E&M

2004/3

Una mattina ce lo portarono via, all’alba, per non restituircelo più. E ancora ci stiamo domandando: chi è stato davvero Pantani? Mauriac ricorda che, noi tutti, siamo un groviglio di vipere: e per capire qualcosa dobbiamo sfilarle una alla volta. Nel mistero che stiamo scandagliando limitiamoci a cogliere due risvolti: un volto immortale e il tarlo del doping.

I campioni restano per sempre nell’immaginario collettivo. Quante volte abbiamo visto il Pirata arrampicarsi come un camoscio sui dorsi di una montagna. La gente semplice – e persino gli addetti ai lavori – amano ricordarlo così: in quei momenti, tutti ci siamo identificati in lui. Non ha senso chiedere una spiegazione ai miracoli. Si mescolano con il quotidiano, come un film si arricchisce con gli effetti speciali. Pablo Neruda ammonisce chi fa perno sugli affetti umani: “È forte l’amore, ma è più grande la dimenticanza”. Lo sport, invece, non conosce l’oblio perché non è amore. È passione pura. È innamoramento eterno. Non lo farete mai ragionare.

La seconda serpe è più velenosa. Ogni epoca ha nascosto con pudore le tante modalità che inventava per sostenere il fisico in uno sforzo altrimenti sovrumano. Ricordo un ciclista, e andiamo indietro più di vent’anni, quando le odierne alchimie neppure si immaginavano.

Aveva ingerito un beveraggio miracoloso per affrontare la terribile tappa dolomitica che fu interrotta, per neve, a metà percorso. Il candidato alla vittoria di tappa dovettero metterlo in sella a una cyclette dai rapporti durissimi, per scaricare in quattro ore la bomba che gli restava in corpo.

Un giorno sorrideremo del doping di Pantani. Sembriamo già sul fondo del baratro perché si è cercato di adattare allo sviluppo fisico di un atleta alcune medicine destinate a curare gravi malattie. La famosa Epo è nata per aiutare persone in dialisi, l’ormone della crescita è stato sviluppato per curare il nanismo. Lo sport ha cavalcato queste scoperte e le ha manipolate ai suoi fini. Ma tra pochi anni le attuali frontiere del doping saranno un ricordo da cineteca.

A condurre la danza è sempre la medicina, che ci sta sconvolgendo: dall’inseminazione artificiale ai trapianti, dalla clonazione all’eutanasia. Attraverso interventi sul gene si cerca di combattere malattie sinora inattaccabili, come la distrofia muscolare e il morbo di Alzheimer. Ma, tra le pieghe di queste ricerche, si farà largo, devastante, il doping genetico. Nessuno potrà scoprirlo. La metà delle richieste inoltrate ai centri di ricerca medica provengono dal mondo degli atleti. Un esempio: la miostatina è una proteina che ha effetto limitante sulla crescita del muscolo. Se si toglie il gene che la produce, la crescita muscolare esploderà. Un maratoneta correrà alla velocità di un pattinatore. I muscoli diventeranno forti senza il minimo sforzo. La massa e la forza muscolare aumenteranno del trenta per cento senza neppure un minuto di ginnastica. Le palestre si spopoleranno. Ferite e lesioni guariranno molto rapidamente e la forma fisica degli atleti resisterà più a lungo.

Se si interviene sul gene appropriato, sparirà tutto il grasso. Neppure i follicoli piliferi lo emetteranno e di conseguenza avremo un pelo orribile. La cornea dell’occhio non sarà lubrificata dai grassi contenuti nelle lacrime e ogni battito di ciglia gratterà sul globo oculare come se le palpebre secernessero sabbia in continuità. Ci aspettano occhi grossi e gonfi. E sempre rossi. In compenso saremo talmente perfetti e efficienti, felici e soddisfatti, che non sentiremo più il bisogno di lacrime per piangere.