E&M

2014/3

Guido Corbetta

Le novità di E&M sulle tracce del fondatore

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A partire da questo numero, i lettori noteranno alcuni cambiamenti, in linea con l’obiettivo che indicavo nell’editoriale di insediamento: riaffermare la vocazione scientifica di E&M, rendendola più interessante, attuale e utile per le persone che lavorano nelle e per le aziende.

In primo luogo, da questo numero la rivista presenta un tema dominante che viene trattato in qualche articolo o rubrica. Per la prima uscita abbiamo deciso di concentrarci sul “ritorno del manifatturiero”. Come sempre accade, una crisi può essere l’occasione per rimettere a fuoco la missione di un’impresa, di un’istituzione, di un paese. In questa direzione, sembra ormai chiaro a molti che l’Italia (e l’Europa) hanno un patrimonio da preservare e sviluppare: la capacità manifatturiera, la capacità di produrre componenti e prodotti belli, di qualità, innovativi, utili a soddisfare le esigenze di una classe di consumatori che si sta sempre più ampliando in molte aree del mondo. Ebbene, come scrive Daveri nel primo contributo della nuova rubrica “Euroscenari”, “dopo due decenni di delocalizzazioni forse qualcosa sta cambiando in Occidente” e in particolare in USA, in Germania, in Polonia e in altri paesi dell’Europa Orientale. Alcuni articoli offrono riflessioni utili per ridare energia alla manifattura anche in Italia. L’articolo di Pirotti, Soda e Nasi presenta una survey condotta su 350 manager di imprese italiane. Questi manager sentono come particolarmente rilevante “lo sviluppo della capacità strategica, intesa come la comprensione della struttura competitiva del mercato e l’adattamento rapido alle sue evoluzioni, all’interno di un progetto di lungo periodo e fondato su una chiara visione”. Si tratta quindi di mettere al centro dell’azione imprenditoriale e manageriale le condizioni per la permanenza di lungo periodo delle imprese superando, con gli opportuni incentivi, quell’orientamento al breve termine che caratterizza certamente alcuni manager, ma anche alcuni fondatori che non riescono a costruire organizzazioni atte a durare nel tempo. E il coinvolgimento dei collaboratori è una delle leve primarie da muovere per dare continuità alle imprese. Prandelli, Verona e Pasquini presentano un’altra condizione per sviluppare imprese in grado di rispondere alle sfide: “la capacità di creare empatia con i clienti per meglio cogliere e rispondere a opportunità latenti nel mercato … Assumere la prospettiva del cliente aiuta l’imprenditore ad accrescere la propria self-efficacy, motivazione intrinseca e creatività nell’identificare una risposta alle sue esigenze”. Secchi e Camuffo si concentrano su un’altra condizione: la capacità di trasferire all’interno delle fabbriche (che rimangono il cuore di ogni produzione di qualità) i sistemi di lean production. Lo studio di sette casi aziendali consente agli autori di indicare alcune condizioni perché i processi di roll-out avvengano con successo.

Per vincere le sfide del futuro una delle fonti di apprendimento è il nostro passato. Per questo, a dieci anni dalla morte di Claudio Dematté, il fondatore della SDA Bocconi e di E&M, abbiamo chiesto ad alcune persone, che ringraziamo di cuore, di cogliere nella storia personale di Claudio elementi che possano oggi essere di interesse per le persone che lavorano nelle e per le aziende. Luigi Guatri cita “la sua forza di trascinamento, la sua capacità di suscitare entusiasmo, le sue doti di manager” e ricorda una lettera scritta da Claudio ai vertici (all’epoca) della Bocconi pochi mesi prima di morire: “un estremo sforzo per contribuire, con la sua intelligenza, con la sua schiettezza, con il suo senso di realismo, a indirizzare le scelte – che egli sentiva imminenti – sul futuro della ‘sua’ Università”. Andrea Sironi ricorda “l’elevata capacità di analisi critica che consente di discostarsi dal pensiero dominante… la capacità di ascoltare il prossimo mostrando rispetto e attenzione… la grande forza e vitalità”. Vittorio Coda sottolinea il sogno imprenditoriale, la concretezza, l’apertura al nuovo, la capacità di coinvolgere, l’assertività di Claudio e ricorda gli accordi che presero quando lui era presidente e Dematté direttore generale della SDA per far funzionare al meglio la loro collaborazione: un insegnamento utile per una buona governance. Enrico Valdani sintetizza il ricordo di Claudio con una bellissima espressione che tanto farebbe bene oggi in molte imprese e istituzioni del nostro paese: “un produttore di felicità”. Vincenzo Perrone cita un aspetto di grande attualità: “Claudio ci avrebbe spiegato che l’invidia e il rancore populista che reclamano a gran voce la redistribuzione di una ricchezza che si pensa data e solo iniquamente divisa, sono lo specchietto per le allodole che devono essere distratte affinché non vedano l’incapacità di creare nuova ricchezza, di allargare la torta prima di azzuffarsi sul come dividerla”. Valter Lazzari riprende un’espressione che ben ricordiamo tutti noi che abbiamo conosciuto Claudio: l’helicopter view, “intesa come la costante ricerca della comprensione sistemica dei fenomeni per ottenere una capacità di visione che guidi le scelte strategiche di lungo termine”. E Vittorio Colao, uno dei più famosi studenti di Claudio, scrive: “Credo che in Italia oggi molti dei problemi che rendono la nostra economia non competitiva e la nostra società poco dinamica dovrebbero essere affrontati maggiormente con il suo spirito, miscelando con equilibrio più rigore di pensiero a lungo termine con passione per il cambiamento. Tralasciando posizioni ideologiche aprioristiche, spesso poco rigorose nell’analisi e non sostenibili nel contesto internazionale, a favore di un genuino interesse per le generazioni giovani e il benessere e la sostenibilità future del territorio nazionale”. Un insieme di spunti di grande interesse per gli imprenditori e i manager impegnati a far rimanere le imprese manifatturiere uno dei perni dello sviluppo economico del nostro e di molti altri paesi!

