Pagine & numeri

Michele Sabatino

Il settore vitivinicolo: un profilo

Superfici e produzioni vitivinicole siciliane

Il settore vitivinicolo siciliano, in coerenza con quanto è avvenuto in ambito nazionale, mostra una contrazione del 9,10 per cento tra il 2000 e il 2010 del proprio patrimonio ampelografico, inferiore rispetto al dato nazionale (-11,84 per cento) ma in linea con gli obiettivi comunitari di riduzione del potenziale produttivo. La Sicilia è inoltre la prima regione italiana in termini di superficie vitata, con una quota pari al 17,45 per cento di quella nazionale, seguita dalla Puglia (15,25 per cento) e dal Veneto (11,6).

In termini di orientamento alla qualità, le produzioni siciliane a denominazione d’origine hanno subito un incremento tra il 2013 e il 2014 del 96,9 per cento e di 219.000 ettolitri in valore assoluto, con un’incidenza sulla produzione totale dell’isola più che triplicata. Le ragioni di un simile aumento sono da ricercare nel passaggio della Indicazione Geografica Tipica (IGT) Sicilia alla Denominazione di Origina Controllata (DOC) Sicilia nel 2012. Analizzando il trend degli anni precedenti, emerge tuttavia la forte irregolarità dei dati tra un anno e l’altro, dovuta, probabilmente, allo scarso interesse da parte dei viticoltori siciliani verso una delle 24 denominazioni d’origine, alla quale preferiscono molto spesso il richiamo del territorio nel suo complesso, o all’incostante quantità di vino imbottigliato oltre lo stretto. Il nuovo Disciplinare DOC Sicilia del 2015 si inserisce perfettamente in questo ragionamento poiché, imponendo l’obbligo di imbottigliamento in Sicilia, mira a rafforzare la filiera produttiva e indurre le aziende produttrici di vino DOC siciliano ad investire o a stringere accordi commerciali con imprese operanti sul territorio.

Esaminando l’incidenza delle tipologie di vino rispetto alla produzione regionale delle singole campagne, si può constatare come la realtà produttiva sia stata orientata negli ultimi anni verso un progressivo miglioramento della qualità. Se nel 2006 la produzione dei DOC e degli IGT era complessivamente pari al 24,4 per cento del totale regionale, nel 2014 tale quota è più che raddoppiata (59 per cento).

Nel panorama nazionale la Sicilia ricopre un ruolo significativo in termini quantitativi, rappresentando in media il 12,7 per cento della produzione nazionale. Lo stesso non si può dire in termini di qualità poiché in Sicilia si è prodotto in media il 40 per cento di mosto, il 16 per cento di vini comuni, il 16,8 per cento degli IGT e solo l’1,4 per cento dei DOC, confermando come l’orientamento sia ancora prevalentemente indirizzato verso le produzioni di massa, nonostante la tendenza di cui sopra a puntare maggiormente sulla qualità.

Ultimo dato da segnalare è rappresentato dall’evoluzione delle aziende viticole sul territorio, in termini numerici e di dimensione media, prendendo a riferimento l’ultimo censimento ISTAT del 2010 (Tabella 1)

tabella 1 vitivinicolo

I dati degli ultimi quattro censimenti sottolineano un processo di trasformazione importante ma non ancora completo del sistema vitivinicolo italiano. Nel 1982 i viticoltori italiani erano 1,6 milioni, nel 2010 poco più di 383.000. Nello stesso periodo la superficie vitata nazionale si è dimezzata, generando un incremento in valore assoluto della dimensione media aziendale da 0,7 a 1,6 ettari per azienda. Da questo punto di vista, il comparto siciliano risulta in linea con quello nazionale, registrando una riduzione del numero di aziende da circa 170.000 del 1982 a poco più di 40.000 del 2010. Inoltre il dato siciliano, con 2,7 ettari per azienda, è significativo a livello nazionale, in quanto secondo solo al Friuli Venezia Giulia e molto al di sopra di quello nazionale (1,6 ettari per azienda). Le altre regioni italiane con un grado di concentrazione superiore alla media sono la Lombardia, il Piemonte, la Toscana, l’Emilia Romagna, la Puglia e il Veneto – tutte aree che presentano un’elevata competitività a livello internazionale.

