E&M

2000/2

Claudio Dematté

Come cavalcare l'e-business

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Ritorno sul tema Internet e sull’e-business. Perché, al di là dell’euforia di borsa e degli entusiasmi per i facili guadagni, i cambiamenti e gli sviluppi resi possibili da quell’insieme di tecnologie che per brevità vengono riassunte sotto il nome di Internet oggettivamente costituiscono l’innovazione più radicale che ha investito la società e l’economia da decenni a questa parte. Nell’editoriale del n. 1 2000 ho cercato di chiarire le ragioni per le quali la vita sociale ed economica è destinata a essere trasformata nel momento in cui le persone, le imprese e le istituzioni possono essere inserite in una rete di interconnessioni permanente e interattiva – a banda sempre più larga e quindi con potenziale di trasmettere a due vie qualsiasi cosa possa essere digitalizzata – assistita da server intelligenti in grado di immagazzinare, elaborare e distribuire secondo programmi predefiniti voce, dati, documenti e immagini.

Per superare lo scetticismo che persiste in molte persone circa la reale carica innovativa insita nell’avvento della rete si potrebbero addurre altre ragioni. E forse varrebbe anche la pena di insistere su questo fronte, giacché è provato che le persone cominciano a reagire solo quando maturano, nel profondo, la convinzione che la situazione è irreversibilmente destinata a cambiare e quando intravedono con sufficiente chiarezza sia le opportunità insite nel nuovo corso sia i pericoli che corrono se si attardano in retroguardia. Ancora più utile per rafforzare la convinzione e stimolare la reazione è forse aggiungere ai ragionamenti evidenze tangibili sulla diffusione dei fenomeni Internet, sulle previsioni che si stanno consolidando e sulle scommesse che già ora il mondo finanziario sta facendo sulle nuove attività.

Anche scontando qualche ottimismo, forse interessato, rimane il dato di fondo che tutte le principali banche di investimento mondiali convergono ormai nelle loro valutazioni: tutte ritengono che anche in Europa sia definitivamente decollata la fase dello sviluppo esponenziale di Internet. Il tasso medio annuo di incremento dell’accesso in rete fra il 2000 e il 2003 è quasi da tutti stimato attorno al 30%: un valore che si commenta da solo. Le previsioni sul commercio on line sono ancora più ottimistiche: parlano di tassi medi annui di espansione superiori al 100%, grazie anche al fatto che la partenza è da valori bassi. Quanto alla pubblicità on line – altra attività trascinante e trascinata dallo sviluppo della rete –, è prevista una crescita a tassi medi annui dell’ordine dell’80%. Scontiamo pure questi valori; dimezziamoli pure se ci sembrano troppo ottimistici. Il messaggio rimane lo stesso: c’è un’area di sviluppo tumultuoso rispetto al quale fanno sorridere le previsioni più ottimistiche relative ai settori economici tradizionali che quasi mai superano tassi di sviluppo del 5-6% annuo. Si noti che non cito – a ragione veduta – i dati assoluti per descrivere il fenomeno Internet, ma piuttosto i tassi di sviluppo. È il livello di questi indicatori dinamici, specie se confrontati con quelli che riguardano l’economia tradizionale, che dà evidenza al carattere particolare di quello che sta accadendo.

Il grande potenziale delle attività connesse alla rete è confermato dall’ondata imprenditoriale che ha investito prima gli Stati Uniti e poi l’Europa: con l’avvento della rete si è formata una grande calamita che suscita progetti e attiva vis imprenditoriale. Ma la prova viene anche dai comportamenti concreti sui mercati dei capitali, non mi riferisco tanto all’accoglienza entusiastica che hanno ricevuto i titoli azionari delle imprese Internet, e di quelle che si sono verniciate Internet per attrarre investitori, sui mercati ufficiali, giacché su di essi certamente volteggia una bolla speculativa destinata a sgonfiarsi, con non pochi danni per i risparmiatori e per gli stessi mercati. Mi riferisco, piuttosto, al flusso imponente di capitali che sono affluiti e che continuano ad affluire sulle nuove imprese prima ancora che esse arrivino sui mercati azionari: 11,7 miliardi di dollari (cioè 23.000 miliardi di lire) di venture capital a favore di 1000 nuove imprese nei soli Stati Uniti. Che i “capitalisti di ventura” siano disposti a prendere rischi è risaputo; ma lo fanno a ragion veduta e con elevate attese di rendimento. Se si sono mossi in tanti e con tali risorse significa che, sulla base delle loro analisi e delle loro valutazioni, sono già convinti che Internet dischiuda grandi opportunità di sviluppo.

Quanto detto dovrebbe essere sufficiente per convincere anche gli scettici che rimanere inerti rispetto alle prospettive che si schiudono è come minimo un’imprudenza e molto più probabilmente equivale a perdere un’occasione storica. Volendo cavalcare il processo di cambiamento, anziché subirlo, è utile tenere presente tre diversi possibili fronti di attacco e almeno due grandi caveat. I possibili fronti d’attacco sono i seguenti: 1. la creazione di nuove imprese che sfruttano le possibilità create da Internet; 2. la trasformazione delle vecchie imprese con le nuove tecnologie; 3. la creazione di nuove imprese che producono hardware, software, tecnologie di comunicazione e know-how per tutti quelli che vogliono cavalcare l’onda nuova. I caveat sono almeno due, e trasversali: 1. nessuna strategia di e-business ha possibilità durature di successo se non si radica su forti e integrati sistemi informativi; 2. la dinamica con la quale si sviluppano le nuove attività ha caratteristiche peculiari per affrontare le quali occorrono modelli gestionali e finanziari altrettanto peculiari. Vediamo, sia pure nella brevità obbligata di un editoriale, questi punti di riferimento.

 

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