Interventi & Interviste

Carlo Messina

Nella condivisione dei valori il segreto della leadership

Presentiamo un intervento a firma di Carlo Messina, CEO di Intesa Sanpaolo, tratto dal volume Business NeXT. Non è solo questione di tecnologie, a cura di Andrea Beltratti, professore all’Università Bocconi e Academic Director dell’Executive Master in Finance (EMF) di SDA Bocconi School of Management, e Alessia Bezzecchi, docente di Corporate Finance & Real Estate presso SDA Bocconi School of Management, dove è Program Director dell’Executive Master in Finance (EMF) e dell’Executive Program in Finanza Immobiliare e Real Estate (EPFIRE).

Un decennio di trasformazione

In poco più di un decennio, il mondo per le banche è cambiato velocemente, molto più di quanto sia mai avvenuto nel passato. Le innovazioni regolamentari seguite alla crisi del 2008 hanno spostato l’attenzione dei mercati sui temi della solidità patrimoniale degli intermediari e sul profilo di rischio del loro modello di business. Il lungo periodo di tassi prossimi allo zero ha forzato le banche a ricercare e sviluppare fonti di ricavo alternative alla pura intermediazione. Soprattutto, la rivoluzione tecnologica che ha al centro le reti di comunicazione, i dati e la tecnologia informatica (da alcuni definita «quarta rivoluzione industriale») sta avendo forti impatti su ogni ambito dell’attività economica, dai metodi di produzione, alle industrie, ai beni e servizi, fino alle abitudini di consumo e agli stili di vita delle persone: il modo stesso di fare banca ne è stato rivoluzionato. Questa trasformazione si è già ampiamente avvertita nelle relazioni con i consumatori: il passo successivo si percepirà sempre più nel rapporto con le imprese.

In un contesto sempre più volatile, incerto e complesso, i manager sono chiamati a pensare, agire e reagire in modo non convenzionale, per assicurare alle proprie aziende prospettive di crescita sostenibili nel lungo periodo. Ma bastano buoni manager ad assicurare una creazione di valore sostenibile nel tempo? Cosa significa veramente oggi essere leader di un’organizzazione complessa? Affronterò queste domande a partire dalla mia esperienza personale e da quella di Intesa Sanpaolo, la banca in cui dal 2013 rivesto la carica di Consigliere Delegato e Chief Executive Officer.

 

Il Piano di Intesa Sanpaolo per il 2018-2021

In risposta alla complessità e alle sfide dello scenario operativo, il Piano di Impresa 2018-2021 presentato da Intesa Sanpaolo lo scorso febbraio fissa obiettivi importanti in termini di solidità, crescita, digitalizzazione e innovazione.

Il de-risking è sicuramente tra i pilastri fondamentali della creazione di valore. Grazie all’operazione siglata nell’aprile 2018 con Intrum Justitiae, uno tra i più importanti operatori al mondo del settore, abbiamo ridotto di circa 11 miliardi lo stock dei non performing loans (NPL): lo abbiamo fatto cedendo i prestiti a valore di carico, senza costi per gli azionisti.

Continuiamo a rafforzare il grado di copertura delle sofferenze: nel 2017 abbiamo raggiunto il 57%, dal 46% del 2013. Ciò ci mette in condizione di proseguire nel trend di recupero del credito, oppure di procedere a dismissioni a valore di carico. Riportare in bonis i crediti incagliati è tra i nostri primi obiettivi, perché garantisce una prospettiva positiva alle imprese e alle famiglie e rappresenta un risultato concreto per il Gruppo.

Al fine di sostenere i ricavi e cogliere nuove opportunità di business, sono stati individuati per il prossimo quadriennio alcuni settori prioritari di intervento: il wealth management, con un respiro sempre più internazionale; la tutela assicurativa, con particolare riferimento ai rami danni non-motor; lo sviluppo di un’offerta distintiva dedicata alle imprese e al mid-corporate, per aiutare i «campioni» italiani ad avere successo a livello internazionale. Intendiamo inoltre investire nel rafforzamento della presenza in Cina, dove abbiamo lanciato Yi Tsai («Talento italiano», una delle prime società interamente controllate da un operatore internazionale a offrire in Cina servizi di wealth management) e dove siamo azionisti al 49% della società di asset management Penghua e al 15% di Bank of Qingdao. Efficienza e contenimento dei costi rappresentano elementi qualificanti della creazione di valore. Le filiali rimarranno il punto di contatto fondamentale con il cliente, ma i processi tecnologici digitali che interessano il mondo bancario porteranno ad una contrazione del loro numero e alla creazione di nuove professioni. Potranno così essere liberate risorse per progetti che consentano la crescita del business, grazie alla riqualificazione di circa 5000 colleghi verso le nuove professioni bancarie.