Il commercio internazionale del vino siciliano

In un settore caratterizzato dal calo strutturale della domanda interna l’internazionalizzazione diventa una strategia fondamentale. Tuttavia, mentre l’Italia esporta il 42 per cento della propria produzione per un valore di circa 5,4 miliardi di euro, la Sicilia contribuisce solo per l’1,89 contro il 34 per cento del Veneto, il 17,9 per cento del Piemonte e il 16,7 per cento della Toscana.

Come illustra la Tabella 2, il peso del vino siciliano nell’export nazionale degli ultimi dieci anni si è ridotto sia in volume, dal 2,26 all’1,87 per cento, che in valore, dal 2,63 all’1,89 per cento. Isolando il settore siciliano dal contesto nazionale emerge però come a fronte della contrazione della produzione sia aumentato non solo il volume di esportazione, dai 356.040 ettolitri del 2005 ai 367.140 del 2015 (+ 5,1 per cento), ma anche il valore, da 78,8 milioni di euro a 101,3 milioni di euro (+29,4 per cento). L’ultimo decennio ha quindi rappresentato per il comparto un considerevole miglioramento del valore rispetto al volume dell’export, conseguenza di un maggiore orientamento verso una produzione di qualità. In un’ottica di lungo periodo, dalla fine degli anni Ottanta le politiche comunitarie, nazionali e regionali hanno sollecitato un intenso processo di ristrutturazione e riconversione dell’intera filiera produttiva, dalla diversificazione delle cultivar col conseguente ampliamento del patrimonio ampelografico, al potenziamento della fase distributiva, passando per quella di vinificazione in cantina, grazie alle innovazioni nelle tecnologie enologiche.

tabella 2 vitivinicolo

Il profondo processo di rinnovamento del settore vitivinicolo siciliano è tuttora in atto; da esso dovrebbe derivare il recupero del gap accumulato nei confronti delle principali regioni italiane in termini di contributo all’export. Se fino al 2004, la tipologia di prodotto esportato era ancora influenzata dal vino sfuso, dall’anno successivo, si evidenzia una maggiore tendenza alla riqualificazione del prodotto destinato ai mercati esteri, confermata dall’aumento del prezzo medio per litro, passato da 0,46€/l nel 1995 a 2,22 nel 2005 fino a 2,71 nel 2015 (Figura 1).Quest’ultimo dato, se confrontato su scala nazionale, è in linea con quelli delle principali regioni esportatrici quali Veneto (2,85€/l), Piemonte (3,01€/l) e Trentino-Alto Adige (2,51€/l), ad eccezione della Toscana (5,93€).

Queste dinamiche hanno generato una diminuzione della propensione all’export regionale, espresso come rapporto tra quantità esportata e quantità prodotta: se nel 1995 la Sicilia esportava il 21,6 per cento della produzione totale, il dato del 2015 è del 6,6 per cento.

figura 1 andamento dell'export e del valore unitario del vino siciliano

figura 1 vitivinicolo

fonte: elaborazione dati ISMEA e ISTAT

La struttura delle aziende vitivinicole siciliane risulta quindi inadeguata: non a livello di qualità della produzione, quanto nella capacità di insediarsi sui mercati esteri. In altri termini, i produttori siciliani, nonostante abbiano raggiunto un livello qualitativo elevato, dipendono ancora fortemente dal mercato interno, invece di focalizzare le risorse verso una maggiore gestione strategica all’export.

(Michele Sabatino è Assistant Professor di Politica Economica presso la Libera Università degli Studi «Kore» di Enna; la versione completa di questo articolo è disponibile sul n. 5-6/2018 di Economia & Management)

sabatino