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Rossella Cappetta

Non c'è apprendimento continuo senza impresa

Presentiamo di seguito in anteprima un estratto del volume di Rossella Cappetta, Apprendimento non-stop. Integrare politiche pubbliche e aziendali sulla formazione per conciliare benessere e produttività (Egea, 2018)

La discussione sul tema dell’apprendimento continuo degli adulti è principalmente una discussione sulle risorse economiche per la formazione svolta da attori governativi, al livello di Paesi o di organismi politici più ampi. Anche dal punto di vista normativo, l’impresa è raramente citata fra gli i soggetti attivi chiamati a generare specifici risultati di apprendimento e questo anche quando i governi scelgono di attuare misure di obbligo alla formazione. Queste misure, infatti, pur avendo le imprese come destinatario, tendono a rimarcare solo l’obbligo di tipo economico dell’impresa. E, se intese puramente come modalità di tassazione, relegano l’impresa al ruolo di finanziatore, non prevedendone attività specifiche relative ai contenuti e ai risultati di formazione. Talvolta possono ravvisarsi generici richiami a un auspicabile coinvolgimento delle imprese, ma manca quasi sempre il riferimento alle modalità operative attraverso cui le politiche aziendali di formazione possano essere specificamente coordinate o supportate o indirizzate al fine di contribuire al risultato di apprendimento continuo dell’intera comunità.

Ne discende che l’impresa è stata la grande assente del dibattito su questo tema e questo non sorprende, come invece dovrebbe, gli studiosi di gestione aziendale, dato che specularmente in questi studi l’apprendimento continuo degli adulti è trattato come un fatto tutto privato rispetto alla singola impresa e ai suoi fabbisogni, avulso da ogni responsabilità specifica e non analizzato con riferimento alle implicazioni sociali. Eppure, fra i principali problemi implementativi delle misure pubbliche di supporto all’apprendimento vi è proprio la difficoltà di identificazione dei risultati e, quindi, della qualità dei percorsi formativi. Ed evidentemente questi problemi non possono essere risolti prescindendo da un coinvolgimento diretto dell’impresa, se larga parte dell’apprendimento continuo di un adulto avviene nel luogo di lavoro. Qualunque sia l’insieme di specifiche misure promulgate dai governi, senza il coinvolgimento attivo dell’impresa è altissimo il rischio di supportare una formazione fittizia sganciata da fabbisogni reali e attivata allo scopo primario di utilizzare risorse economiche vincolate alle attività formative. Per superare una prospettiva meramente di finanziamento e porre attenzione reale alla qualità della formazione non è possibile evitare di aprire un confronto sui risultati che l’impresa e le persone si aspettano di ottenere dalla formazione. Quand’anche si riesca a vincolare una grande quantità di risorse economiche per la formazione, come fanno i governi ad assicurarsi che siano utilizzate per una formazione rilevante e di qualità? E senza il coinvolgimento dell’impresa, è difficile anche l’uso diffuso delle misure rivolte agli individui. Come fanno i governi a contattare e avvicinare ad un percorso formativo la grande parte di persone che non chiede esplicitamente formazione? Quando e in quali luoghi gli interventi formativi possono essere attivati, se le persone sono occupate per molte ore al giorno nelle attività lavorative? Ancora una volta, senza il coinvolgimento dell’impresa, si supporterà una formazione avulsa dai contenuti di lavoro delle persone e che, per vincoli di tempo, pochi riusciranno a svolgere pienamente.

Più precisamente, ci sono perlomeno tre ragioni operative che rendono funzionale ed efficiente il coinvolgimento attivo dell’impresa nel sistema di apprendimento continuo di un Paese:

i. la necessità di identificazione delle competenze delle persone e della loro disponibilità di tempo. L’impresa in cui la persona lavora è anche il luogo in cui trascorre una grande parte della propria vita. L’adulto occupato spende all’interno del contesto lavorativo in media otto ore al giorno […]:

ii. la necessità di contestualizzazione dell’apprendimento degli adulti. L’apprendimento degli adulti è strettamente connesso all’uso di nuove competenze specifiche e questo uso avviene in larga misura nei contesti lavorativi […];

iii. l’utilità di un insieme bilanciato di fondi pubblici e fondi privati. Se l’apprendimento continuo è un diritto e se è un diritto che non tutte le persone sono in grado di esercitare, allora è fondamentale il ruolo dei governi per garantire condizioni di equità nell’accesso a una formazione professionale di qualità. Al tempo stesso, non è realistico immaginare un sistema di apprendimento continuo completamente pubblico e finanziato da risorse pubbliche e non solo per motivi di disponibilità economica […].

A queste ragioni operative, però, se ne affianca una quarta più importante e, a parere di chi scrive, dirimente:

iv. la presenza di benefici diretti dell’apprendimento continuo per le imprese e la responsabilità da parte delle imprese verso i «portatori di diritti» (Grandori, 2015). Le imprese beneficiano direttamente dell’apprendimento delle persone che operano all’interno dei loro contesti, in termini di produttività e grado di innovazione, ma anche di motivazione e soddisfazione sul lavoro. Persone che continuano ad apprendere, oltre ad essere più motivate e soddisfatte, sono più produttive e continuano a generare valore. E ormai da più parti si evidenzia con forza che questo valore debba poi ritornare non ai soli azionisti, ma alla più ampia categoria di «portatori di diritti» di cui sicuramente i lavoratori fanno parte. E nella misura in cui si dovesse ritenere che lo sviluppo delle persone occupate in un’impresa sia un dovere dell’impresa stessa, l’impresa dovrebbe essere chiamata a ottemperare in modo non volontaristico a questa responsabilità (Grandori, 2018). E non si tratta chiaramente solo di una responsabilità economica, che può essere assolta con il pagamento di una «tassa». Si tratta di una responsabilità rispetto alla crescita efficace e continua delle competenze delle persone che contribuiscono ogni giorno con il loro lavoro alla creazione del valore di impresa. E, quindi, per ottemperare a una responsabilità di questo tipo dedicare un quantitativo adeguato di risorse economiche alla formazione è solo un punto di partenza ed è necessario che l’impresa si assicuri che le risorse economiche siano impiegate nella progettazione e nell’implementazione di una formazione rilevante che produca risultati di valore per se stessa e per le persone che ne sono coinvolte.

In sintesi, escludere l’impresa dalla politica di apprendimento continuo di una comunità è inefficiente e inefficace. E limitarsi alla sola emanazione di misure pubbliche volte a specificare l’esistenza di un obbligo economico per l’impresa è un modo sbrigativo di affrontare il tema della responsabilità dell’impresa verso tutti i portatori di diritti. […] Le misure di politica pubblica sono importanti, ma solo se innestate in un sistema in cui sono specificate le condizioni operative affinché le imprese, tutte le imprese e non solo quelle più grandi e più strutturate, possano agire per la crescita di competenze della comunità.

Rossella Cappetta Apprendimento non.stop