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2004/4

Modena ha vinto lo scudetto dodici volte, Ravenna undici, Bergamo otto. Seguono a ruota: sei campionati li ha vinti Trieste, cinque Reggio Emilia. Quattro approdarono a Matera, tre a Scandicci, due a Brescia, uno a Perugia, Catania, Bari, Alzano, Parma, Sesto Fiorentino, Vignola. È l’albo d’oro di uno sport, la pallavolo femminile che, se dovesse avere una capitale, quella degli ultimi dieci anni sarebbe Bergamo. Otto finali su dieci, cinque scudetti, tre Coppe dei Campioni, tre Coppe Italia, quattro Supercoppe italiane. Nel 2004 ha battuto in finale il Novara al meglio delle cinque gare, rimontando lo svantaggio di due a zero. Non era mai successo un recupero così miracoloso.

All’inizio di questa epopea decennale non c’erano neppure i soldi per stampare i cartelloni delle partite. Poi arrivò un grande sponsor, Foppapedretti, a cui si accodarono sostenitori locali: un laboratorio ottico, un colorificio, un’agenzia di viaggi, un’impresa di confezioni, un concessionario auto. Sono aziende che lavorano in piccoli centri di una bergamasca operosa: Albino, Cividino, Carvico, Curno, Clusone, Cisano, Spirano. A sostenere queste ragazze, indubbiamente belle da vedere, tremila persone si pigiano in un Palazzetto troppo piccolo. Non c’è solo l’Atalanta a Bergamo.

Furono gli USA a portare la pallavolo in Europa, durante la prima guerra mondiale, inserendola nei programmi ricreativi dell’armata statunitense. Portarono con sé sedicimila palloni da gioco. La pallavolo femminile invece dovette aspettare la seconda guerra mondiale. Arnaldo Eynard, titolare di un bottonificio a Gorlago, un paesino vicino a Bergamo, aveva fatto costruire un campo da gioco per insegnare questo sport ai suoi dipendenti. Ma quando la guerra chiamò gli uomini sotto le armi, fece giocare le ragazze. Gli indumenti erano castigatissimi: maglia a girocollo e gonna pantalone che si fermava solo appena sopra il ginocchio. Queste ragazze costituirono il nucleo della squadra femminile di pallavolo che vinse il primo campionato italiano nel 1946, la Amatori Bergamo.

Tra le vincitrici c’era anche Gloria Guerini. Era la schiacciatrice. L’anno successivo non festeggiò il secondo scudetto con le sue compagne perché, sposata Savoldi, divenne la mamma di un bambino che diventerà Beppe Savoldi, il bomber di Napoli e Bologna, 168 reti in serie A e quattro presenze in nazionale. Anche Cristina Pirv, la pallavolista romena che militava quest’anno nel Novara, proprio la squadra sconfitta in finale da Bergamo, non ha partecipato alla finale disputata dalla sua squadra. Rimasta incinta all’inizio del campionato, non ottenne la solidarietà delle compagne che si sono sentite tradite, proprio dal loro capitano, nella fase cruciale della stagione. Peggio si comportarono i dirigenti: rimproverarono a Cristina di aver continuato a giocare sino a quando la gravidanza non si fece palese, senza avvertirli di nulla. Poiché il suo comportamento aveva impedito alla società di ingaggiare una sostituta, le hanno rescisso il contratto. Ha barattato un fiocco rosa con uno scudetto. “Solo la gente non mi ha lasciata sola dopo l’annuncio della mia gravidanza. Hanno capito che un figlio è il dono più grande che Dio possa fare a una donna.”

Non occuperà grandi spazi sui media, ma la pallavolo femminile gode di un fascino tutto suo. Ragazze belle e in gamba non disdegnano di giocare in provincia. Il tessuto imprenditoriale locale svolge un ruolo trainante. Il tifo è pulito: mai un coro contro. Città in gran parte sconosciute al grande palcoscenico sportivo vogliono dimostrare che esiste un’altra Italia che conta.