientamento degli investimenti futuri verso la creazione di valore reale, oltre che verso un’economia etica e meritocratica, che consenta di beneficiare del «ritorno dell’investimento» (ROI) a chi ha saputo trasformare il diritto di proprietà in innovazione e valore riconosciuto dal mercato.

Oltre al supporto delle necessarie attività di polizia, le aziende sono costrette a investire direttamente sulla contraffazione, per esempio attraverso innovazioni nei sistemi di chiusura, oltre che sulle etichette, in particolare nel settore degli alcolici. Come si è evidenziato, infatti, il fenomeno della contraffazione è in percentuale più forte in questo mercato, rispetto alle vendite di vino. Lo studio dell’Osservatorio non offre informazioni specifiche su questi aspetti, ma è noto che il mercato degli alcolici è maggiormente caratterizzato da brand aziendali, spesso con ampia diffusione distributiva, e soprattutto offre un maggior valore aggiunto della marca, rispetto ai vini che, invece, in generale distribuiscono attraverso canali distributivi meno lunghi e spesso su mercati più circoscritti, che certamente ne tutelano in parte l’autenticità.

In conclusione, lo studio dell’Osservatorio sulla contraffazione apre, in generale, un’interessante e significativa finestra su un tema più complesso e primario come quello del brand nei suoi diversi livelli, dalla marca di prodotto al «made in». In questa prospettiva di marca crediamo che vada innanzitutto analizzato e combattuto, tenendo conto delle specificità competitive dei singoli mercati: in questo caso degli alcolici e del vino.

(Andrea Rea è responsabile del Wine Management Lab della SDA Bocconi e professore di Digital Marketing presso l'Università "La Sapienza" di Roma)

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