E&M

2014/5

Guido Corbetta

Idee per la costruzione di team manageriali di valore

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Il dibattito economico è dominato in questa fase dai fenomeni macroeconomici come il PIL o gli spread. Ma il futuro economico del nostro paese dipende anche dalla continuità del sistema delle imprese – in particolare, ma non solo, manifatturiere – che investitori di molti altri paesi ci invidiano a tal punto da impegnare risorse economiche importanti in processi di acquisizione di aziende italiane. Dentro la foresta esistono gli alberi e, se non capiamo come si può far crescere meglio ognuno degli alberi, rischiamo di perdere la base industriale del nostro paese.[1] In particolare è importante osservare quelle imprese che, per dimensione e respiro strategico internazionale, possono guidare lo sviluppo del sistema industriale italiano e competere con successo nel mondo. Queste imprese sono guidate da imprenditori o manager di valore, ma può non essere sufficiente. In ogni impresa che abbia raggiunto determinate dimensioni è importante costruire team manageriali di valore. Solo in questo modo è possibile infatti sviluppare oggi l’azienda e sostenere domani la continuità dell’impresa facendo crescere validi sostituti dei capi azienda attuali. Ma come è possibile far crescere un team manageriale di valore? Penso che si possa procedere così.

 

·         Per organizzare una bella squadra manageriale occorre partire da una convinzione, semplice ma non scontata: “L’errore più grande in cui si può cadere è credere che si possa fare tutto da soli”. Un leader di un’azienda deve costruire un gruppo di persone motivate a partecipare al sogno del leader e a realizzarlo dando il proprio contributo. Senza questa premessa non si possono far diventare grandi le aziende e trasmetterle al futuro, perché non si attivano processi di delega ben strutturati e non si attraggono manager di valore. In quest’ambito è innegabile che gli imprenditori italiani abbiano ancora della strada da percorrere.

·         Ma che persone cercare? Riprendo una provocazione di Renzo Rosso di Diesel: be stupid.[2] Abbiamo bisogno di collaboratori stupidi, italiani o stranieri che siano. Ma non secondo il significato del Devoto-Oli: persona che “denota o rivela scarsissima intelligenza”. Il termine stupido ha un’origine latina comune con il termine “stupire”. È utile inserire nelle aziende manager capaci di stupirsi della realtà e di stupire gli altri. Se non si ha più voglia di stupirsi non si gira il mondo con umiltà, sapendo che c’è sempre tanto da imparare. Se non ci si stupisce, tutto scade nel già visto, nel già fatto, tutto diventa routine e l’ambizione si spegne. Talvolta i modi utilizzati per stupire possono non risultare immediatamente graditi, ma poi, se la provocazione è intelligente, arriva al cuore e alla mente e aiuta a pensare.

·         E come cercare questi manager? Proviamo a proporre alcuni suggerimenti sui processi di selezione e di inserimento in azienda:

     cercare i numeri due di altre aziende che hanno ancora “fame”, che hanno ancora un sogno da realizzare;

     cercare persone in tutto il mondo, senza preclusioni geografiche, per aumentare la varietà delle esperienze utilizzabili;

     per la stessa ragione, favorire l’inserimento di donne di valore che con le loro caratteristiche possono aggiungere sensibilità diverse;

     utilizzare modalità non convenzionali per scovare i talenti. Per i giovani, penso a iniziative come la promozione di award per designer o la definizione di programmi congiunti con le Università per analisi aziendali competitive. Per i manager, penso alla ricerca in settori distanti da quelli nei quali opera l’azienda anche per funzioni legate alle operations. Sono noti i successi di manager nel mondo della moda provenienti da settori del largo consumo;

     non puntare su un unico genio (designer, produttivo o commerciale che sia) per evitare di appiattire l’azienda sulla sua impronta. Di conseguenza, occorre valutare anche le capacità della persona di inserirsi in un team.

·         Uno dei temi importanti quando si comincia a inserire in azienda persone di valore provenienti da altre esperienze in aziende internazionali riguarda la necessità di chiedere a chi collabora da tempo con l’azienda di “rienergizzarsi”. Occorre dedicare molto tempo a far lavorare insieme manager insider e outsider, ossia coloro che lavoravano da tempo in azienda e coloro che arrivano da nuovi settori, da altre aziende, da altri paesi. Questa necessità di dedicare il tempo dei leader a favorire processi di integrazione all’interno del team manageriale spiega perché i processi di inserimento di manager outsider non possano che avvenire con gradualità.

·         “Fondere il nuovo col vecchio” richiede un paio di condizioni. In primo luogo, occorre essere inflessibili nel promuovere il nuovo: ogni incertezza sarà vista dai collaboratori di vecchia data come una conferma che è bene non cambiare nulla, e quindi le resistenze al cambiamento aumenteranno. In secondo luogo, occorre essere disponibili a “ibridare” le pratiche aziendali, cercando di cogliere il meglio delle proposte dei nuovi assunti. Se, al contrario, non si intende modificare le pratiche esistenti, l’investimento su nuove risorse è destinato a non dare risultati significativi.

·         Sui processi di integrazione, mi sembrano interessanti le parole di Daniela Riccardi, inserita qualche anno fa dal Financial Times nella lista delle top 50 manager emergenti a livello globale, ex CEO di Procter & Gamble in Cina e poi amministratore delegato di Diesel: “Ho vissuto negli ultimi cinque anni in una megalopoli come Guangzhou. Ora lavoro nel nuovo headquarter Diesel di Breganze, abbiamo il nido, una palestra favolosa e l’auditorium che ospita concerti ed eventi per i nostri dipendenti. In aggiunta, qui in Italia ci sono cultura, arte, letteratura e qualità della vita imparagonabili. Dalle prime riunioni in Diesel ho scoperto in tutti una passione genuina e, nel contempo, le slide proiettavano cifre, indici e benchmark esattamente come alla Procter. Chapeau”. Forse un segreto per gestire manager di valore internazionale sta proprio in questa capacità di mettere insieme solidi valori tradizionali (come l’amicizia e la simpatia umana) e radicali modernità. Senza l’attenzione alla modernità non si può parlare ai manager contemporanei (e soprattutto ai giovani manager contemporanei), ma senza tradizione si perde quella capacità di rassicurare e di far sentire gli altri a casa propria, si perde in definitiva la capacità di costruire una community dentro e fuori l’azienda.

 

Chiudo con un richiamo a un contenuto di questo numero della rivista. Nei prossimi anni le imprese italiane di valore saranno chiamate a realizzare processi di acquisizione per provare a mantenere e migliorare le proprie posizioni a livello internazionale. I processi di M&A sono delicati e complessi. Non si possono affrontare con successo senza la presenza di team di valore. Per questo abbiamo deciso di dedicare alcuni articoli ai processi di M&A, imparando anche da esperienze senza dubbio significative come quella del Gruppo Campari, diventato in una decina di anni un leader internazionale nel settore degli spirits. Ogni impresa ha una propria storia e una propria strategia, ma l’esperienza di altre può diventare almeno un utile benchmark.

Buona lettura

1

Sull’importanza di “osservare gli alberi” si veda anche G. Soda, “Occupiamoci degli alberi per salvare la foresta”, E&M, n. 4, 2014.

2

Si veda R. Rosso, Be Stupid for Successfull Living, Rizzoli, 2011.