Tra le sfide che le banche dovranno affrontare nell’ambito della trasformazione digitale vi è sicuramente la transizione a metodi di pagamento sempre più efficienti. Oggi in Italia l’86% dei pagamenti è ancora realizzato utilizzando il contante: l’obiettivo è poter arrivare a spostare denaro tra conti correnti in modo istantaneo, aprendo così nuovi scenari competitivi con soluzioni di pagamento tanto nel mondo del B2B, che nei pagamenti quotidiani. Intesa Sanpaolo è tra le prime 15 banche europee che hanno implementato i bonifici istantanei.

La trasformazione digitale dei servizi bancari, finanziari e assicurativi richiede un’attenzione particolare sotto il profilo della sicurezza e della trasparenza ma, allo stesso tempo, è fonte di grandi opportunità. L’Innovation Center di Intesa Sanpaolo effettua costantemente scouting di startup (anche grazie agli accordi con importanti player nazionali e internazionali), al fine di identificare soluzioni che possano essere utilizzate nell’ambito del Gruppo o proposte alle aziende clienti. Quando le soluzioni o le stesse startup sono reputate particolarmente interessanti, la banca può valutare di investire anche usando i propri fondi di venture capital o corporate venture capital: importanti elementi di accelerazione della crescita sia per la banca che per il Paese.

Esiste, e ne siamo pienamente consapevoli, un legame molto stretto tra la nostra banca e il Paese: i 250 miliardi di euro di credito a medio-lungo termine che pianifichiamo di erogare alle famiglie e alle imprese italiane sono un contributo reale allo sviluppo, non solo finanziario, della nostra economia e della nostra società.

Consci delle cruciali sfide nell’ambito della sostenibilità ambientale, abbiamo intrapreso un piano di azione pluriennale che prevede linee concrete di intervento finalizzate a ridurre i rischi e gli impatti sull’ambiente e a contenere i consumi energetici, oltre all’erogazione di finanziamenti e servizi destinati alla green economy. Nell’ottica di preservare e valorizzare l’inestimabile patrimonio artistico e culturale italiano, siamo impegnati sia nel Progetto Cultura, sia in tante partnership che ci vedono stabilmente al fianco di istituzioni pubbliche e private. Infine, attraverso la creazione di un fondo di garanzia, sosterremo le categorie con difficoltà di accesso al credito; stiamo anche avviando misure per assicurare migliaia di pasti, posti letto, abiti e farmaci ai bisognosi.

 

Essere leader in un mondo che cambia

Come CEO di Intesa Sanpaolo, i temi che ho richiamato in precedenza – dalla trasformazione digitale all’innovazione del modello di business, dall’inclusione sociale alla filantropia, dalla sostenibilità ambientale al sostegno alla cultura – mi vedono oggi impegnato in prima persona.

Ma (e veniamo in questo modo al cuore del mio intervento) cosa significa essere il leader di un grande banca come Intesa Sanpaolo?

A chi mi domanda se la leadership sia una scienza (e quindi possa in qualche modo essere studiata e imparata) o un’arte (e dunque frutto di estro o ispirazione), rispondo che in realtà la leadership non si esaurisce in nessuna di queste due alternative.

Certo, sono indispensabili la propensione all’innovazione e la fiducia nel futuro e nel cambiamento; il leader deve avere una visione che gli permetta di interpretare le evoluzioni del mercato, affrontando responsabilmente eventuali situazioni di rischio.

Ma la leadership è anche e soprattutto capacità di istituire un legame solido con le persone; è prendersi cura di loro ed essere da loro riconosciuto come stabile e credibile punto di riferimento.

In Intesa Sanpaolo lavorano circa 100.000 persone. Un capo si espone in prima persona, ed è spesso chiamato a prendere decisioni difficili che possono esercitare un impatto sulla vita di molte famiglie: avere alle spalle una squadra competente e coesa gli permette di decidere serenamente, con lucidità e sicurezza. Per quanto sfidanti possano essere il contesto ambientale in cui l’organizzazione opera, o l’insieme dei KPI di gestione, il contributo delle persone rimane indispensabile al raggiungimento degli obiettivi. Nessun leader, anche se geniale e ispirato, può far crescere un’azienda da solo.

Questa per me è una convinzione profonda, originata anche dal mio percorso personale in Intesa Sanpaolo, che mi ha portato a diventare CEO «dall’interno», con l’apporto e il consenso di tanti colleghi. Questa è anche la modalità che ha consentito alla nostra banca di raggiungere con successo, pur in un contesto economico straordinariamente complicato e sfidante, gli obiettivi del Piano d’Impresa 2014-2017.

Farò solo un cenno veloce. Nel quadriennio chiuso nel 2017 sono stati distribuiti dividendi per 10 miliardi di euro ed è stato erogato nuovo credito a medio-lungo termine all’economia reale per 200 miliardi. Abbiamo trasformato il modello di business focalizzandolo su prodotti e servizi ad alto valore aggiunto in grado di generare commissioni, nel momento in cui i bassi tassi di interesse penalizzavano il conto economico. Abbiamo realizzato, e siamo stati tra i pochissimi istituti bancari a farlo, una svolta positiva nella qualità del credito. La produttività è migliorata continuando a investire nel futuro e a valorizzare le risorse interne, con la responsabilità di essere il primo datore di lavoro privato in Italia e un datore di primaria importanza in tutti i Paesi dove siamo presenti. Il senso di responsabilità e il coraggio di agire ci hanno permesso di risolvere rapidamente la crisi delle ex banche venete. La solidità di Intesa Sanpaolo è stata infine premiata dai mercati. La banca gode oggi del rispetto dei regolatori europei e di una reputazione senza eguali: è un simbolo dell’Italia che funziona.

