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Federico Visconti

Enoplastic: quando l’imprenditore fa notizia

A metà gennaio, la notizia è rimbalzata di media in media, secondo le regole della moderna comunicazione. Francesco Piero Macchi, fondatore di Enoplastic, ha destinato con un lascito testamentario un milione e mezzo di euro ai propri dipendenti, come segno di attenzione e di gratitudine verso tutti coloro che hanno contribuito a costruire una storia aziendale di grande successo, quella di Enoplastic. La domanda è spontanea: se non ci fosse stato il lascito, cosa avremmo saputo dell’imprenditore e dell’azienda? Clienti, fornitori e concorrenti molto. Il resto del mondo poco o nulla. Qualche parola sull'imprenditore, qualche altra sull'azienda e, per concludere, una provocazione.

I genitori di Francesco Piero producevano vino e lui cresceva con quella che per gli accademici è un’idea-guida e per i comuni mortali un chiodo fisso: cosa posso fare per migliorare la chiusura della bottiglia, per proteggere la qualità del prodotto, per generare alternative al tappo di sughero? Qualche analogia con Mister Head, quando trafficava nel suo garage per porre la parola fine agli sci in legno e per lanciare quelli in plastica? (Per la cronaca, Harvard gli ha dedicato un caso, scritto nel 1950 e discusso da migliaia di studenti). Analogie a parte, nel 1957 l’imprenditore fonda Enoplastic, con l’obiettivo di produrre chiusure di garanzia per l’industria enologica.

Francesco Piero Macchi è stato un imprenditore «tecnico», alla ricerca sistematica di innovazioni nei materiali utilizzati, nelle funzioni d’uso del prodotto, nella tecnologia di produzione, sempre sviluppata all’interno. È stato un imprenditore proteso all’apprendimento. Raccoglieva stimoli girando per le cantine dei clienti, presidiando la fabbrica, vivendo l’associazione e la fiera di settore. È stato un imprenditore visionario, come documentato dalla tensione alla crescita (fino all’ultimo diceva «chi non fa investimenti è fuori!»), dall’apertura di sedi all’estero (a cominciare dalla Nuova Zelanda, nel 1972) e dall’apertura del capitale alla famiglia Moglia, concretizzatasi nel 2001, allo scopo di dare una più robusta prospettiva di continuità all’azienda. Da ultimo, è stato un imprenditore sociale, che ha sempre considerato l’azienda come un bene privato di interesse pubblico.

Enoplastic sviluppa ricavi per circa 70 milioni di euro, ha quasi 300 dipendenti e opera in 80 paesi.enoplasticview Vanta una forte specializzazione nelle capsule per le bottiglie di spumante, con un reparto dedicato in cui si producono quasi 800 milioni di capsule l’anno. Insieme a un altro gruppo francese, riveste una posizione di leadership all’interno di un settore che lascia ancora qualche spazio per piccoli produttori, a carattere locale. Ma effetti di scala, complessità della supply chain e standard di servizio ai clienti rendono la piccola dimensione sempre più vulnerabile e la crescita una strada obbligata. Grazie alla forza finanziaria (per espressa volontà del fondatore, l’azienda si è sempre sostenuta con risorse proprie), Enoplastic alimenta progetti di investimento ad ampio spettro, finalizzati a migliorare l’efficienza produttiva, a proteggere la posizione di mercato e lanciare nuovi prodotti.

Un primo esempio. Impegnata fin dalle origini nella ricerca di materiali e soluzioni in grado di rappresentare un’alternativa al sughero, l’azienda sta sperimentando LunaPlus, un concentrato di tecnologia racchiuso in 7,5 grammi, in grado di offrire tutte le garanzie di una chiusura perfetta. Realizzato con macchine e tecnologie all’avanguardia, consente un’opportuna ossigenazione del vino, tale da proteggerne ed esaltarne le caratteristiche qualitative senza incorrere in inconvenienti di ossido-riduzione. Un secondo esempio, il sistema di chiusura Green Leaf, che introduce radicali cambiamenti nel mondo del tappo a vite. Le sfide non mancano, nella prospettiva della tutela ambientale, della gestione delle scorte a beneficio dei clienti, dell’evoluzione del modello organizzativo. Ma coraggio e determinazione, apertura al nuovo e spirito di gruppo, da caratteristiche del leader sono diventate patrimonio dell’azienda.

Dunque, si va avanti. La provocazione: dello spread e di quanto bruciano le borse mondiali bisogna parlare, non si può prescinderne. Ciò non toglie che, per restare nel campo delle imprese e degli imprenditori, sia sempre più stringente la necessità di un giornalismo che sappia guardare dentro i bilanci e le strategie delle aziende, che provi a cimentarsi nell’arduo compito di discernere tra buona e cattiva imprenditoria, di portare a esempio i casi di successo, di comunicare ciò di cui le aziende hanno realmente bisogno per crescere.

In poche parole, dedichiamoci alle tante Enoplastic che, per fortuna, continuano a sostenere l’economia del nostro paese. Se fosse, i lasciti farebbero meno notizia.

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