E&M

2000/5

Anna Claudia Pellicelli

Analisi della concorrenza verso nuovi modelli?

Ogni modello è una rappresentazione semplificata della realtà: ha dunque limiti tanto più profondi quanto più complessa è la realtà che mira a interpretare e a prevedere. Sui limiti dei modelli – dal BCG alle “cinque forze”, dal break-even point allo SWOT – esiste un’ampia letteratura. A parere di molti, però i modelli classici mantengono la loro validità nei settori stabili ma non in quelli che costituiscono la new economy, nella quale cadono i confini tra settori, l’innovazione incessante è la regola e i nemici “invisibili” sono sempre pronti a entrare nel mercato. Quando la realtà è molto complessa e fortemente dinamica è necessario abbracciare un lungo periodo per interpretare quanto è avvenuto e collocarla in uno schema di riferimento. La previsione basata sui modelli perde quindi capacità di anticipare il futuro. Il rischio per l’accademia è il ritardo nell’innovare nei modelli di interpretazione. Tale capacità potrebbe essere passata al management delle imprese e alle società di consulenza. Questo articolo ha lo scopo di indicare i fattori che hanno indebolito alcuni dei modelli tradizionali di analisi della concorrenza e di esaminare le caratteristiche delle nuove proposte, affidate principalmente a tre tipi di tentativi: adattare i “vecchi modelli” a una realtà fortemente dinamica; riscoprire le proprietà di alcune teorie (per es. la “teoria dei giochi”); ricorrere (nuovamente) alle analogie con altre discipline (in particolare la biologia). Due sono le principali conclusioni: 1. le imprese e le società di consulenza sono molto più rapide della ricerca universitaria nell’innovazione in materia di analisi strategica. Un ambiente fortemente dinamico indebolisce infatti sempre più la capacità della teoria economica di proporre interpretazioni valide capaci di tenere il passo con la realtà; 2. la ricerca di spiegazioni di una realtà sempre più complessa, attingendo da analogie con altre discipline (la biologia in particolare), cui ricorre sempre più frequentemente la teoria economica, ripropone sostanzialmente in una nuova veste la teoria dei sistemi e non costituisce quindi un vero progresso.

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