Indubbiamente, i colleghi di Intesa Sanpaolo sono stati il fattore decisivo per i progressi realizzati dall’azienda in questi anni: investire sulle persone continuerà a essere il tratto distintivo della mia gestione anche per il futuro.

Non è un caso che l’elaborazione del Piano 2018-2021, di cui ho ricordato in precedenza alcuni tratti salienti, sia stata condivisa non solo con il management, chiamato a contribuire attivamente alla sua definizione, ma anche con oltre 13.000 colleghi, da cui sono state raccolte idee e proposte. A vantaggio di tutti i colleghi è stato da poco rinnovato il Piano di incentivazione per la partecipazione ai risultati che il Gruppo conseguirà nei prossimi anni: vi ha aderito più dell’80% dei potenziali interessati. Questo risultato illustra con molta concretezza che i colleghi hanno ben compreso le sfide che ci attendono, hanno fiducia nelle figure apicali, condividono gli obiettivi aziendali e sono pronti a impegnarsi per raggiungerli. È evidente il rapporto strettissimo che lega il concetto di leadership a quello di responsabilità, in primis nei confronti delle persone. Ci sono tuttavia altre caratteristiche che, a mio avviso, devono connotare la leadership. Innanzitutto la competenza. Non ci può essere crescita se non basata sulla conoscenza e sulla competenza e, dunque, su un lavoro molto serio di rafforzamento del proprio bagaglio culturale e delle proprie skill. È un argomento, quello della competenza, a cui in Intesa Sanpaolo crediamo molto, a ogni livello. Per questo investiamo sui giovani talenti e sulla formazione continua; per questo abbiamo puntato sulla riqualificazione delle risorse, a fronte delle esigenze delle nuove professioni che emergono dalla digitalizzazione dei processi.

Poi l’umiltà. Mi piace molto il concetto statunitense di servant leadership, interpretato come una leadership non autoritaria, basata sull’umiltà piuttosto che sull’arroganza. Comportarsi da servant leader significa essere un alleato, motivare e spiegare le proprie scelte e i propri comportamenti, rendendo i colleghi partecipi di tutto il processo lavorativo, a tutti i livelli. Attraverso il valore dell’umiltà, il vero leader riesce a mettersi in discussione nei confronti degli altri, così da crescere come capo e da far crescere la propria squadra.

Infine, il riconoscimento del merito e del talento, che implica l’abbandono delle logiche tipicamente italiane dei «clan» e delle «cordate».

La leadership è in parte legata a doti innate e alle esperienze dei primi anni di vita, ma si può anche sviluppare agendo sulla consapevolezza e conoscendo le proprie aree di forza e di miglioramento. È necessario essere motivati e motivare, lavorando su sé stessi e sugli altri, sentendosi i primi responsabili del proprio sviluppo e indirizzando le persone verso i propri obiettivi di crescita.

Vorrei però tornare ancora sul concetto di responsabilità, per aggiungere che la responsabilità del leader non si limita esclusivamente al perimetro dell’azienda: si estende anche verso la società civile.

L’etica può essere considerata una caratteristica innata. Essa è un tratto fondamentale che non si acquisisce, ma si possiede: porta a concentrarsi principalmente sulla buona gestione, a decidere ciò che si ritiene più giusto. In quest’ottica, il leader deve operare con senso di responsabilità non solo verso i colleghi, ma anche verso l’ambiente, verso la cultura, verso i più deboli. L’impegno nell’inclusione finanziaria e nella filantropia per provare a ridurre le disuguaglianze e le ingiustizie, nell’arte e nella cultura per favorire la crescita intellettuale e la passione per il bello, per la musica, per la lettura, per l’ambiente – patrimoni di cui l’Italia è così ricca – sono elementi fondamentali su cui insisto molto, perché li ritengo funzionali allo sviluppo strategico di Intesa Sanpaolo e del Paese, e non semplici orpelli reputazionali.

Ho già detto che nessuno può guidare un’impresa in autonomia: bisogna ispirare chi ci lavora, farlo partecipe di un progetto comune, enfatizzare il senso di appartenenza e l’orgoglio di far parte di un team coeso che affronta una sfida complessa. Il senso vero della leadership è allora riuscire a costruire un insieme di valori comuni, che fondino una vera e propria «cultura aziendale». Più le persone si ritroveranno in questa comunità e ne condivideranno i valori, tanto più saranno consapevoli, motivate e proattive: questo è lo strumento per creare valore in modo sostenibile.

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