In secondo luogo, da questo numero E&M presenta due nuove rubriche. La prima è la già citata “Euroscenari”, curata da Francesco Daveri, che vuole offrire ai lettori punti di vista e spunti di riflessione sugli scenari macroeconomici diventati così importanti per la gestione aziendale, sempre partendo da casi concreti che denotino un problema o un’opportunità. La seconda è “Numbers”, curata da Emanuele Borgonovo, che ha un duplice scopo: da un lato, aggiornare i lettori sugli sviluppi della business analytics e dei big data la cui conoscenza è oggi così necessaria per gestire al meglio le aziende; dall’altro, evidenziare numeri che possano suscitare riflessioni originali su fenomeni aziendali e di mercato.

In terzo luogo, questo numero della rivista presenta un nuovo Comitato Editoriale Allargato composto da oltre trenta colleghi italiani e non, donne e uomini, operanti in Università italiane e non italiane. A nome di tutto il Comitato Editoriale ringrazio di cuore i colleghi che hanno accettato di coinvolgersi nella sfida che stiamo affrontando e, nel contempo, tutti i colleghi che sino ad oggi hanno offerto con dedizione il loro contributo.

In quarto luogo, la rivista presenta anche alcuni cambiamenti di forma. Fra le innovazioni più evidenti un ripensamento della “navigazione”, cioè delle coordinate che permettono di orientarsi nella rivista. Quindi l’introduzione di un “piano colore” che segnala, anche concettualmente, il passaggio fra le sezioni, dando ritmo e carattere. Poi alcuni tentativi di ripensamento della “griglia” e del “lettering”, i sistemi che aggiungendo profondità alle pagine donano velocità diverse alla lettura e facilitano la distinzione tra i vari tipi di contributi, che abbiamo deciso di valorizzare puntando sulla “personalizzazione”, ovvero su una maggior capacità d’identificazione tra gli articoli e gli autori. Last but not least, abbiamo iniziato a lavorare sull’aspetto più evidente e rischioso: la copertina. Questa è il biglietto da visita di un periodico, la faccia dove si sintetizzano la personalità, gli obiettivi e l’identikit del lettore. Per chi è abituato a concentrarsi sui contenuti, come in genere si comporta il lettore di una rivista accademica quale E&M è e vuole continuare ad essere, queste innovazioni potrebbero sembrare note estetiche che nulla avrebbero a che fare con i concetti e gli obiettivi della rivista. In realtà, come dimostra l’evoluzione che sta riscrivendo le regole della comunicazione globale, nei grandi mezzi d’opinione come The New York Times, Asahi Shimbun e The Guardian, ma anche in riviste scientifiche come The Harvard Business Review, Foreign Affairs e Nature, le cose sono più complesse. Quelli che appaiono semplici formalismi estetici sono l’esito di un percorso di pensiero, il segno tangibile di un ripensamento concettuale che comporta una precisa volontà di cambiamento che intendiamo perseguire. La ragione dei cambiamenti è chiara: preservare lo spirito e la funzione che la nostra rivista possiede fin da quando Claudio Dematté l’ha fondata, adeguandola agli standard, ai codici e ai ruoli attuali. Viviamo un’epoca di trasformazione e vogliamo impegnare ogni energia per far sì che E&M rimanga uno dei protagonisti del dibattito culturale intorno ai fatti e alle idee di economia e di management.

Buona lettura!