E&M

1999/3

Il genio

Regia di Stephen Herek,

con Eddie Murphy, Jeff Goldblum e Kelly Preston

USA, 1999

Si fa chiamare “G” per un semplice calcolo di economia linguistica (“Il tempo che risparmi a pronunciare il tuo nome alla fine allungherà di ore e ore la tua vita”). Se ne va in giro con addosso soltanto una tunica bianca, sia per ragioni di comodità, sia per semplificare al massimo la semiotica dell’abito e dell’ abbigliamento. È portatore di una visione del mondo talmente elementare da sfiorare la banalità, ma che sembra filosofia zen se applicata al mondo complesso, sofisticato e talora anche un po’ nevrotico del marketing. Quando irrompe negli studi della GBSN, un network televisivo di Miami specializzato in televendite, fa balzare sulla sedia i programmisti e gli analisti della società. In diretta, davanti alle telecamere accese, si mette a dialogare con due casalinghe corpulente ingaggiate dal network per pubblicizzare, con scarsi risultati, una nuova linea di detersivo da bucato venduto in palle di plastica blu. Le due testimonial arrancano, lui afferra le palline azzurrognole e si esibisce in una performance da giocoliere del linguaggio. I responsabili del network bloccano la trasmissione e chiedono l’intervento dei responsabili della sicurezza per espellere l’intruso, Ma si fermano subito quando scoprono con sorpresa che proprio l’irruzione di “G” ha provocato un’impennata verticale nel diagramma deprimente degli indici di ascolto.

Misteri del marketing: nel film Il genio, diretto da Stephen Herek e interpretato da un Eddie Murphy più sornione che mai, l’arrivo di un personaggio eccentrico e bizzarro come “G” ha l’effetto di un’iniezione di vitamina emotiva sul palinsesto in crisi. “Identità e tecniche di vendita!”, proclamava sicura di sé la giovane e avvenente media analyst chiamata a risollevare le sorti del network in crisi di audience e di profitti con le ricette appena apprese all’Università. Appunto: identità e tecniche di vendita. Facile da dirsi, meno da farsi. Perché l’identità è la merce più rara della società globalizzata di fine millennio. E perché niente è più arduo che cercare di diffondere illusioni identitarie smerciando detersivi da bucato o attrezzi da giardino uguali per tutti. “G” ci riesce adottando una strategia comunicativa che sta a metà fra quella del guru e quella dell’imbonitore. Deve vendere una sega elettrica? La afferra, la mette in funzione e taglia in diretta il tavolo dello studio televisivo, ridendo della sua “bravata” come un monello colto sul fatto. Ma poi, sul più bello, si blocca, assume un tono pensoso e proclama: “Perché sbadigliamo tutti davanti alla creazione e ci eccitiamo per la distruzione?”. Il gioco è fatto: la new age fa la sua irruzione nelle strategie del marketing televisivo e l’offerta delle merci via etere si trasforma tout court in una terapia collettiva dell’anima. Tra fanatismo e ciarlataneria, “G” parla, sbraita, medita, seduce, Il pubblico è come magnetizzato dalla sua presenza, si abbandona alle sue invettive e ai suoi aforismi e segue naturaliter i suoi “consigli per gli acquisti”. Tanto che, alla fine, la televendita assomiglia quasi a un’esperienza religiosa e il piccolo schermo della tv cessa di essere un bazar per diventare una sorta di pulpito o di confessionale collettivo.

Paradossale? Solo in parte. Che l’imbonimento commerciale e la telepredicazione assumano spesso gli stessi toni, adottino i medesimi registri e parlino analoghi linguaggi è un fenomeno ben noto a tutti gli esperti e analisti di marketing della televisione americana. Per di più, proprio il “plusvalore” intrinseco in una comunicazione come quella praticata da “G” consente di avvicinarsi a quell’ offerta di dimensione “identitaria” che – come si diceva – scarseggia in modo allarmante nella maggior parte delle comunicazioni commerciali contemporanee. Lontani i tempi in cui per vendere un prodotto per l’igiene bastava prendere una casalinga sorridente come Doris Day, metterla davanti alle telecamere e farle spiegare come aveva convinto e abituato i suoi figli ad usare il sapone (è quanto accade nel delizioso Quel certo non so che, diretto nel 1963 da Norman Jewison).

Negli anni Sessanta la funzione “modellizzante” che la maggior parte degli studiosi attribuisce alla televisione si esplicava prima di tutto sul terreno dei comportamenti quotidiani e sollecitava il mimetismo del pubblico nei confronti degli stili adottati dai testimonial della Tv. La Tv forniva istruzioni, era un manuale d’uso degli oggetti, un catalogo di stili. Ci raccontava le nostre vite illustrandoci come avremmo potuto tare in modo che assomigliassero, attraverso le merci, a quelli che immaginavamo o desideravamo che fossero. Oggi, a modellizzazione comportamentale compiuta, tale funzione non basta più e la televisione deve tornare a riscoprire, anche nel marketing, quella funzione bardica che è stata studiata da autori come Fiske e Hartley; deve cantare le gesta della comunità, registrarne gli eventi e le preoccupazioni anche minime, e restituirle in un linguaggio accessibile a tutti.

È quanto fa, appunto, il signor “G”: non invita mai a comprare le merci, dà per scontato che il pubblico le acquisti. È il prerequisito minimo per far parte della comunità, per condividere quelle storie, per partecipare a quella festa. Come già in Truman Show di Peter Weir. dove la pubblicità non ha più bisogno di linguaggi e spazi diversi e “separati”, ma si inserisce senza soluzione di continuità nel racconto del quotidiano attraverso la semplice epifania dei propri prodotti e la rappresentazione del consumo che ne fanno i personaggi, così anche in Il genio il marketing trova la sua nuova frontiera nella dissimulazione della propria esistenza.

Non è la vecchia strada della “pubblicità occulta”. È qualcosa di molto più sofisticato e complesso. Forse è la presa d’atto che vendere merci nella società globalizzata implica la necessità di dare per scontato che chi ti ascolta acquisti (ovviamente proprio gli oggetti che tu stai usando per sentirsi simile a te. E per condividere con te l’emozione del partecipare al racconto della vita.