E&M

1997/2

Gianni Canova

Il medico, il manager e lo sciamano

Scarica articolo in PDF

Extreme measures - Soluzioni estreme

Regia: Michael Apted

Int.: Hugh Grant e Gene Hackman

Usa,1996

E.R. - Medici in prima linea

Serie televisiva ideata da Michael Crichton

Int.: Antony Edwards, George Clooney e Noah Wyle

Usa, 1996

La sala del Pronto Soccorso di un grande ospedale newyorkese: feriti e malati si ammassano con velocità sorprendente e i medici in servizio si trovano a dover prendere una decisione dopo l’altra in assolute condizioni di stress. All’improvviso un’ambulanza scarica due pazienti: un poliziotto ferito durante un conflitto a fuoco e il criminale che gli ha sparato, a sua volta colpito da un paio di pallottole. Dei due, il criminale è senz’altro quello che sta peggio, ma entrambi sono gravissimi e abbisognano con urgenza di un intervento chirurgico. Che fare se c’è un’unica sala operatoria disponibile? Nel film di Michael Apted Extreme Measures, il medico di guardia, interpretato da un tenace e preoccupato Hugh Grant, decide di operare per primo il poliziotto. Alla fine riuscirà a salvare entrambi i feriti, ma verrà rimproverato dall’infermiera di turno che lo accuserà di aver preso una decisione etica invece che scientifica, obbligandolo a riflettere in profondità sulla deontologia del proprio mestiere.

L’episodio “dilemmatico” è indubbiamente interessante e conferma che tra tutti i generi cinematografici il medical thriller è di gran lunga quello che più si presta a riflessioni d’ampio l’espiro sulla fenomenologia dei processi decisionali, sui rapporti fra etica e professione e sull’evoluzione dei modelli di organizzazione del lavoro. Sarà perché il mestiere del medico può essere narrativizzato sullo schermo per lo più solo in condizioni “emergenziali”, ma numerosi esempi recenti fanno proprio del Pronto Soccorso un microcosmo composito e privilegiato in cui si riflettono tutte le dinamiche e i conflitti di una tipica organizzazione obbligata ad agire con tempestività e ad assumere decisioni spesso irrevocabili e talora perfino fatali.

Certo, la rappresentazione della figura del medico al cinema (e la sua proiezione nell’immaginario collettivo) deriva dalla sovrapposizione e dall’incrocio di tre modelli: quello prometeico, quello sacerdotale e quello manageriale. Nella fiction cine-televisiva il medico è senz’altro lo sciamano che agisce cercando di rubare i segreti degli dei, ma è anche l’officiante di un rito salvifico e il manager che decide della vita degli altri, avendo però l’obbligo e la cura di coniugare scienza, etica ed economia (nelle cliniche americane in cui si ambienta quasi tutta la fiction “ospedaliera” bisogna pur sempre far tornare i conti... ). Nel film di Michael Apted si concentrano tutte e tre le figure, sia pure scisse in ruoli differenziati: il dottorino di Hugh Grant si sente investito di un ruolo quasi sacerdotale, il primario suo superiore è un manager che punta soprattutto all’efficienza dell’organizzazione, mentre l’insigne professore interpretato da Gene Hackman è uno sciamano che pur di perseguire i suoi scopi di ricerca osa mettere in discussione il postulato della scienza medica secondo cui la vita del singolo paziente è un valore primario in discutibile. Per ridare una speranza ai paralitici condannati alla sedia a rotelle e all’immobilità il medico di Hackman non esita infatti ad usare clochards e barboni come cavie umane, sacrificando quella che egli considera un’umanità “senza speranze e senza futuro” al sogno di poter rigenerare quell’altra parte di umanità che invece vorrebbe ancora vivere e sperare, ma che è impossibilitata a farlo a causa di un infortunio, di un incidente o di una malattia. Il medico interpretato da Hugh Grant dissente in modo radicale da questa impostazione e cerca di combatterla con tutte le sue forze, rivendicando al singolo individuo il diritto di scegliere se sottoporsi o meno alle sperimentazioni della scienza.

Ma quel che importa in questa sede, al di là dell’inevitabile conflitto tra diverse interpretazioni etiche della professione medica, è la modalità con cui l’organizzazione cerca di neutralizzare l’azione di un suo membro dissidente: per portare anche il personaggio di Grant a condividere l’azione “sciamanica” di Hackman, l’organizzazione ospedaliera sequestra il giovane medico, gli inietta un farmaco paralizzante e gli fa credere di essere condannato all’immobilità perpetua, sperando in tal modo di fargli provare sulla sua pelle la necessità di ricorrere a qualsiasi mezzo pur di uscire da una simile disperata situazione. L’intreccio del film ha poi uno sviluppo drammatico diverso da quello sperato dal personaggio di Hackman e dai suoi collaboratori (al cinema la “scienza” diventa quasi sempre “fantascienza”!), ma non importa; il film di Michael Apted mostra all’opera un modello organizzativo e conflittuale di indubbio interesse, anche se probabilmente un po’ “datato” rispetto alle effettive dinamiche in atto.

In questa prospettiva, risulta forse più contemporaneo e attuale il modello organizzativo fornito, sempre in ambito ospedaliero, dalla serie televisiva E.R. - Medici in prima linea, ideata da uno scrittore sempre attento alle mutazioni dell’economia e della società come Michael Crichton. In questo caso, la frenesia operativa di un Pronto Soccorso di un ospedale di Chicago diventa un modello abbastanza pertinente di organizzazione post-industriale: i ruoli si diversificano orizzontalmente (sul piano delle competenze) invece che disporsi verticalmente (secondo le gerarchie), i conflitti e le rivalità non si spingono mai fino al rischio di compromettere l’efficienza complessiva del team operativo, lo stress prolungato induce a forme di solidarietà cooperativa invece che a esplosioni di nevrosi individuale e la remuneratività anche economica dell’impresa deriva dalla lucidità con cui ogni membro dell’organizzazione riesce a non dimenticare mai i presupposti etici del proprio lavoro.

Se Extreme Measures mette in mostra un esempio di organizzazione tutto sommato obsoleto (quello per cui si riassorbe il dissenso cooptando il dissenziente), E.R. mostra invece un sistema molto più duttile, flessibile e reticolare, in cui la condizione “emergenziale” del lavoro diventa il presupposto per ottimizzare le prestazioni e le relazioni di gruppo invece che per scaricare lo stress in performances scoordinate e individuali.